La Libia

La Conferenza e l’avvicinamento dell’Isis alle coste italiane

Il gioco della politica è basato su regole precise che peraltro appaiono spesso irrazionali ed irritanti.

Una di queste regole, particolarmente rilevante, è la faziosità, di cui  tutti i partiti (o almeno la quasi totalità di essi)  non sembrano poter fare a meno.

Così, per quanto riguarda l’opposizione, il ricorso alla critica preventiva e alle censure su qualunque iniziativa, provvedimento o proposta di legge promossa dal governo è una costante irrinunciabile che, peraltro, ne mina spesso la credibilità alla radice.

Per quanto riguarda i partiti al potere il raggiungimento di un risultato anche limitato, ovvero all’interno di un più vasto programma politico, viene accompagnato da trionfalismi spesso ingiustificati perché compito dell’esecutivo è proprio quello di dare attuazione alle promesse elettorali o quello di affrontare e risolvere durante il suo governo situazioni particolari, difficili o addirittura imprevedibili e drammatiche sia interne al Paese sia nell’ambito delle relazioni internazionali.

Mi rendo conto di non dire nulla di nuovo né di particolarmente interessante ma ciò che sostengo mi sembra si adatti soprattutto al grave problema rappresentato dall’arrivo del Califfato in Libia e dunque dall’avvicinamento dell’Isis alle coste italiane.

La Conferenza internazionale sulla Libia tenutasi di recente a Roma su pressanti insistenze del governo italiano, alla quale hanno partecipato 17 Paesi (Algeria, Giordania, Marocco, Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Tunisia, Turchia, Emirati Arabi, Francia, Germania, Italia, Spagna, Inghilterra, Cina, Russia, Stati Uniti e 4 organizzazioni internazionali ONU, UE,  Lega Araba e Unione africana, più i rappresentanti delle parti libiche) ha dato ottimi risultati.

L’accordo fra le due opposte forze governative libiche, l’una a Tobruk l’altra a Tripoli, e la possibilità di costituire entro breve termine un governo di unità nazionale sotto la sorveglianza della comunità internazionale ed in particolare sotto la guida italiana, è una risposta efficace alle accuse dell’opposizione circa una presunta irresponsabilità del governo, ritenuto colpevole di “attendismo”, se non addirittura di vigliaccheria, per non aver ritenuto opportuno intervenire militarmente sul fronte siriano e iracheno.

Le opposizioni non potranno che ricredersi sulle accuse troppo affrettatamente formulate nei confronti del governo.

Il successo della Conferenza e il ruolo fondamentale dell’Italia nell’attività volta ad ottenere il ricompattamento della nazione libica e, nel contempo, la creazione di un baluardo nei confronti dell’Isis non può che essere considerato un merito della politica internazionale dell’Italia, riconosciuto del resto dagli altri Paesi partecipanti alla Conferenza, compresi gli Stati Uniti.

Il compito assegnato all’Italia riguarderà non soltanto la sorveglianza sulla effettiva stabilizzazione della Libia ma, soprattutto riguarderà -ed è questo che oggi, a prescindere dai vantaggi economici futuri, maggiormente interessa l’Italia- quello di monitorare e di arginare, con l’appoggio dell’ONU e delle forze libiche, un eventuale pericolo che  l’avanzata dell’Isis verso la Sirte possa rappresentare per il litorale italiano.

Si tratta di un compito molto gravoso e dai risultati imprevedibili che richiederà comunque un impegno pesante di cui il governo dovrà farsi carico.


Eliminato il pericolo del Califfato e attuata possibilmente la ripresa dei commerci con il nuovo Stato libico, i motivi di soddisfazione espressi oggi con enfasi dal Governo saranno più che legittimati.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 16/12/2015