Prodotti finanziari: così la banca ti rifila spazzatura. Come difendersi

Il problema è il grado di consapevolezza sui rischi da parte dei clienti

Risparmi bruciati, consumatori truffati, quattro banche in liquidazione e il forte grido di disprezzo della Comunità Europea che accusa i vertici degli istituti di credito italiani per aver rifilato ai propri clienti prodotti finanziari “tossici”: il terremoto bancario – che a breve si potrebbe trasformare in terremoto giudiziario – ha scosso una minima parte dell’economia nazionale (si stima solo l’1% del sistema finanziario italiano).

Ma sotto lo scandalo si nasconde un problema ben più grave, che investe gran parte dei risparmiatori e che potrebbe avere ulteriori ripercussioni in futuro. Ne abbiamo parlato con Vincenzo Imperatore, ex manager e capo area di un importante istituto di credito, da noi già intervistato in occasione dell’uscita del suo libro “Io so e ho le prove”. Abbiamo così raggiunto Imperatore per la seconda volta per sentire il suo parere di persona “informata dei fatti”.

“Il problema – ci confessa Imperatore – non è tanto cosa firma il cliente all’atto dell’acquisto dei prodotti finanziari, ma il grado di consapevolezza da questi raggiunto allorché gli viene sottoposto il prospetto informativo.
“Mi spiego meglio. Nel momento in cui il cliente intende effettuare un investimento, la banca è obbligata a fotografare il suo grado di preparazione, la consapevolezza che ha del mercato finanziario e delle dinamiche economiche.

Così il funzionario di banca – in base alla direttiva Mifid – deve porgli un questionario. In questo modo viene creato il profilo di rischio del cliente, personalizzato e modellato sulla base delle sue conoscenze. I profili di rischio sono:

cauto

prudente

bilanciato

dinamico

aggressivo

Il questionario presenta alcune semplici domande formulate a mo’ di test, alcune delle quali pubblicate sul Sole24Ore. Le riportiamo di seguito:

– Hai un po’ di soldi da parte. È più sicuro investirli in un solo strumento finanziario o in tanti diversi?

Un solo strumento finanziario

Tanti strumenti finanziari diversi

Non lo so.

– Supponi che nei prossimi 10 anni il prezzo delle cose che compri raddoppi. Se anche il tuo stipendio raddoppia, potrai acquistare:

Meno di quello che compri oggi

Esattamente quello che compri oggi

Più di quello che compri oggi.

– Hai bisogno di un prestito da 100 euro. Per ripagarlo hai due strade: pagare 105 euro oppure 100 euro + il 3%. Qual è la più conveniente?

105 euro

100 euro + 3%

Non lo so

– Supponi di depositare i soldi in una banca che per due anni ti darà un interesse annuo dell’1%. La banca:

Nel secondo anno aggiungerà al tuo conto più soldi di quanti ne aggiungerà il primo anno

Aggiungerà al conto la stessa somma ogni anno

Non lo so.

– Supponi di avere 100 euro in un conto bancario e che la banca aggiunga un 10% di interessi annui. Quanti soldi avrai dopo cinque anni se non ne ritiri?

Più di 150

Esattamente 150

Meno di 150

Non lo so.

Ebbene, confessa Imperatore, la madre di tutte le truffe è proprio la creazione del profilo di rischio. Difatti le risposte – che vengono fornite mediante spunta delle caselle poste dopo ogni domanda – vengono spesso sbarrate dal funzionario in modo da ottenere, come risultato, un profilo di rischio compatibile con i prodotti finanziari che la banca intende vendere (spesso per sbarazzarsi di titoli tossici).

Insomma, il cliente non compila un bel niente – continua Imperatore – ma trova già tutto bell’ e fatto dal proprio consulente finanziario sulla base delle esigenze della banca affinché il risultato possa consentire a quest’ultima (in ottemperanza alla direttiva Mifid) di rifilargli spazzatura.

Ecco perché spesso escono profili di rischio alti nonostante, in realtà, dovrebbero essere prudenti o cauti (in presenza dei quali la legge vieterebbe di vendere prodotti pericolosi). Non ci vuole grande esperienza, del resto, per sapere che l’italiano non è abituato a rischiare, abituato da generazioni a investire solo in titoli di Stato.

Alla fine del questionario – prosegue Imperatore – c’è un’ultimissima domanda che suona pressappoco così: “Sulla base delle risposte che hai dato, sappi che puoi andare incontro a una perdita del capitale fino al 60%: ne sei consapevole?”. Ebbene, anche questa casella è già stata sbarrata preventivamente.

Il problema che aggrava la truffa è che, una volta manipolato il profilo di rischio, nessun risparmiatore legge i prospetti informativi, proprio come nessuno legge le avvertenze di un’aspirapolvere o il bugiardino di un’aspirina. Né il consumatore è così accorto da informarsi periodicamente, attraverso la propria banca, dell’andamento dei propri titoli e dell’eventuale presenza di rischi non sospettati all’atto della sottoscrizione.

La soluzione che suggerisce Imperatore è di modificare il sistema con cui viene definito il profilo di rischio. Su questo, Imperatore condivide il suggerimento apparso sulle pagine del Sole24Ore di questi giorni: un’indicazione semaforica, colorata e intuitiva, sui prospetti, in modo da rendere intellegibile in prima battuta cosa si firma, senza possibilità di manipolazioni.

“Sia nei prospetti degli emittenti sia nell’informativa dell’intermediario consegnata ai clienti – spiega Paola Leocani partner dello studio internazionale White&Case ed esperta di obbligazioni – è necessario inserire un indicatore sintetico di rischio. Che può essere inteso come un semaforo rosso, una semplice percentuale che segnali l’ammontare (e quindi relative probabilità) di perdita di capitale per l’investitore. A quel punto anche il più inesperto avrà chiaro e in modo immediato a cosa andrà incontro”.

Altri rischi per il futuro

Imperatore però avverte: il rischio non è finito. Sono molte altre le banche a rischio default perché poco capitalizzate.
Esiste – rivela Imperatore – una classifica degli istituti di credito con indici di patrimonializzazione estremamente bassi e di cui spesso non si parla. Tra questi ci sono la Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca Sella, Banca popolare di Sondrio, addirittura lo stesso gruppo Unicredit Banca.

Fonte: quifinanza.it

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Articolo pubblicato il 15/12/2015