L’integrazione che non c’è

L’Islam e il mondo

Nonostante i grandi occhiali scuri che era solita indossare, Oriana Fallaci, vide chiaro il futuro a Occidente. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 la scrittrice fiorentina fu l’unica, infatti, a predire cosa sarebbe accaduto, da lì a qualche anno, al mondo occidentale, se esso non avesse saputo contrastare l’inarrestabile ascesa del terrorismo islamico e del mondo islamico più in generale.

In effetti, dopo circa quindici anni di attentati terroristici di matrice alqaedista, prima, e da parte dell’Isis, dopo, non possiamo che rendere omaggio alle felici intuizioni dell’autrice di “La rabbia e l’orgoglio”.

Ma i fatti tragici di Parigi dello scorso 13 novembre, dimostrano  empiricamente, al di là di ogni preveggenza, anche il fallimento delle politiche di integrazione implementate dalle maggiori nazioni europee negli ultimi decenni, ma non solo. Se da una parte, infatti, le responsabilità della mancata integrazione delle popolazioni musulmane in Europa sembrano essere ad appannaggio degli Stati ospitanti, dall’altra però il popolo musulmano non sembra essere esente da colpe, anzi, si potrebbe forse affermare che per certi aspetti esso ne abbia addirittura di più degli Stati in cui esso dimora.

Non è forse vero, ad esempio, che sia in Francia, che in Inghilterra, gli immigrati  hanno creato dei veri e propri luoghi ghetto dove incontrarsi e magari ordire contro gli stessi Stati ospitanti?

Va constatato, infatti, che quasi tutti i terroristi coinvolti nelle azioni dinamitarde nel centro di Parigi erano di nazionalità francese o cittadini belgi di terza o addirittura quarta generazione di origini musulmane, dunque, nati o residenti da tempo in Europa, e non immigrati appena sbarcati da chissà quale porto o transfughi da chissà quale Stato.

A questo punto, quindi, bisognerà capire perché quei cittadini franco- belgi musulmani, autori di quegli efferati attentati al teatro Bataclan e agli altri locali parigini, hanno agito in quel modo contro quegli stessi cittadini europei. Una cosa è oramai appurata, fino al loro abbattimento, quei mussulmani non hanno condiviso i valori dei Paesi adottivi.

Ma cosa potrebbe significare questo, che forse non sono bastate quattro generazioni di mussulmani presenti in Europa per far assimilare loro i nostri valori occidentali, o è soprattutto colpa di quei cittadini musulmani europei che non hanno voluto integrarsi ai popoli franco-belgi perché hanno preferito servire i loro valori e la loro religione?

Tutti gli indizi sembrano portare in un’unica direzione, e cioè verso la tesi che sarebbero stati quei cittadini musulmani europei che non si sarebbero voluti integrare ai popoli franco-belgi.

In realtà a confermare la tesi della loro “autoemarginazione aggressiva” sarebbe lo stesso Corano, basterebbe leggerlo infatti, per rendersi subito conto, che un musulmano non è integrabile in nessuna società che non sia quella musulmana, e del resto, questo, ce lo insegna anche la storia.

Conosciamo tutti o quasi, infatti, grazie anche alle numerose trasmissioni televisive andate in onda in questi giorni, i valori principi dei precetti della dottrina islamica che regolano la vita quotidiana dei suoi fedeli, e comunque, anche la sola conoscenza superficiale di questi precetti sarebbero già sufficienti a farci comprendere le enormi differenze che ci sono tra noi e loro nell’approccio alla vita, nel considerare la donna, nella tolleranza, e nel modo di porsi agli altri.

Solo facendo uso dell’ipocrita “politicamente corretto” che tanto piace ai benpensanti, queste diversità, potrebbero trasformarsi perfino in una risorsa per noi europei, se non fosse però che la realtà sia ben diversa da quella raccontataci dall’intellighènzia buonista di sinistra, e cioè che invece la dottrina islamica vorrebbe imporre a noi occidentali le sue regole e i suoi precetti, e per di più lo vorrebbe fare anche con l’uso della forza!

Paradossalmente (ma non tanto), sembrerebbe  cioè che siano i musulmani ad aspettarsi che noi ci integrassimo a loro. Certo, si dice in giro, che la maggioranza dei musulmani nel mondo sarebbe di indole tendenzialmente moderata (chi li ha contati e in quale periodo storico sono stati contati?), ma essi, a mio avviso, se lo sono, lo sono per scelta propria perché hanno deciso di interpretare il Corano in maniera moderata, ma se domani invece decidessero di interpretarlo in maniera radicale?

In conclusione, a mio avviso, per combattere il fondamentalismo islamico in Europa (quello proveniente dalla mala integrazione degli immigrati musulmani all’interno dei nostri Stati), volendo utilizzare una regola generale che possa servire a tutti i Governanti di tutte le nazioni europee, e che sia avulsa da qualsiasi logica religiosa, si potrebbe considerare l’idea di mettere nero su bianco, e quindi con apposite leggi, che quegli immigrati che si dimostrassero ostili nel farsi integrare dagli Stati ospitanti (sarà poi il legislatore ad elencare i vari casi in cui lo straniero o il cittadino naturalizzato dimostri palesemente la sua intenzione di contravvenire ai valori della Nazione europea ospitante), e quindi tutti coloro che si dimostrassero avversi nel sottostare alle regole dei su detti Paesi o dimostrassero altresì di non volerne rispettare le tradizioni, saranno condannati, appunto, in forza di legge, ad essere espulsi dai rispettivi territori nazionali

Perché come diceva la Fallaci: “Il rispetto verso chi è diverso da noi non passa attraverso la cancellazione della nostra identità”.

Roberto Carotti – Consigliere Nazionale U.M.I.

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Articolo pubblicato il 09/12/2015