Serate di beneficenza in favore dell'Isis

Ignorata la strage di Parigi, Israele mette al bando l’ong

13 novembre 2015, attentato nel centro di Parigi, sei attacchi dell’Isis mietono 130 vittime. 27 novembre 2015, a due settimane dalla strage, l’ong Islamic Relief organizza una serata di beneficenza in favore degli orfani del mondo nelle città di Bologna, Milano, Torino e Verona. I due fatti sono collegati in modo inquietante a causa delle parole dette, ma soprattutto di quelle non dette, nelle serate benefiche e delle persone che vi hanno partecipato oltre a quelle che non vi hanno partecipato.

Venerdì 27 novembre si è tenuta al PalaDozza di Bologna una serata che, a detta degli organizzatori, avrebbe parlato solo di beneficenza e che invece ha da subito sollevato numerose proteste. A partire proprio dal tema della serata, o meglio, di ciò che si sarebbe potuto dire e che invece non si è detto. A due settimane esatte da una strage epocale come quella di Parigi non una parola è stata spesa in commemorazione delle vittime, non una condanna è stata espressa per i musulmani autori dell’attentato. Nella serata di raccolta fondi per gli orfani del mondo non si è detto nulla a proposito dei bambini francesi che in quei vili attacchi hanno perso i genitori.

Fino all’ultimo giorno sarebbe dovuto essere presente alla convention anche il predicatore egiziano Omar Abdelkafy, noto al mondo per aver pronunciato la frase: “Gli attentati di Parigi non sono altro che la puntata successiva del film comico andato in onda l’11 settembre (2001, nda) a New York”. Parole che non commentiamo neanche, lasciamo ai lettori l’onere e la fantasia di farlo.

Valentina Colombo, docente all’università europea di Roma, commenta così le giornate organizzate da Islamic Relief: “E’ quantomeno curioso che sin dalla prima edizione siano stati scelti personaggi non solo noti per le loro posizioni anti-israeliane e prossime a Hamas, ma anche per il loro antisemitismo e talvolta per l’incitamento alla violenza: nel 2013 il kuwaitiano Tariq Suwaidan, nel 2014 il saudita Aidh al-Qarni e quest’anno l’egiziano Omar Abdelkafy”. Persone che non hanno alcun rispetto per l’altro e che, continua la Colombo, “non hanno alcun problema ad invocare il jihad, la discriminazione della donna, l’uccisione degli ebrei”.

C’è da dire che grazie all’intervento della consigliera comunale della Lega Nord del comune di Bologna Lucia Borgonzoni si è evitato che Abdelkafy si presentasse in sala, però si è comunque capito chi siano i collaboratori di Islamic Relief.

Cerchiamo ora di capire cos’è Islamic Relief, a partire da una coraggiosa interpretazione del nome. “Relief” ha infatti tanti significati, come sollievo, aiuto, soccorso, ma anche liberazione, truppe di soccorso, sostituzione, rimpiazzo e addirittura diversivo. Abbiamo elencato tutti i significati e le accezioni del termine inglese, il lettore scelga quale accostare a “islamic”.

Sulla pagina iniziale della ong che ha sede a Birmingham, in Inghilterra, è riportato il versetto 32 della sura 5 del Corano, che recita: “Chiunque salvi una vita umana, è come se salvasse l’intera umanità”. I due versetti successivi, non riportati, dicono: “La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al suo messaggero […] è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti […] eccetto quelli che si pentono prima di cadere in mano vostra”. La sopracitata sura si compone di 120 versetti, molti dei quali cercano di passare il messaggio che Gesù fosse sottomesso ad Allah, che i suoi discepoli fossero seguaci di Allah e che, se lo volesse, Allah potrebbe spazzare via Gesù Cristo, la vergine Maria e l’umanità intera.

Islamic Relief, ong messa al bando dal ministero della Difesa di Israele con le accuse di aver sostenuto cellule terroristiche, rapitori e jihadisti, ha 2500 dipendenti nel mondo e gestisce centinaia di milioni di sterline. Paradossalmente annovera tra i suoi sostenitori, oltre ai sopracitati predicatori d’odio, anche la Commissione europea, l’agenzia Onu per i rifugiati e l’Organizzazione mondiale per la sanità, le quali versano, secondo Israele, milioni di euro all’associazione che li utilizza per organizzare gruppi terroristici legati ad Hamas, per la produzione di armi quali missili ed esplosivi e per foraggiare campi di reclutamento e addestramento agli attentati suicidi per ragazzi garantendo anche una pensione per le famiglie del “martire”.

L’iniziativa è passata senza disordini, grazie anche al nutrito dispiegamento di forze di polizia, ma la regia della ong andrebbe verificata e le accuse approfondite, affinchè si eviti almeno il finanziamento mascherato agli atti terroristici di cui l’occidente è vittima, dal momento che non si riesce ad evitare il finanziamento alla luce del sole di questi, operato dagli stati, Italia in primis, che pagano riscatti milionari ai terroristi che acquistano le bombe da destinarci.

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Articolo pubblicato il 08/12/2015