Riforma pensioni: Lamberto Dini, (18.000 euro al mese e al lordo delle ritenute) pontifica e attacca Boeri, ma…

L'ex premier dovrebbe spiegare molte cose sulla trattativa con i sindacati del 1995

Gentile direttore,

l’articolo pubblicato stamane sulla sua rivista, merita qualche precisazione per amore di verità.

Lamberto Dini, come Ciampi e altri, è stato uno dei massimi dirigenti della Banca d’Italia. Istituto che, alla faccia delle riforme pensionistiche che si sono succedute negli anni, ha conservato trattamenti contrattuali e previdenziali di miglior favore, rispetto a quanto previsto per altre categorie di lavoratori  che, in parte sono ancora vigenti.

L’importo della pensione percepita dall’ex Presidente del Consiglio, viene esibito, come in altri articoli pubblicati in seguito alle continue esternazioni di Boeri, quale emblema di un  sistema da risanare, per dare incenso, in modo demagogico e immeritato all’attuale presidente dell’Inps Boeri che, da tempo , con il paravento della “giustizia sociale”, intende ricalcolare le pensioni pregresse e privare migliaia di lavoratori di parte del trattamento pensionistico regolarmente percepito. Va precisato che, nella maggior parte dei casi , la legittimità dello stesso e l’importo, rispondono a canoni consueti, nel rispetto delle leggi vigenti al momento dell’accumulo contributivo e non  di miglior favore, come nel caso sbandierato (di Dini).

Ma la confusione maggiore l’articolista la pone nel raccontare, in modo distorto, la ratio che aveva ispirato la riforma  del Presidente Dini.

Dini pur incidendo su altri istituti, quali il cumulo pensione–retribuzione e l’età di accesso alla pensione, ha inteso rispettare il principio giuridico fondamentale dei diritti acquisiti. Sono state sostituite  radicalmente le modalità di calcolo dei rendimenti, come nel 1982 si era già trasformata, con accordo sindacale e provvedimento legislativo, l’indennità di anzianità in Trattamento di fine rapporto.

Nel rispetto di tale principio, sono state congelate e conservate le modalità di calcolo in essere, per i lavoratori con oltre 18 anni di contribuzione, uniformando le modalità di calcolo per i periodi post 1996. In difetto si sarebbe compiuta una grave ingiustizia, in quanto si sarebbero mutate le regole a corsa conclusa.  I sindacati, soprattutto in quegli anni sbraitavano il “tanto peggio, tanto meglio”, predicando la pianificazione sul basso.

La riforma del Governo Dini, a differenza della riforma Fornero, ha inteso rispettare un principio giuridico. Il resto sono soltanto chiacchiere di bassa demagogia.

Non viene invece ricordato che l’Inps eroga trattamenti di Cassa Integrazione in deroga, scandalosi per durata, a lavoratori di aziende ormai decotte, tradendo lo spirito della legge 223/91.

I parenti ultra 65enni degli extra comunitari, anche se residenti all’estero, percepiscono trattamenti pensionistici, senza aver versato nessun contributo previdenziale.  Su queste scandalose storture del nostro sistema previdenziale, Boeri e i giornalisti di regime, tacciono spudoratamente.

Fa comodo ai demagoghi di professione, continuare a menar nel torbido accanendosi su categorie di pensionati indifesi e già penalizzati dalla sterilizzazione dei loro trattamenti, non più al riparo dall’aumento del costo della vita.

Questo solo per chiarezza e per evitare di confondere le idee ai lettori in un momento già così problematico e caotico

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Articolo pubblicato il 03/12/2015