Mentre l'Indonesia brucia, il vertice di Parigi si riunisce per salvare la Terra

Trascurata dall'informazione la foresta pluviale arde nel nome della follia, per far posto all'olio di palma. Un disastro planetario, un'opportunità, una speranza.

Tra tante notizie che rattristano il mondo, ce n'è una quasi trascurata. Da oltre due mesi l'Indonesia è un incontrollato rogo che sta divorando uno degli ultimi, meravigliosi angoli di mondo. Nell'immensa graticola, stanno scomparendo migliaia di ettari di foresta pluviale, santuario degli oranghi e dei leopardi, di gibboni, rinoceronti e tigri di Sumatra. Un genocidio animale e non solo.

Difficile rendere l'idea delle dimensioni del disastro. Le fonti indicano che le emissioni di CO2 sono incalcolabili, a livello di inquinamento planetario, definendo l'incendio come il più grande disastro ambientale del 21° secolo.

Nelle città l'aria è irrespirabile e la visibilità ridotta a 30 m in molti centri abitati. In tutto il paese sono state distribuite maschere di protezione e in alcune aree i bambini sono stati evacuati da navi militari. I decessi per soffocamento si contano a decine.

Nel Borneo indonesiano il fumo degli incendi si estende per centinaia di miglia, interferendo con i voli e provocando attriti diplomatici con i paesi confinanti. Un'altra delle  province in fiamme è la West Papua, occupata  illegalmente dall’Indonesia nel 1963, uno degli ultimi paradisi incontaminati, parte della Nuova Guinea.


La causa del disastro, come sempre è di origine umana, legata a interessi economici e allo sfruttamento dissennato di ogni risorsa planetaria.

È la terra stessa che brucia. Gran parte delle foreste si sviluppano su enormi giacimenti di torba. Quando i fuochi penetrano nella terra, si trasforma in brace che si autoalimenta, da cui si esalano nubi di metano, di monossido di carbonio e di gas rari altamente tossici.

Da decenni, tutte le foreste pluviali sono state lottizzate per creare enormi fattorie per la produzione di legno, pasta di legno e olio di palma. Per sfruttarli occorre "seccare" i terreni umidi e poi, dar loro fuoco. La soluzione più rapida è canalizzare i giacimenti di torba; arbitrio che ogni anno genera disastri, e in questo torrido 2015, con l’arrivo di El Niño, si sono create le condizioni per "l’inferno perfetto". Gli incendi sono sfuggiti a ogni controllo.

L'Indonesia è una realtà politica e geografica complessa. Il presidente Widodo, si presenta come democratico, ma nella nazione regnano violenza e corruzione, retaggio di una storia brutale legata al periodo del terrore di Suharto e agli squadroni della morte che, nel 1960, uccisero un milione di persone. Da allora, i gruppi criminali indonesiani si sono evoluti verso altre forme di organizzazione, tra cui la deforestazione illegale.

Le associazioni criminali hanno una struttura paramilitare con tre milioni di affiliati, chiamati Gioventù-Pancasila. Una realtà taciuta che condiziona la politica e l'economia del paese. Anche se il presidente Widodo sembra voler fermare gli incendi, può fare poco. La politica del suo governo è sedotta da nuove sovvenzioni internazionali per la produzione di olio di palma e questo business è benzina per altri incendi.


Di fronte a recenti accordi con industrie più sensibili ai danni ambientali però, alcune fattorie si sono impegnate a smettere di distruggere la foresta pluviale. Decisione sgradita per i funzionari del governo indonesiano i quali sostengono che la scelta bloccherebbe lo sviluppo del paese, ignorando incendi e sostenibilità della terra.

Come si può contribuire a invertire la tendenza? Una risposta alla portata di ognuno di noi è di non consumare più prodotti che usano olio di palma proveniente da quelle multinazionali insensibili ai disastri ambientali. Molte aziende si stanno allineando, ma non tutte e il Web consente una ricerca al singolo lettore.

Nel corso di un recente incontro tra il presidente Widodo, giunto a Washington per incontrare Barack Obama, è stato espresso “apprezzamento per le recenti politiche per combattere e prevenire i roghi delle foreste”. Questo mentre l'apocalisse ecologica prosegue il suo percorso nel silenzio dei comunicati, della stampa e dei governi.

Il proseguire della catastrofe meriterebbe le prime pagine dei giornali, invece è classificata come argomento di scarsa importanza. Poiché non è così, lecito è sospettare una sudditanza degli organi ufficiali nei confronti delle solite multinazionali che decidono l'ordine del mondo? L’oblio è complice?

È una domanda che può trovare risposte legate all'economia del profitto ad ogni costo; tra le industrie amministrate da esseri insensibili ad ogni disastro ambientale. Certo è che, dal Brasile al Borneo, la foresta pluviale brucia e nessuno stabilisce le più impellenti iniziative.

Il vertice sul clima di Parigi appena inaugurato prevede un dialogo tra 150 capi di Stato. È un'occasione irripetibile per tentare di salvare i resti di quei meccanismi naturali che hanno concesso la magica evoluzione della vita sul nostro pianeta. La storia insegna che l'arroganza dei potenti è quasi sempre stupida e cieca, dominata da illusori propositi e muscolari rapporti di forza. Questa volta sembrano esserci le premesse di una maggior consapevolezza nel dover rallentare con secolare ritardo la distruzione delle fonti della vita.

Gli interessi politici ed economici però, inquinati dalle troppe e recenti tensioni internazionali, sono sempre più giganteschi e l'ottimismo di chi scrive, tentenna. Kyoto e Copenaghen sono stati appuntamenti fallimentari e deprimenti, e se la speranza è l'ultima a morire, l'informazione è il cibo per la sua sopravvivenza.

L’Earth  Overshoot Day è un fenomeno studiato già negli anni 50; ben poco si è fatto in proposito, così come per le emissioni di "gas serra" e l'introduzione di energie rinnovabili; sarà questa l'occasione di una svolta? A Parigi i media, si lasceranno sedurre dalle astrazioni della diplomazia o riusciranno a vigilare sui negoziati, tutelando l'attenzione su quello che sta accadendo nel mondo?

La foresta dell'Indonesia non può aspettare, così come troppe altre realtà impellenti. Se ne sentiremo parlare sarà un buon segnale di consapevolezza bio-logica, in caso contrario: le piante, gli animali e i popoli della terra si rassegnino. Non sapremo le verità e i colloqui saranno rimasti esclusiva di poteri intransigenti dove il resto del mondo non è invitato ad esistere, e quando il circo avrà smontato il tendone, il paradiso pluviale continuerà ad essere bruciato in silenzio, nel nome del progresso e dei nostri volubili, inutili vizi, fino ad essere trasformato nell’inferno in terra.


Alcune Fonti:

http://www.theguardian.com/commentisfree/2015/oct/30/indonesia-fires-disaster-21st-century-world-media

http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2015/11/06/foto/indonesia_incendi_oranghi-2835951/9/#media

http://www.tgcom24.mediaset.it/green/indonesia-con-gli-incendi-diventa-il-primo-inquinatore-al-mondo-superati-usa-e-cina_2141115-201502a.shtml

http://www.internazionale.it/notizie/2015/09/28/indonesia-incendi-singapore

http://www.tgcom24.mediaset.it/green/indonesia-con-gli-incendi-diventa-il-primo-inquinatore-al-mondo-superati-usa-e-cina_2141115-201502a.shtml

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/20/nutella-greenpeace-e-green-ferrero-e-un-gruppo-allavanguardia-per-sostenibilita-ambientale/1797867/

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Articolo pubblicato il 02/12/2015