Chi è Matteo Renzi, un demiurgo o uno sprovveduto?

Le mosse degli altri Paesi, in una situazione tutt’altro che statica, potranno fornirci una risposta conseguente

Sono volati quindici giorni dalla tragica notte di Parigi. Son seguiti proclami da parte di politici e governanti, opinion leader e giornalisti di ogni tendenza. Di certo sono aumentati i timori tra i cittadini dei Paesi occidentali e altri, come la Tunisia ove la minaccia dell’Isis si fa sentire, con allarmi e previsioni più o meno catastrofiche.

Tra i tanti che si sono espressi nelle più svariate occasioni c’è anche il nostro Presidente del Consiglio, Mattero Renzi, sempre più ai margini tra gli uomini di governo che contano sullo scacchiere del mondo.

A giudicare qualche intervista e dichiarazione, pare che abbia letto, in anteprima, il testo del professor Luigi Bonanate, studioso e docente di Relazioni Internazionali all’Università di Torino e  autore del recente saggio:” Anarchia e democrazia”(Carocci 2015).

L’illustre studioso preconizza l’avvento della terza guerra mondiale intorno al 2030. Le cause non ricadrebbero sull’Isis, ma per gli equilibri imperfetti determinatisi con la caduta del muro di Berlino. La decadenza del ruolo esercitato dagli  Stati Uniti, determinato anche  causa delle debolezze e contraddizioni di Obama, dall’implosione dell’Unione Europea e dalla presenza sulla scena mondiale di Cina e Russia.

Con queste premesse, a differenza di altri leader si può cercare di capire il suo comportamento distaccato e assente.

C’è stato il faccia a faccia con Hollande, ben illustrato dalle vignette. Lo ha ribadito Roberta Pinotti, ministra della Difesa, in una intervista a Qn. "L'Italia non interverrà in Siria e in nessun tavolo si è mai parlato di estendere la nostra missione in quel territorio mette in chiaro il ministro della Difesa - è una posizione chiara, condivisa fra l’altro anche dal governo precedente".

La Francia omaggia le vittime degli attentati di Parigi, Renzi volta le spalle a Hollande e chiama l'Italia fuori dalla guerra ai tagliagole dello Stato islamico. Non sarà, infatti, preso alcun impegno per combattere la follia islamista dell'Isis. "Dove non c’è chiarezza di percorso politico che indichi una definizione degli obiettivi militari - spiega la Pinotti - non ci può essere nessun impegno dell’Italia nelle operazioni militari, ma solo diplomatico". .

Anche rispetto alle tensioni tra la Russia e la Turchia, Roma non riesce a prendere una posizione netta e a condannare il premier Erdogan.

La ministra della Difesa si limita infatti a rimarcare che "senza una coalizione coesa non riusciremo mai a fermare il terrorismo". "I pericoli possono venire anche via mare", ma sarebbe un errore grave "confondere i profughi coi terroristi". Ma non una parola per condannare i comportamenti ambigui di Ankara.

E’ stato evidenziato da più parti che se non si fosse consumato il golpe che nel 2011 estromise dal Governo Silvio Berlusconi, oggi Roma sarebbe la sede naturale di colloqui con conclusioni positive tra Erdogan e   Putin, considerando gli ottimi rapporti personali del nostro ex premier con i due presidenti dalle cui posizioni dipendono oggi gli equilibri mondiali.

Ma tant’è. Giorgio Napolitano gigioneggia ancora all’Università di Pavia e non si pone problema sulle sciagurate scelte operate allora.

Ricordi e responsabilità a parte, per agire oggi è indispensabile conoscere e capire, affacciati alla realtà odierna e non affidarsi a ricordi sbiaditi, perché tutto è complesso ma tutto va capito.

In primis, la comprensione culturale del mondo musulmano. Non è pensabile immaginare oltre un miliardo di persone come un blocco compatto e monolitico di “nemici assoluti”. Non siamo più a Lepanto o a Vienna, tanto meno a Poiters o Roncisvalle.

Tutto è cambiato ed è necessario, urgente distinguere e analizzare: oggi è in atto una guerra terribile e implacabile all’interno dell’Islam tra gli sciiti — suddivisi tra decine di sette, spesso non arabe — e i sunniti, altrettanto frammentati; vi sono poi i musulmani laici — post nasseriani, baathisti, occidentalisti — e gli integralisti, a loro volta divisi a seconda della latitudine.

I curdi (islamici sunniti e indoeuropei) sono i nostri migliori alleati mentre turchi, qatarioti, pakistani e i sauditi (benché “amici” degli USA e dell’Occidente) sono realtà quanto meno ambigui se non ostili.

Per uscire dalla spirale del terrore, dall’emergenza, bisogna lavorare sulle contraddizioni e le rotture interne del Medio Oriente.

Da qui l’urgenza di combattere e scegliere, nel segno del realismo, i giusti alleati (Assad, l’Iran, i curdi…), sostenere le entità statuali serie (l’Egitto, il Marocco, la Giordania, la Tunisia), costruire una coalizione temporanea.

Klemens von Metternich insegnava che ogni alleanza è sempre provvisoria… — con truppe arabe e islamiche per schiacciare sul terreno l’ISIS. E vincere.

Ma imporsi sul terreno non basta. Tacito, il grande storico romano, lo sapeva bene quando stigmatizzò l’annientamento dei ribelli caledoni: “desertum fecerunt et pacem appellaverunt”.

Come nella Britannia del I secolo dopo Cristo, non basta ammazzare, distruggere. Bisogna costruire. E, allora,  è necessario un progetto, un piano geopolitico solido e credibile per l’avvenire.

Le bombe e i computer, i droni e le forze speciali, senza un’idea, una visione alta e lungimirante, non bastano.

Da questo pantano sanguinoso si esce solo se l’Occidente capirà i motivi profondi della rabbia delle masse proletarizzate del Levante, se qualcuno saprà analizzare i terribili rancori causati da una serie di guerre, dall’Iraq all’Afghanistan, inutili, mal condotte e peggio gestite, se si romperanno gli schemi post coloniali, ridisegnando le artificiali frontiere fissate, dopo la caduta dell’impero Ottomano, a Versailles nel 1919.

Al tempo stesso è urgente che l’Europa decadente, contenitore di cattivi sentimenti, solidi interessi e fragilità culturali, superi finalmente i traumi della seconda guerra. Dimentichi le illusioni del multiculturalismo, le ubbie “buoniste”, i sensi  di colpa.

Il mondo è crudele e la storia è sempre tragedia.

Ma Renzi, cosa ci azzecca con  questo scenario e con le scelte inderogabili e conseguenti?

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Articolo pubblicato il 01/12/2015