La conferenza sul clima di Parigi

L’interesse delle compagnie di assicurazione

Il 30 novembre inizierà a Parigi la ventunesima conferenza delle Nazioni Unite sul clima, nota anche con l’acronimo Cop21 (Conference of the parties, Cop21).

E’ inutile sottolineare che il tema dei cambiamenti climatici è diventato da anni un problema mondiale che coinvolge tutte le Nazioni.

Fortunatamente non è più in discussione l’esistenza del rapporto di  causa-effetto tra il mutamento delle condizioni metereologiche, accentuatosi nell’ultimo decennio, e i disastri ambientali verificatisi in zone del globo appartenenti anche a Continenti diversi.

Se qualche Governo azzarda ancora qualche dubbio ed insiste su futili incertezze lo fa a rischio della sua immagine e correttezza politica a livello internazionale.

Un ulteriore elemento positivo è dovuto al fatto che non sembrano più sussistere ulteriori discordanze sul problema della efficacia o meno di un intervento comune e coordinato di tutte le parti per ridurre i pericoli derivanti dal riscaldamento globale o quantomeno per riportarli a livelli sopportabili per la sopravvivenza del genere umano.

Del resto lo dimostrano le polemiche seguite all’ormai superato protocollo di Kyoto, le successive conferenze ed in particolare quelle che sono state preannunciate in previsione di quella che si terrà a Parigi, la ventunesima, dalla quale è lecito attendersi un nuovo protocollo con l’adesione consapevole e incondizionata di tutti i Governi del mondo.

Il vero problema che si porrà alla Conferenza riguarderà principalmente le modalità tecnico/scientifiche già proposte in altre sedi e nuovamente riproposte, nonché quelle formulate ex novo da altri Paesi, compresi quelli emergenti.

Altro inevitabile e grave problema sarà quello di convincere i Paesi più riottosi ad assumersi impegni reali la cui eventuale violazione venga pesantemente sanzionata.

L’attesa di un mutamento radicale del cammino comune verso l’eliminazione o quantomeno una consistente riduzione delle emissioni di gas serra,  sufficiente a consentire una inversione di rotta sull’avvelenamento del pianeta, è molto forte.

Nessuno peraltro può negare che esista ancora una tale quantità di problemi da risolvere, alcuni dei quali tutt’altro che marginali, che affrontarli secondo le proposte formulate da ogni singolo Paese è impresa improba, tanto che lo scetticismo sui risultati pratici della Cop21 si è insinuato nelle opinioni di molti osservatori ed esperti della materia.

Un notevole aiuto per un accordo internazionale che conduca alla redazione di un nuovo protocollo praticabile potrà essere determinato dall’interesse dimostrato recentemente dalle compagnie di assicurazione che, insieme ad alcune grandi aziende private, hanno finalmente individuato negli effetti disastrosi provocati dal mutamento delle condizioni climatiche la causa primaria dell’aumento esorbitante degli importi versati per risarcire i danni.

L’aumento del riscaldamento globale, se non efficacemente contrastato, potrebbe portare l’ esposizione delle compagnie a livelli insopportabili tanto da indurle a limitare l’emissione di polizze o ad emetterle  dietro pagamento di premi esorbitanti ma né l’una né l’altra soluzione sarebbe comunque soddisfacente per le compagnie e neppure per gli eventuali assicurati.

Né sembra praticabile, al momento, la formulazione di moduli di polizza che contemplino nuove tipologie di rischio dietro versamento di premi accettabili dagli assicurati.

Tuttavia il peso e l’influenza delle compagnie di assicurazione, fondate su enormi capitali, è considerevole in tutto il mondo ed è prevedibile che saranno le stesse Compagnie a fare pressione sugli uomini politici di ogni singolo Paese affinchè vengano predisposti  finalmente gli strumenti più opportuni per ridurre i rischi ormai immanenti e dunque per evitare una sempre più gravosa esposizione dei capitali accantonati all’indennizzo dei danni provocati dagli agenti atmosferici. esclusi i terremoti.

Certamente non saranno soltanto le pressioni delle Compagnie di Assicurazioni ad assere decisive per la soluzione dell’immane problema ma, viste le polemiche internazionali ancora in atto e l’obbiettiva difficoltà di praticare soluzioni che consentano anche per gradi o a lungo termine di evitare le previste calamità, il fatto che i rischi vengano evidenziati anche da quegli istituti o enti che dei rischi e della loro previsione fanno il fondamento del loro profitto è sicuramente apprezzabile.


Siamo dunque in attesa di vedere, incrociando le dita, quali saranno i risultati della Conferenza di Parigi, sperando che la catastrofe preannunciata da autorevoli scienziati venga quantomeno evitata ai nostri figli e ai nostri nipoti.

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Articolo pubblicato il 28/11/2015