Argentina: adiós peronismo! La vittoria è di Macri e vi spieghiamo perché

Dal prossimo 10 dicembre Macri si insedierà al governo del paese, un passaggio epocale che ha portato 32 milioni di argentini alle urne e che segna ufficialmente la sconfitta del “Kirchnerismo”

L’Argentina si è recata alle urne nella scorsa (soleggiata) domenica, con più di trentadue milioni di elettori (un’affluenza pari a quasi l’80%), per partecipare al primo storco ballottaggio argentino, vinto dal candidato Mauricio Macri con il 51% dei voti.

È cambiata un’epoca” ha dichiarato Macri leader di “Cambiamos” – uno slogan che ricorda molto il celebre “podemos” – ed è vero.

Con questo voto si pone fine alla dinastia Kirchner, durata dodici anni e impregnata di peronismo: un governo che ha concluso il suo mandato con una sonora sconfitta economica prima, politica adesso.

La tradizionale ambizione perseguita da ogni governo peronista è sempre stata la lotta alla povertà, ambizione che trova spesso consensi, specie in un paese devastato dalla crisi del 2001-2002, anno in cui il 60% degli argentini viveva al di sotto della soglia di povertà. In un simile contesto la ricetta di Nestor Kirchner – e successivamente di sua moglie – era la classica ricetta peronista: nazionalizzazioni, protezionismo, redistribuzione della ricchezza.

Sulla carta l’Argentina peronista ha ridotto la soglia della povertà dal 60% del 2002 al 21% nel 2006 e poi dal 21% del 2006 all’attuale 11,4%. In politica però contano altri fattori, come le prospettive future: sulla carta le statistiche parlano di incredibili tassi di crescita che si aggirano attorno all’8 e 9%, ma tolto che, come disse un certo Bob Kennedy “il Pil misura tutto tranne ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”, l’Argentina non appena mise piede fuori dalla crisi nazionale, venne investita dalla crisi internazionale.

Non si sa con precisione quanto essa abbia investito il paese, anche perché l’ormai ex governo nascose le statistiche reali: nel 2014 Kicillof dichiarò un’inflazione del 1,4% ma secondo l’Istituto nazionale di statistica dall’inizio dell’anno l’inflazione era stata del 13,5%. Lo stesso buio informativo si ebbe per i dati relativi alla recessione, il governo disse 0,2% ma gli esperti stimavano un crollo del 3% annuo.

Tutto questo non può e non deve essere imputabile alla sola crisi internazionale che hanno subito quasi tutti i paesi del mondo, ma soprattutto al modo in cui i governi Kirchner l’hanno affrontata: svalutazione della moneta, protezionismo, controllo dei prezzi su tutti i prodotti. Misure che causarono ancor più instabilità e incertezza e nel luglio 2014 il paese è giunto al default tecnico.

“(…) Y si este proceso delirante, populista, cuasi chavista, corrupto, protagonista de desmanejos económicos espectaculares, mentiroso, que ha intentado condicionar a la Justicia, a la prensa, que ha tensionado la Argentina, ha dividido el país, ha hecho un desastre internacional, desemboca en uno de tres tipos normales... Cristina no pudo inventar un (Nicolás) Maduro, es una buena noticia”, questo il commento riportato dal seguitissimo “Infobae”.

Dal prossimo dieci dicembre alla guida del paese ci sarà un volto diverso dai precedenti e lontano dal peronismo, un babau “neoliberista” criticato da alcuni perché “imprenditore di destra” che non ha a cuore il destino dei poveri. “Metterò tutta la mia energia per costruire l’Argentina che sogniamo, con povertà zero”, ha risposto invece Macri a queste critiche.

Il neoeletto ha inoltre affermato che si dedicherà alla lotta al traffico di droga – una classica guerra condotta nella maggioranza dei casi solo per rabbonire gli elettori, ma un’ottima scelta per cercare di unire gli argentini – e che vi sarà un cambiamento nello schieramento internazionale: “lo dico ai fratelli dell’America Latina, del mondo, vogliamo avere buone relazioni con tutti”, in altre parole un avvicinamento agli Stati Uniti e un allontanamento dal Venezuela, dal quale la precedente amministrazione era invece sostenuta soprattutto con Chavez.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/11/2015