Siamo in guerra, ma il fronte ce lo sfondiamo da soli

Riflessioni di Andrea Biscŕro sulle ricadute del terrorismo islamico nel nostro Paese

Sottopongo molto volentieri ai Lettori di “Civico20News” queste riflessioni di Andrea Biscàro (m.j.).

 

É indubbio che il contrasto al terrore risulterà efficace soltanto se la comunità internazionale si farà carico – usando cervello e muscoli – della polveriera Medio-Oriente, con tutto il suo bagaglio di complessità, eliminando, fra gli altri, i fattori di contraddittorietà dell’Occidente. Non si può parlare di pace ed agire, in varie forme (remunerative per alcuni) a favore della guerra. Così come non si può agire come si è fatto dopo l’11 settembre, risolvendo un accidente di niente.


Sorvolando sulla definizione di terrorismo – una lucida prospettiva di analisi storica scatenerebbe un ginepraio – è pleonastico affermare che un europeo non può che provare orrore per quanto accaduto a Parigi. Meno orrore lo si prova però per l’aereo russo, per Beirut, per Mali e per tutto ciò che non esplode sotto il nostro deretano. Esistono quindi vittime di serie A e, a scalare, di serie inferiore, ma tutte hanno il volto di Valeria Solesin. Tutte morte per la folle politica (folle per noi, evidentemente non così folle per i molteplici burattinai) che affonda le proprie radici nella Storia, piaccia o meno.


I commentatori italiani si sperticano con parole che spesso non lasciano traccia. Talvolta trovo più stimolanti le riflessioni che leggo sui social. Gente comune che ragiona. Spesso con la testa.


Gente che si chiede perché i minuti di silenzio per Parigi e non per altri, ammazzati all’interno dello stesso disegno politico. Probabilmente gli altri appartengono alla bandiera ‘sbagliata’ o non fanno parte del nostro immaginario collettivo più attraente, qual è Parigi. Parigi siamo noi, vicini di casa che conosciamo per esserci stati, per averla vista in TV, sul web, nei film romantici. Siamo fatti così: per capire che gli altri siamo noi, dobbiamo trovarci la minaccia sotto casa.


Gente che si chiede perché tutto questo accanimento contro la Siria e non contro l’Arabia Saudita, un nome fra i tanti da additare quali sostenitori del terrorismo. Le ragioni ci sono. Informiamoci.


Gente che si chiede perché soltanto certi bambini morti vengano sfruttati per attribuire un volto umanitario all’Europa che accoglie ed altri invece nessuno se li fili, mediaticamente parlando.


Gente che si chiede quanto effettivamente sia moderato/integrato il rappresentante dei Giovani Musulmani d’Italia (e con lui altri), incapace di articolare un’immediata condanna degli attentati e che sul crocifisso nelle scuole afferma che “vedere una persona morta, crocifissa, non so quanto è pedagogicamente corretto o educativo”. Se tutti i moderati sono così, figuriamoci gli integralisti!


Gente che si chiede come sia possibile assistere senza eccessiva preoccupazione alla strisciante connivenza ideologica di alcuni (tanti? pochi?) musulmani ospiti nel nostro Paese. Hanno timore di esprimersi liberamente per via di soggetti ambigui presenti nelle loro comunità? Sono così ignoranti da non capire quanto siano strumentalizzati da chi semina morte, ‘tifando’ per uno Stato islamico alla ‘riscossa’? La zona grigia musulmana in Italia non sembra essere così sparuta.


Gente che si chiede come mai non ci si indigni se un ‘artista’ espone la foto di un crocifisso immerso in un contenitore pieno di urina, arrivando ad esporlo (in questi giorni) al «Photolux Festival» di Lucca, col patrocinio della Regione Toscana. Siamo schizofrenici: si accetta Gesù nell’urina e non si portano dei bambini di una scuola di Firenze a vedere dei dipinti raffiguranti il Cristo, in quanto urterebbero i non cattolici. Immagino le reazioni furibonde dei buonisti – istituzioni in testa – se qualche italiano esponesse in una teca, colma di urina o di feci, oggetti cari alla spiritualità orientale o musulmana. In questo caso sarebbe – giustamente – spregio, ma se lo si fa col Cristo è arte.

 

I «si chiede» qui presentati non meritano l’oblio, soprattutto nell’odierno clima di guerra mondiale a pezzi. I criteri della guerra convenzionale e della guerra civile non si possono applicare a questo conflitto, per così dire parcellizzato. Il fronte è il mondo occidentale, come e quando non si sa. Terroristi islamici direttamente dal Medio-Oriente, foreign fighters (roba di casa nostra, apparentemente integrati), rete di fiancheggiatori, ignavi islamici sempre di casa nostra, nuovi potenziali grattacapi direttamente dai barconi (pensare che una piccola percentuale di immigrati non causerà guai in tal senso è da deficienti politici). È terrorismo globale.


Così scrive su Facebook – col linguaggio immediato dei social – una mente fine come il collaboratore del mensile «Storia in Rete», Emanuele Mastrangelo:

 

«Noi popoli europei abbiamo un doppio errore di base: la rinuncia per statuto alla nostra cultura nel nome del multiculturalismo e l’ipocrisia di fondo della nostra politica estera. Per cui ci agitiamo in una specie di schizofrenia: vogliamo essere “accoglienti” e vogliamo esprimere sentimenti “patriottici” (a comando) allo stesso tempo, e le due cose insieme non vanno. Pretendiamo di rappresentare “il bene” e poi in politica estera ci comportiamo come i peggiori pirati internazionali.


Dunque, siamo schizofrenici. Non ci dobbiamo stupire se le minoranze etniche che “accogliamo” follemente e che provengono da identità culturali più solide, hanno poi il coraggio di sbattercele in faccia e dirci pure “embé? Mò che fai?”.


I clandestini e gli immigrati regolari sono un problema tutto sommato “facile”. Se li pizzichi a preparare attentati li incarceri al 41 bis a vita; se li pizzichi a fiancheggiare o anche solo a simpatizzare li cacci a calci nel sedere con tutta la famiglia fino al 4° grado di parentela (sì, ok, in un paese serio, non in Europistan, ovviamente).  Il problema sono le seconde e le terze generazioni, incubatrice dei terroristi e dei foreign fighters. Per quelli?». Espulsione, senza pensarci un attimo. Ma, si chiede Mastrangelo, «ne saremo mai capaci, noi dell’Europistan? Con questa storia dello Ius Soli ci stiamo infilando da soli una granata senza sicura nelle mutande».


Il linguaggio, lo ripeto, è proprio dei social, ma le riflessioni sono lucide, ineccepibili se avessimo un minimo di amore per noi stessi, il che non significa limitare l’altro-da-noi, ma sottolineare con estrema forza (identitaria-culturale, legislativa e giudiziaria) che chi viene in Italia è ospite e le regole dell’ospitalità sono poche e semplici.


Assistere alle dimostrazioni pubbliche di una piccola percentuale di musulmani italiani che condannano senza-se-e-senza-ma il terrorismo islamico, è da considerarsi atto di assoluta normalità da parte di chi vive con noi. Sarebbe come dire che considero “persona stupenda” un ospite che a casa mia non mi sputa nel piatto e non aggredisce i miei commensali. E ci mancherebbe altro!


I musulmani che già vivono in Italia e che condannano l’integralismo, che lavorano all’interno delle proprie comunità per estirpare gli integralismi e gli atteggiamenti ignavi – segnalandoli alle Forze dell’Ordine – non faranno null’altro che il loro dovere di cittadini. 


Per il resto, rimando alle riflessioni di Mastrangelo, sottolineando che non capire – o far finta di non capire – certi riferimenti di Salvini sul Natale e sulle nostre tradizioni, è pericolosissimo.


Il terrorismo islamico lo si combatte a livello internazionale. Il fronte, parlando dell’Italia, lo si può erigere riacquistando dignità e oculata durezza. La Caporetto identitaria è già in atto, e loro lo sanno. A qualche italiano – di ogni età – interessa riconoscere che il fronte ce lo siamo sfondato da soli? Ho paura a sentire la risposta…

 


Andrea Biscàro 

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Articolo pubblicato il 25/11/2015