Mario Monti chi? Fu veramente l’uomo della Provvidenza?

Sono ormai trascorsi quattro anni dal declino della democrazia in Italia

Che cosa rimane della assai controversa vicenda del governo Monti, insediatosi esattamente quattro anni fa e durato circa 15 mesi? É questo un interrogativo che continua a suggestionare gli osservatori della politica italiana e che suggerisce alcune considerazioni non banali sul sistema politico italiano, incominciando dal ruolo svolto da colui che, secondo quanto previsto dall’articolo 91 della Costituzione, aveva giurato fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione?

E’ bene ritornare sullo svolgimento cronologico degli avvenimenti.  

Il 9 novembre 2011 l'allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nomina senatore a vita Mario Monti. Il 12 novembre 2011 il presidente del Consiglio in carica, Silvio Berlusconi, vincitore delle elezioni politiche del 2008, sale al Quirinale e rassegna le sue dimissioni, non certo con la freschezza della spontaneità.

Pochi giorni dopo, lo stesso Monti viene incaricato dal Presidente della Repubblica di formare un governo che contribuisca a far uscire il Paese dalla crisi economico-finanziaria che l'attanaglia e stemperi le animosità tra le forze politiche.

A piegare il governo Berlusconi erano stati il discredito internazionale nei confronti del premier, a seguito di una martellante campagna mediatica, abilmente pilotata da qualche partners europeo con complicità zelanti nei Palazzi romani. l motivo dominanti erano i presunti festini a luci rosse nella sua residenza di Arcore, oltre a una crescente litigiosità nella maggioranza che lo sosteneva. 

Monti viene accolto come "il salvatore della Patria". Vara subito provvedimenti impopolari e manovre "lacrime e sangue", tra le quali la famigerata Legge Fornero, l’aumento dell’Iva e della tassazione sui risparmi. Nonostante il non brillante esordio, almeno inizialmente l’uomo con il loden ottiene il consenso quasi unanime delle forze politiche.

Col tempo, però, la fiducia popolare nei suoi confronti si assottiglia e, soprattutto, alcuni ministri del suo esecutivo si dimostrano non all'altezza e completamente prigionieri della onnivora e inefficiente burocrazia. Già nel dicembre 2012 il compito dell'esecutivo sembra essersi esaurito, con risultati assai modesti e non rapportati con i sacrifici subiti dal Paese.

Sorprendentemente, il presidente del Consiglio decide di fondare un partito (Scelta civica), che alle elezioni politiche del 2013 non trionfa, provocando l'ibrido verdetto delle urne, col quale stiamo ancora facendo i conti: centrodestra, centrosinistra e grillini sostanzialmente alle stesse percentuali e un'Italia ingovernabile, se non con larghe intese o espedienti trasformistici vergognosi, che sembravano un retaggio della Prima Repubblica. 

Un recente studio approfondito compiuto da scenarieconomici.it,  ha analizzato gli esecutivi degli ultimi anni, valutandone l'operato sulla base di alcuni parametri dell'economia reale e della finanza pubblica, comparandoli anche con i dati medi europei. Secondo quelle rilevazioni, il peggiore governo in assoluto è stato quello di Mario Monti, seguito a ruota da quello di Enrico Letta.

Gli indicatori presi in esame sono sei: Pil, disoccupazione, produzione industriale, debito pubblico, inflazione e deficit pubblico. Ciò che emerge è che l'unico anno, dal 1996 in poi, in cui l'Italia ha fatto registrare dati migliori rispetto a quelli della media europea è il 2010, e a Palazzo Chigi c'era Silvio Berlusconi.

In quei 12 mesi la crisi internazionale già mordeva il freno, ma l'Italia, pur senza crescere, riuscì a non peggiorare i conti pubblici. Eppure all'epoca del governo del Cavaliere lo spread aveva raggiunto livelli spaventosi, la fiducia nell'Italia sembrava quasi azzerata e la soluzione dei problemi italiani ipotizzava un governo come quello guidato da Monti, composto da tecnici sganciati dalle logiche partitiche. 

In effetti la "manovra Monti", basata all'85% sulle tasse, ha finito per devastare l'economia reale, creando inflazione e ottenendo risultati molto negativi sul fronte delle finanze pubbliche rispetto ai tre anni precedenti.  Sempre secondo quello studio dell'anno scorso di scenarieconomici.it, durante il governo Monti anche la produzione industriale è scesa più del solito, mentre il debito pubblico e l'inflazione sono saliti più che in altri periodi.

Che cosa rimane oggi, di quell'esperienza governativa? Tante macerie per l'economia, la politica e la società italiane. Basti pensare che gran parte degli esponenti di quell'esecutivo, che confidavano di riuscire ad aprire un ciclo, sono presto caduti nell'anonimato e soltanto uno di loro, Corrado Passera, investendo energie, tempo e denaro, ha costruito un nuovo soggetto politico (Italia Unica) assolutamente minoritario.

La responsabilità di questa scelta, ci porta inevitabilmente a Giorgio Napolitano. Si è inchinato davanti alla tecnocrazia, uccidendo la democrazia e aprendo la strada a una successione, che ancora continua, di governi non legittimati dal voto popolare. Non sarebbe stato meglio andare alle urne e assicurare fin da subito agli italiani un ricambio politico?

Con elezioni nel 2012 avremmo forse avuto un panorama politico meno frammentato e litigioso di ora, una maggioranza e un'opposizione più nitidamente distinte, e, soprattutto, ci saremmo risparmiati quelle inutili e fastidiose lezioncine di presunti luminari, totalmente incapaci e inconcludenti, che promettevano di salvare il Paese e invece l'hanno ancor più affossato e piegato alle trame ed ai voleri dei centri di potere internazionali.

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Articolo pubblicato il 21/11/2015