Terroristi o prigionieri di guerra ?

Non è lana caprina giuridica, esiste una differenza abissale tra le due condizioni. Come dobbiamo considerare i militanti daesh ? Soldati, Terroristi ? proviamo ad analizzare l'argomento.

Alla luce dei recenti fatti di cronaca internazionale si impone una riflessione su alcune tematiche magari di secondaria importanza ma che ci aiutano a capire cosa sta effettivamente succedendo in Europa.

Oggi le forze speciali francesi hanno attaccato un covo di militanti del Daesh nella periferia di Parigi a St. Denis. Nel blitz vi sono stati due militanti uccisi e sette "prigionieri".

Attorno a questa parola ruota il primo quesito.. La TV in verità ha parlato di "arresti" ma se riflettiamo un attimo (e penso che sarà la linea difensiva degli avvocati) questi sette non sono stati "arrestati" ma "catturati". C'è un Presidente che dichiara in Parlamento che la Francia è in GUERRA e che combatte questa guerra contro i militanti di Daesh, ce lo ripetono le TV in ogni momento "siamo in guerra", ed allora giuridicamente queste persone non possono essere considerati terroristi ma prigionieri di guerra con tutto ciò che ne comporta.

Al prigioniero di guerra vengono assicurate una serie di garanzie (convenzione di Ginevra) che non vengono invece assicurate al terrorista. Anche le pene sono completamente differente così come in Tribunale avanti il quale devono presentarsi. Il crimine di cui potrebbero essere imputati (eventualmente) è quello di "crimini di guerra" in quanto hanno infierito sulla popolazione civile, ma secondo questo metro si dovrebbero indagare tutti i piloti dei caccia che ogni giorno colpiscono le case dei civili in Siria.

La parola GUERRA, troppo abusata in questi giorni, è spesso pronunciata da persone che hanno visto la guerra solo su youtube o sulla playstation, abbiamo visto chi in realtà è pronto alla guerra. I militanti di daesh quando vengono scoperti ingaggiano subito scontri a fuoco, i parigini che portano i lumini sul luogo della tragedia si calpestano fuggendo non appena sentono il rumore di un mortaretto. Bisognerebbe emarginare chi in questi giorni usa questa parola perché in realtà non sanno nemmeno di cosa stanno parlando. La guerra è morte e distruzione, sono lacrime e sangue, non pianoforti suonati in piazza e giovani che cantano "immagine".

La speranza è che dopo lo choc di questi primi giorni la popolazione pensante ritrovi unità e sappia riconoscere chi incita ai disastri per propri interessi personali. Serve un sussulto delle teste pensanti che sappiano opporre alle strampalate teorie di Berlusconi argomentazioni che dimostrino come l'alleanza con un terrorista quale è Putin può solo portare alla disgregazione dell'Europa di Pace costruita con fatica nel dopoguerra. L'avventura con la Russia è un biglietto di sola andata verso il disastro collettivo, dovremo pagare un prezzo altissimo per non doverci sporcare le mani lasciando allo zar di Mosca il compito di essere il macellaio Siriano.

Altro quesito che salta agli occhi è l'azione della Polizia in questi giorni. Dopo essere stata "addormentata" da gennaio a oggi, in tre giorni hanno fatto un sacco di arresti, ritrovato numerose armi, sgominate cellule terroristiche. Tutti si chiedono come mai queste azioni vengono messe in atto solo ora. La risposta potrebbe stare nello "stato di urgenza". Grazie allo stato di urgenza infatti la polizia non deve più rispondere alla magistratura e può agire con ampie libertà.

Tutto ciò ci porta ad una riflessione, che il troppo garantismo abbassa il livello di difesa di una società civile. Lo stesso parallelo lo si può fare con l'Italia dove il "caso Pollari" ne è l'esempio più lampante. Spesso il nemico è al nostro interno e non ha fa di nome Mohamed ma Mario Rossi. Quando la Polizia arresta delle persone che vengono immediatamente scarcerate (la quotidianità in Italia), quando si indagano poliziotti per il reato di "tortura" se non hanno fornito un pasto ad un fermato, quando si indaga un poliziotto per una manganellata e si chiudono gli occhi contro Imam che inneggiano a folli teorie (ma possiamo annoverare anche tuttologi italiani, ad esempio per il caso delle torri gemelle), non possiamo più ritenerci al sicuro ed abbiamo la certezza che qualche "patriota" sta invece lavorando per il nemico.

Certamente le garanzie devono essere alla base del nostro ordinamento ma allo stesso tempo non si può morire di garanzie. Se l'occidente non saprà trovare un giusto equilibrio tra sicurezza e garanzie è destinata a perdere questo scontro.

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Articolo pubblicato il 19/11/2015