Torino - "Luce mia": la speranza che illumina la vita

Lucio Viglierchio racconta la sua battaglia vinta contro la leucemia

«Ho avuto paura della morte, ho sperato per me e per Sabrina, abbiamo lottato insieme e insieme rappresentiamo la speranza che una malattia come la leucemia si può combattere».

Sono le parole di Lucio Viglierchio, 35 anni, guarito dalla leucemia nonché, protagonista, autore e regista di Luce Mia, il film documentario prodotto da Zenit Arti Audiovisive in collaborazione con Rai Cinema e il supporto della Fondazione scientifica Mauriziana Onlus, di Aipe-Associazione italiana pazienti emopatici e di Film Commission, che racconta la battaglia contro la leucemia all’interno dell’ospedale Mauriziano. Verrà proiettato per Torino Film Festival, al Cinema Reposi, il 21 novembre (ore 17,30), il 22 (9,30) ed il 23 (21,30).

A Lucio nella primavera del 2010 era stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta «E’ stato grazie ad un esame del sangue routinario – ricorda -. E’ stato immediato il ricovero».

Sono seguite tre chemioterapie, che Lucio ha vissuto in regime di isolamento per un mese intero, ed alcuni mesi trascorsi nel reparto di Ematologia, diretto dal professor Massimo Massaia. 

«Ero isolato da tutto e da tutti per affrontare le chemioterapie, solo pochissime persone potevano passare a trovarmi, i miei genitori e la mia compagna. E’ stato durissimo, avevo tanta paura di morire»

racconta Lucio. Ma questo uomo, che ha vissuto nel limbo che sta tra la remissione e la guarigione dalla malattia, ha raggiunto il grande traguardo della guarigione ed anche la nascita di sua figlia Nora, 4 anni, che oggi ha un fratellino.

«Purtroppo Sabrina non ce l’ha fatta nonostante il trapianto di midollo – racconta Lucio - ma ho voluto realizzare il suo desiderio, questo film, perché se lo merita».

Così nasce Luce Mia, un viaggio dentro, attorno e fuori dalla malattia che Lucio ha realizzato tornando in reparto due anni dopo averla affrontata, per rivivere i momenti più difficili e per parlarne insieme alla sua nuova amica Sabrina.

«Era nelle stanze che mi avevano ospitato, capivo perfettamente la sua paura della morte. Abbiamo deciso di percorrere la nostra battaglia, bisognosi di confronto e conforto. Un giorno ai miei figli spiegherò che la malattia mi ha cambiato, oggi sono un uomo migliore».

«Quella di Lucio e Sabrina – conclude il dottor Alessandro Cignetti che ha seguito i due pazienti - è stata una storia che noi medici abbiamo vissuto intensamente e che non dimenticheremo perché molto speciale».

 

                                                                                                Liliana Carbone

 

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Articolo pubblicato il 12/11/2015