Piemonte Stato, Movimento Politico culturale indipendentista

Civico20 da la parola a chi è ostacolato nell’espressione delle proprie idee

Ieri a Torino si respirava aria di primavera. Sotto i portici di piazza Castello c’imbattiamo nel banchetto di Piemonte Stato, il Movimento Politico per l’indipendenza del Piemonte. Il logo del Movimento ci porta lontano, sino al 1956, quando a Torino fu fondato il MARP, Movimento Autonomista Regionale Piemontese.

Ebbi modo, negli anni successivi di conoscere due dei fondatori Enrico Villarboito e Germano Benzi, un piemontese Doc, che dal 1980 al 1985, divenne il primo Presidente Autonomista (e sin d’ora anche l’ultimo) del Consiglio Regionale del Piemonte.

Costoro che avevano tutti un’occupazione e non somigliavano agli odierni parassiti della politica, erano  animati dai principi più nobili, scaturiti della Carta di Chivasso e da altri esempi di Autonomismo che avevano portato alcuni giovani a prendere parte alla Resistenza, illudendosi, a guerra conclusa, di poter costruire un sistema democratico e partecipativo nel Paese che avrebbe dovuto rinascere, non solo materialmente dalle macerie della guerra.

Il MARP prese parte in modo attivo e con una rappresentanza qualificata alle giunte centriste dell’Avvocato Amedeo Peyron a Torino ed a Casale Monferrato. Abbiamo avuto modo ieri di conoscere due dei “nipotini politici dei fondatori del MARP”, oggi orgogliosi e tenaci alfieri di Piemonte Stato, Sonia Turinetti e Walter Demichelis ed abbiamo rivolto loro qualche domanda

Perché essere indipendentista?

Il primo motivo per essere indipendentista è l’amore per il proprio Paese. Vedendo pertanto quale è lo stato attuale del Piemonte viene spontaneo chiedersi il perché non lo siano già tutti i Piemontesi. E cerchiamo di addentrarci nel merito:

  • perché avere delle istituzioni proprie e/o uno Stato sovrano è la conditio sine qua non per l’esistenza stabile e duratura di un popolo

  • perché gestire il proprio destino, le proprie vite e il proprio Paese è un diritto inalienabile, mentre oggi il Piemonte è costretto in un contesto estraneo e nemico come quello italiano, col risultato che è una realtà misconosciuta, disprezzata, marginalizzata e colonizzata, quando – indipendente – potrebbe essere un Paese come l’Austria o la Danimarca

  • perché avere uno Stato significa partecipare alla vita del resto del mondo con una voce sola e venire individuati e apprezzati per quel che si è e che si è sempre stati: Piemontesi, e basta

  • perché è l’unico modo per aver voce nelle istituzioni internazionali, mentre restando in italia il nostro peso è meno che zero

  • perché nel mondo odierno i paesi che funzionano meglio e che presentano una migliore qualità della vita sono quelli di piccole dimensioni, nei quali è possibile l’attuazione della democrazia diretta (si pensi alla Svizzera), con conseguente gestione più equa, responsabile, efficiente e trasparente delle risorse pubbliche

  • perché il senso civico trova un terreno fertile per espandersi e radicarsi: si pensi, a questo proposito, al declino verticale che ha subito il Piemonte negli ultimi 150 anni, a seguito dell’ “unità d’italia”

  • perché è ora che i Piemontesi ritornino ad essere consapevoli della propria specificità e del proprio valore e riprendano in mano il proprio destino, senza che uno stato straniero e ostile come quello italiano ne condizioni il cammino e ne neghi e impedisca la stessa esistenza

  • perché se il Piemonte fosse libero e indipendente potrebbe sfruttare appieno il proprio potenziale e le proprie risorse, mentre oggi è zavorrato e impedito dal peso insostenibile del marcio e fallito stato italiano

  • perché l’italia è irriformabile (oltre 150 anni di esistenza dello stato italiano sono lì a dimostrarlo) e per il Piemonte non c’è alcuno spazio: la scelta è tra sparire o essere completamente assimilati (e sprofondare con l’italia)

  • perché è l’unico modo per riuscire a eliminare quel miscuglio di corruzione, mafia, mancanza di senso civico, prepotenze e sciatteria che costituisce il “sistema italia”, facendo nuove tutte le cose: una nuova costituzione, una nuova classe politica e amministrativa, un senso civico diffuso e un forte, naturale e diffuso amore per il Paese – unica vera garanzia di libertà e di buon funzionamento delle istituzioni pubbliche

  • perché è l’unico modo per farla finita una volta per sempre con un triste passato, voltando le spalle all’italia e al mediterraneo per tornare a guardare all’Europa e al mondo civile; ogni tentativo di “riforma” o di “rifare l’italia” (se ne contano a centinaia…) non sono altro che menzogne e fumo negli occhi per poter continuare indisturbati a gestire l’attuale sistema

  • perché altre forme più sfumate di autodeterminazione (come l’autonomia amministrativa) sono irrealizzabili e il percorso che le prevede è del tutto teorico e impraticabile, dovendo chiedere il permesso al parlamento italiano e ottenerne il beneplacito; l’indipendenza, invece, è prevista dal Diritto internazionale con procedure ben precise e sono molti i recenti casi di Paesi in Europa divenuti indipendenti (Paesi baltici e Slovenia 1991, Slovacchia e Repubblica Ceca 1993), mentre altri si apprestano a seguirne l’esempio (Catalunya 2015).

  • perché nel caso del referendum per l’indipendenza sarebbero soltanto i Piemontesi a decidere, non i mandarini italiani nominati a Roma.

  • perché il Piemonte è un Paese naturalmente molto ricco e civile al centro dell’Europa, ma ingabbiato in contesto estraneo e appesantito dal moloch statale italiano ipertrofico, levantino, corrotto e inefficiente come nessun altro al mondo, che ne limita in ogni modo le possibilità e ne drena le ricchezze e le potenzialità. Soltanto staccandosi dallo Stato italiano sarà possibile ritornare a d essere un paese civile, felice, ricco e sicuro di sé

Tutti dovremmo essere indipendentisti!

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Articolo pubblicato il 09/11/2015