L’occupazione impossibile

Un futuro incerto e senza speranze per le nuove generazioni

Mentre si inseguono gli annunci politico-propagandistici di come l’ Italia reagisce al declino, di una ripresa economica in vista (con percentuali di incremento che prevedono lo zero virgola…), che le “riforme istituzionali” incominciano a dare i frutti sperati, resta la conferma che la disoccupazione giovanile (dati Istat) resta al 40,7/% e che il 61% dei giovani italiani è disponibile ad emigrare per cercare lavoro all’ estero.

L’annuncio da parte di istituzioni economiche (Fmi luglio 2015) che l’Italia (e l’ eurozona) potrebbe raggiungere i livelli occupazionali, antecedenti l’  inizio della grande crisi del 2008 tra circa  vent’ anni, colpisce  le nuove generazioni come un pugno nello stomaco.

Significherebbe che per 20 anni potrebbe esserci questo lungo periodo di asfissia economica che impedendo la possibilità di posti di lavoro, emarginerebbe una intera generazione.

Se quanto sopra asserito risultasse provato, con buona probabilità, si spalancherebbe per la società civile uno scenario veramente imprevedibile ed aperto a tutte le ipotesi più pessimistiche.

Da osservatore che è coinvolto a metabolizzare una affermazione del genere pongo le seguenti considerazioni ed interrogativi:

Come è sostenibile sopportare socialmente una  disoccupazione giovanile di questa entità e per un periodo così lungo?

Finora sono stati i genitori o i parenti più prossimi a contribuire alla “sopravvivenza” dei giovani, ma quando questi cesseranno (perché passeranno a miglior vita o avranno esaurito le risorse) cosa potrà succedere?

La stagnazione produttiva e quindi occupazionale, si traduce in un minor gettito fiscale per lo Stato (Regioni, Comuni) e conseguentemente anche le pensioni e le altre forme assistenziali potrebbero subire una riduzione proporzionale, peggiorando  o disarticolando ogni equilibrio sociale che attualmente riesce faticosamente ancora a reggere.

In questo ipotetico scenario sarebbe ancora possibile la tenuta dello Stato inteso come si configura attualmente?  

Qualcuno (i partiti e i movimenti d’opinione pubblica) ha tentato concretamente di contrastare lo strapotere delle multinazionali che hanno emarginato e subordinato gli Stati al ruolo di ubbidienti esecutori in merito alle grandi scelte strategiche in campo economico-finanziario, politico, industriale, scientifico, ecc.?

La stessa domanda è da porsi sul perché questa crisi epocale economico-finanziaria, industriale, di valori, iniziata nel 2008, non ha ancora portato sul banco degli imputati i veri responsabili, che il buon gusto e la decenza dovrebbero contrassegnare come criminali di altissimo livello.

Senza individuare e smascherare gli interessi dei grandi “burattinai” di questa crisi-tragedia mondiale, la tragicommedia continuerà ancora conservando nella sostanza questo stesso infernale modello.

Nel contempo pensare che la criminalità organizzata rinunci al controllo di mezzo Paese sarebbe una ingenuità non proponibile.

Altrettanto sarebbe pensare che l’ immigrazione clandestina dalle coste africane e balcaniche possa cessare d’incanto, tenuto conto che si tratta di una migrazione epocale di popoli, mai conosciuta con queste dimensioni nella storia moderna.

Altro capitolo con molti punti interrogativi è il rischio del terrorismo fondamentalista islamico, che dimostra una aggressività ostinata che anticipa una volontà di conquista dell’ Europa e di rivincita sul mondo occidentale.

Questo capitolo, tenuto ancora volutamente lontano dal dibattito pubblico per le compromettenti connivenze a troppi livelli, comporta costi enormi sul versante delle sicurezza, investimento di energie imponenti, che sicuramente contribuiranno ad ingrossare il già enorme debito pubblico, con le conseguenze prevedibili.

La demografia degli Italiani sarà sempre di più orientata verso un saldo negativo della natalità, in quanto chi non ha redditi sufficienti e sicuri non potrà affrontare la sfida di costruire una famiglia.

Escludendo ottimisticamente che non ci saranno conflitti dichiarati tra potenze che possano coinvolgerci, nessuno può escludere che invece ci siano (come adesso) conflitti non dichiarati o guerreggiati per interposta persona, situazioni con ricadute onerose, destabilizzanti che renderebbero sempre più instabile il nostro Paese e l’ area mediterranea.

Di certo ipotesi e scenari futuribili, ma che non si possono escludere.

Se attualmente la situazione dei giovani disoccupati è allarmante, con gli interrogativi sopra esposti e con la dichiarazione degli organi istituzionali economico-finanziari di una stagnazione ventennale dell’ occupazione, le nuove generazioni che si affacciano al lavoro non avranno molte prospettive reali su cui contare.

Una generazione che dovrà sempre di più pedalare faticosamente in salita e che, in questa corsa selettiva per la sopravvivenza, lascerà ai margini della strada tanti sconfitti che getteranno penosamente la spugna.

Uno scenario di una umanità triste e scoraggiata che sembra essere stata obbligata a ritornare alla logica delle leggi della giungla per la conquista di un “pezzo di pane”.

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Articolo pubblicato il 08/11/2015