Consiglio di Stato

Esclusa la legittimità della trascrizione del matrimonio omosessuale.

Le critiche sollevate nei confronti della sentenza emessa in questi giorni dal Consiglio di Stato sulla non trascrivibilità delle nozze gay contratte all’estero sono prive di logica giuridica e manifestano in tutta la loro estensione la faciloneria e soprattutto la pretestuosità con le quali è stata affrontata la questione da parte di alcuni rappresentanti politici e, più in particolare, da alcune associazioni e movimenti pro omosessuali.

Ciò che più sconcerta è la percezione che si voglia a tutti i costi demonizzare chiunque si azzardi a prendere una posizione chiara e netta su taluni temi che riguardano la omosessualità o che, comunque, manifesti in proposito i propri dubbi.

E’ bene chiarire subito che più volte ho sostenuto l’indifferibilità di una legislazione che riconosca e attui con chiarezza il riconoscimento dei diritti civili degli omosessuali ma, con altrettanta chiarezza, credo di aver manifestato la mia opinione sulla necessità che tali diritti vengano fatti valere in modo coordinato e aderente all’attuale normativa, se del caso modificando o integrando anche quest’ultima.

Con la recente sentenza il Consiglio di Stato ha molto semplicemente negato il riconoscimento del matrimonio fra omosessuali proprio sulla base della legislazione italiana vigente, correttamente interpretata.

Le associazioni gay (o chi per esse) hanno tutto il diritto di ricorrere alla Corte Europea per far valere in quella sede le loro istanze, con tutte le motivazioni giuridiche, etiche e morali che riterranno più opportune ma, a mio avviso, non hanno il diritto di irridere il Consiglio di Stato, organo che ha sempre dato prova di equilibrio e di discernimento, imputando al relatore della sentenza, in quanto cattolico, di non essere “terzo” nei confronti di chi sostiene la trascrivibilità dei matrimoni fra omosessuali contratti all’estero e chi è contrario! Dimenticando però che la sentenza va attribuita all’intero Collegio e non soltanto all’estensore.

In questo scorcio di autunno sono molte le sentenze emesse dagli organi giudiziari, nazionali ed europei, di merito e di legittimità, che si sono segnalate per aver affrontato casi importanti e spinosi e che hanno dato luogo ad interessanti polemiche.

La sentenza a cui facciamo riferimento rientra indubbiamente fra queste ma in quanto frutto di una elaborazione giurisprudenziale va rispettata anche se non condivisa.

Ma la non condivisione va supportata da argomenti di diritto e non da polemiche e campagne pseudo libertarie che hanno in gran parte l’effetto di svilire la vera sostanza e nobiltà delle istanze di cui sono o dovrebbero essere portatrici.

Un appunto va fatto anche al giudice estensore della sentenza che, spinto probabilmente da una campagna mediatica enfatizzata oltre misura  e tipica ormai di chi difende ad oltranza l’omosessualità in tutti i suoi aspetti, ha sentito il dovere di difendere pubblicamente il suo convincimento, condiviso peraltro come abbiamo sottolineato dagli altri giudici del Collegio, manifestandone le motivazioni.


Di questo, forse, non c’era bisogno. Se tutte le sentenze o anche solo una parte di esse dovesse essere oggetto di giustificazione pubblica da parte dell’organo che le ha emesse, ci troveremmo di fronte ad una magistratura fragile e priva di quella autonomia e indipendenza che proprio essa non perde occasione di pretendere.

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Articolo pubblicato il 30/10/2015