Lega Nord Piemont

La sciarada degli inquisiti e l’orgoglio piemontese del ritorno alle origini

Matteo Salvini, nel corso della sua venuta a Torino in occasione della Festa nazionale della Lega Nord, aveva saputo, con la sua parlata, scaldare gli animi e riunire anche i tiepidi ed i fuoriusciti, in vista delle scadenze autunnali interne al movimento, con all’orizzonte le elezioni amministrative della primavera prossima.

E’ così partito dal tiepido settembre il confronto per la sostruzione di Roberto Cota a segretario nazionale del movimento, dopo 14 anni d’ininterrotto servizio e qualche guaio ancora pendente con la giustizia.

Il fiume carsico, da sotterraneo emerge ogni giorno e diventano palpabili gli atti di fede, gli sgambetti, i tradimenti e le manovre spudoratamente annunciate per la conservazione di rendite acquisite,  tra i pretoriani dei due contendenti rimasti su campo, Riccardo Molinari e Gianna Gancia.

Il primo, è vicesegretario federale della Lega Nord, nonché ex consigliere regionale in attesa di sentenza per i peccatucci di rimborsopoli, ma soprattutto enfant prodige imposto per la carica, da Salvini senza troppi se e ma e pare sponsorizzato anche da Cota che s’illude, a ricompensa per la sudditanza dimostrata, di ottenere ancora un futuro seggio parlamentare.

L’altra candidata è Gianna Gancia, ex presidente della Provincia di Cuneo che dai banchi del consiglio regionale si trova nel gravoso compito di schivare i fendenti da parte del PD, che per nascondere le incapacità ed i fallimenti della giunta Chiamparino, continua a scaricare le origini di ogni male sull’operato di Roberto Cota. Oltre agli strali ben mirati del M5S, cui nulla sfugge, che lascino il segno.

Ma per entrare nel nocciolo di una tenzone, è bene precisarlo, che ha come protagonisti due persone che, sotto il profilo umano sono di tutto rispetto, è opportuno risalire ad episodi avvenuti nei mesi scorsi.

Dopo la sentenza del Tar che il 9 luglio ha rigettato l’istanza di annullamento delle liste elettorali del PD e gravitanti su Chiamparino, intentata da Patrizia Borgarello, mossasi, a suo dire, in assoluta solitudine, senza la partecipazione del movimento di via Poggio, c’é stata una pronta manifestazione di protesta e solidarietà promossa da Salvini e dal poco convinto, ma precettato stato maggiore della Lega, in corso Stati Uniti a Torino, dinanzi alla sede del Tar.

In quell’occasione, dal breve intervento di Gianna Gancia, si può leggere il vero manifesto programmatico dell’aspirante segretaria nazionale. La riaffermazione del Federalismo e del riscoperto anelito di autonomia che aveva ispirato i fondatori della Lega Nord Piemont, confluiti poi nel partito di Bossi da preesistenti formazioni autonomiste, quale impegno programmatico per polarizzare e orientare programmi e battaglie. Agli osservatori non è sfuggito il messaggio di ricomposizione e di stimolo dell’orgoglio piemontese dopo gli anni di accondiscendenza di Cota verso via Bellerio, intensificatasi poi sotto la segreteria Salvini.

L’altro significativo momento si è consumato il 10 ottobre, in via Ormea a Torino, dinanzi alla casa di Massimo Scaglione, deceduto due giorni prima.

Scaglione era uno scrittore e regista alfiere della piemontesità e della cultura del Piemonte, costantemente impegnato nel trasferirla ai giovani ed a coloro che per origini o scarsa conoscenza, ne erano lontani, parimenti all’altro cantore delle nostra storia e tradizioni, Gipo Farassino, deceduto l’anno scorso.

Entrambi si erano ritrovati tra gli ispiratori e fondatori di Piemont Autonomista, nell’aprile del 1987, sulle orme e raccogliendo il testimone della Carta di Chivasso del 19 dicembre 1943, per affermare e rivendicare autonomia non solo economico-amministrativa, ma anche culturale, scolastica del Piemonte.

Alcuni tra i protagonisti di quest’avventura poi confluita nella Lega Nord, erano presenti al mesto omaggio al grande Scaglione, e ricordando i tempi eroici, si chiedevano, quanti avrebbero potuto continuare con efficacia, determinazione e rigore quell’ opera necessaria per la salvaguardia di una identità culturale e politica.

Partendo da costoro e dai molti che ancora si commuovono pensando a questi esaltati principi oggi annegati dalla visione italica di Salvini, è veicolata, anche dai successivi passaparola, la voglia di tornare a battersi per l’autonomia del nostro Piemonte e delle Regioni del Nord, contro lo strapotere di Roma e la mal sopportata tendenza all’andazzo tipico di molte regioni del Sud.

Se poi valutiamo che, almeno al si dice, tra le prossime mosse di Salvini, si vorrebbe cambiare il nome al Movimento, per abbracciare anche i popoli del sud Italia, la voglia di ricontasi appare in netta crescita, tra i militanti doc, poiché la misura di sopportazione appare colma.

Come andrà a finire ancora non si sa, anche se la data delle elezioni del segretario nazionale non sono ancora state fissate.

A prescindere da chi risulterà vincitore, la voglia di autonomia e di orgoglioso ritorno alle origini, affrancandosi innanzitutto da Milano, si riscontra vieppiù e rischia di segnare uno spartiacque profondo.

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Articolo pubblicato il 25/10/2015