Lectio Magistralis di Pietrangelo Buttafuoco

Un racconto mistico alla ricerca della felicità

E’ la mattina della Pasqua ortodossa. Lo zar Alessandro II si ritrova a passeggiare lungo le sponde dal fiume Neva, dove i suoi passi solcano la brina stesa a terra. E’ appena stato in compagnia di una sua amica, appartenente alla comunità dei tartari. Lo zar non ha con sé la scorta, e colei che è appena andato a trovare è l’unica a seguire da lontano i suoi passi. La sera prima Alessandro II è stato al teatro di San Pietroburgo, ad assistere ad una rappresentazione di Cyrano de Bergerac, dell’uomo con il naso prosperoso che scende dalla luna, portandosi dietro la polvere argentata di quel luogo e trafigge i suoi nemici con l’arma della parola.

Il teatro di San Pietroburgo non è posto usuale. I Tartari hanno grande rilievo nell’arte, tanto che i suoi membri occupano le poltrone privilegiate della platea, mentre lo zar segue il tutto da un lato. Durante la Seconda Guerra Mondiale il teatro sarà colpito da un attacco aereo tedesco. Una quantità immensa di esplosivo verrà gettata in quel luogo, ma la bomba si rifiutò di fare quello per cui era stata fabbricata, quasi a voler ammirare la maestosità del teatro, non osandosi di compiere un così folle gesto.

Ad un certo punto della passeggiata lo zar si fermò con un mercante che aveva un bastone in mano. Osservandolo meglio questo personaggio era in realtà un guerriero che stringeva forte in pugno una spada tutta curva. Lo zar rimase ancora più sorpreso nel constatare che si trovava di fronte ad un vero e proprio sciamano. Il quale convocò la più grande di tutte le divinità: Shiva.

Shiva, portatore di metafisica sofisticata, è uno degli Dei più complessi di tutte le tradizioni religiose. Egli incarna le caratteristiche di più divinità, in un processo di perfezione continuo. Duro e contraddittorio, per molti secoli la sua figura fu strettamente connessa a quella di Himalaya. Quest’ultima, si innamorò di Shiva, ma egli non se ne curò, portando l’altra divinità alla disperazione e alla completa fermezza, il suo malumore non si riversò in brina ma in neve ed in ghiacciai.

L’arrivo di Shiva sugli argini della Neva comportò un blocco del tempo e dello spazio. La brina prese ad avanzare su tutto, anche sul corpo dello zar, tranne che per una minuscola goccia, che rimase stabile sul petto di Alessandro II all’altezza del cuore. Quella goccia perforò il corpo dello zar e sotto la potenza di Shiva si trasformò in oceano dentro di lui, si trasformò in anima.

Lo zar Alessandro II allora capì, tutto gli fu rapidamente chiaro. Capì che la brina non era altro che polvere lunare, che poteva evolversi e diventare anima, che null’altro è che quella purezza che cerca di entrare in ognuno di noi. Ebbe la consapevolezza quindi, che ognuno di noi in sé ha radici nell’Altissimo.

Pietrangelo Buttafuoco non è mai banale nei suoi incontri e nelle sue lezioni. Le sue posizioni sono spesso state criticate e giudicate quantomeno controverse. Il suo racconto è sofisticato e pieno di riferimenti ad ogni tipo di cultura e religione esistente. Nonostante i riferimenti storici non abbiano fondamenti temporali esatti, essi sono parte complementare della narrazione. Buttafuoco dimostra un rara sensibilità che spesso viene ignorata quando lo si ascolta attraverso i media, soprattutto in tv. Un personaggio aulico di cui in questi tempi si stanno perdendo simili, benché non sia in dubbio che parte del suo pensiero continui ad essere difficilmente condivisibile.

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Articolo pubblicato il 07/10/2015