2012 – Libia. La verità sulla morte dell’ambasciatore americano a Bengasi (Segretario di Stato americano: Hillary Clinton)

La stampa internazionale, anche quella Italiana, non fornì particolari sull'uccisione di Christopher Stevens, il tutto passò in sordina. Articolo del 18 Settembre 2009

La primavera araba non solo si è rivelata una grande illusione,  ma la cosa ancor peggiore è che si sta rivelando un'arma astuta contro l'Occidente. Un'arma di ricatto a tutti gli effetti. La paura dell'Occidente è palpabile al punto da "giustificare" gli attacchi islamici alle ambasciate USA e europee senza avere il coraggio di spendere parole di condanna nei confronti degli integralisti islamici.

Stesso discorso vale anche per il Vaticano che non è in grado di difendere i cristiani in Medio Oriente, tanto meno quelli in Pakistan.
Sono molte vittime da ascrivere alla mancata primavera araba. Migliaia. Vittime innocenti che speravano in una democrazia, cancellata da Salafiti, Fratelli Musulmani e Ennhada.

La ciliegina sulla torta è stato il cortometraggio «Innocence of Muslims» di cui tutti scrivono senza averlo mai visto. Un cortometraggio che ha fatto ribollire il sangue ai fanatici, e a farne ingiustamente le spese è stato l'ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens. I dettagli sulla sua uccisione non sono usciti sui media, solo su internet è stato possibile conoscere i dettagli.
Una uccisione barbara, violenta, macabra e umiliante da far accapponare la pelle a qualsiasi essere umano munito di coscienza.

Chris Stevens, durante l'agonia prima di morire, è stato sodomizzato prima con bastone, sostituito poi con un coltello. 
Stessa morte barbara era  toccata  al Raìs Muammar Gheddafi.  Anche a lui fu riservato lo stesso trattamento: sodomizzato con bastone. Il filmato aveva fatto il giro del mondo. I rivoluzionari della CNT non consentirono l'autopsia per non far scoprire gli orrori compiuti sul corpo dell'ormai defunto Raìs.

Perché a queste persone è stato riservata la morte per sodomizzazione? Si tratta di una pratica che i fanatici islamici riservano solitamente agli omosessuali, una categoria disprezzata e umiliata anche dopo la morte. 
La stampa internazionale, anche quella Italiana, non ha fornito particolari sull'uccisione di Chris Stevens. Il tutto è passato in sordina.

Le associazioni per i diritti degli omosessuali non hanno alzato la voce, vergognosamente tacciono davanti ad un atto macabro ed umiliante. Come le femministe tacciono di fronte alla Shari'a che sta riportando la condizione della donna musulmana ai tempi del Profeta. Le battaglie per i diritti è meglio farle nei paesi democratici, protetti dalle leggi liberali che ci governano. Zitti e mosca su quanto avviene nell'inferno islamico.

Agli Stati Uniti rimane soltanto la supremazia militare. Devono soltanto decidere se inviare navi da guerra, truppe e forze speciali per proteggere i loro interessi strategici ed economici, oltre che i loro connazionali in Medio Oriente, oppure per ritirarsi dai teatri più pericolosi, definitivamente o a tempo determinato. Nel bilancio, sembrano più numerosi i cittadini statunitensi che se ne vanno dalle ambasciate e dai luoghi sotto assedio, dopo aver distrutto montagne di documenti classificati e riservati.

Dal suo ufficio al Pentagono, Leon Panetta, segretario alla Difesa, in un’intervista concessa venerdì scorso e pubblicata ieri dal sito di Foreign Policy, indicava almeno diciotto luoghi a rischio nel mondo, dove i militari a stelle e strisce stanno posizionandosi. Non sufficienti, evidentemente, per ripensare alla strategia della Casa Bianca. A giudizio di Panetta, in realtà, le proteste riflettono l’opinione pubblica del Medio Oriente tanto quanto una «manifestazione del Ku Klux Klan» negli Stati Uniti.

Evidentemente, di rispondere al fuoco, bombardando con i droni obiettivi terroristici in Libia, non se ne parla nemmeno. Almeno per evitare una reazione anti-americana da parte di coloro dai quali si vuole essere considerati liberatori. Si procede al ritiro, graduale ma obbligato, dall’area per l’impossibilità di un ripensamento della politica di Barack Obama. Almeno non nel bel mezzo della campagna elettorale.

Si cercava un «nuovo inizio», invece ci si è diretti a grandi passi verso la fine. Abbandonati, con il pretesto del disarmo, i progetti di cooperazione militare con gli Stati fino ad allora filo-occidentali, era stato lanciato un segnale inequivocabile alle piazze arabe: fate quel che volete, noi non sosterremo più gli uomini forti.

Così avevano delegittimato i regimi tunisino ed egiziano. Per far cadere Muammar Gheddafi in Libia era stato necessario uno sforzo militare ulteriore. Ma il messaggio si era rivelato altrettanto chiaro: ora tocca a voi. Li hanno presi in parola. Alla lettera. È chiaro che aver considerato i fondamentalisti una minoranza «piccola, ma potente » fu un errore perché si tratta invece di almeno cento milioni di persone. Così come si è rivelata illusoria la pretesa e presunta vittoria su Al Qaeda.

Dopo aver spiegato, alle commemorazioni dell’undicesimo anniversario degli attentati alle Torri Gemelle e al Pentagono, che l’organizzazione terroristica islamica intanto si è espansa nello Yemen e in Somalia, Panetta non può spingersi oltre un’ammissione a metà, riconoscendo di aver sconfitto soltanto «l’Al Qaeda che aveva attaccato gli Stati Uniti d’America l’11 settembre ». Tuttavia ora, pur nell’imbarazzo di chi deve far da spettatore di un meccanismo sfuggito dalle mani, rimane l’imperativo di dare continuità alla politica estera.

Per non smentirsi clamorosamente, fino all’eventuale rielezione dell’attuale presidente, Washington si limiterà a condannare il film “L’innocenza dei musulmani”, ma senza sapere come rispondere alle dichiarazioni di guerra santa che arrivano dal mondo islamico. E magari a sentirsi in colpa per non aver ancora deciso se completare il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, per essersi schierata con troppa ambiguità sul programma nucleare iraniano, per non aver ancora deciso esattamente come muoversi nei confronti della Siria e per aver abbandonato Israele al proprio destino, ostacolando la creazione di nuove colonie ebraiche a Gerusalemme.

Sarebbe un passo avanti, se solo nel frattempo ci si fosse interrogati sul significato dell’assenza dell’America sugli equilibri mondiali. In realtà, sono incertezze pericolose, forse addirittura fatali.

Fonte: www.informazionecorretta.it

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Articolo pubblicato il 30/09/2015