Il disastro Volkswagen

The sound of silence

Le reazioni alla clamorosa débacle in cui è incorsa la Volkswagen sono state in tutto il mondo le più disparate ma accomunate, quasi tutte, da un denominatore comune: condanna durissima e senza alcuna attenuante.

L’evento infatti è stato oggetto di attenzione da parte di tutti i settori dell’informazione che a vario titolo hanno affrontato il tema delle conseguenze negative sulla credibilità della Germania in un’epoca in cui la globalizzazione è  imperante e dunque sulle sue possibili ricadute in campo economico mondiale.

Il cittadino comune, anche quello che non possedeva né possiede azioni della Wokswagen, è stato sommerso  e intimorito da un frastuono di commenti rabbiosi, da giudizi aspri anche di carattere etico-morale, da una intransigente anamnesi su episodi passati  ma, soprattutto, dalle terrificanti previsioni che lo scandalo potrà avere sull’economia tedesca e di riflesso su quelle di altri paesi e quindi sui mercati e sull’occupazione industriale, in particolare quella della componentistica che potrebbe dilagare fino a colpire altri settori.

Il disastro in borsa è quello che, per sua natura, si è sviluppato con la maggiore immediatezza (il valore della Wolkswagen si è ridotto di un terzo nel giro di due giorni) tanto che non è facile prevedere se sarà possibile alla casa tedesca e ai maggiori azionisti arginare la caduta dei titoli.

Ma a prescindere da ogni giudizio che, per quanto abbiamo potuto recepire, è venato anche da una sorta di liberatoria rivincita nei confronti dello strapotere economico/industriale della Germania se non anche di tutto ciò che è tedesco e al di fuori delle geremiadi previsionali, ha sorpreso il silenzio, al momento, degli altri costruttori ivi comprese le marche di casa nostra.

Sarebbero state sufficienti brevi dichiarazioni ufficiali sulla regolarità dei dispositivi di contenimento delle emissioni installati sui propri modelli automobilistici o, quantomeno, chiarimenti rilasciati dagli uffici tecnici su tali dispositivi.

Invece nulla.

Rimane dunque nel cittadino comune il sospetto che tale silenzio abbia motivazioni che, se manifestate, potrebbero far emergere altri casi altrettanto gravi e del tutto  simili a quello della casa tedesca.

Le verifiche sui dispositivi di tutte le marche sono state avviate in Europa (compresa l’Italia), negli Stati Uniti e, forse, in Cina ed esse risponderanno probabilmente agli interrogativi dovuti all’apparente disinteresse che ha caratterizzato il comportamento dell’intera industria automobilistica.

 A meno che lo stop delle vendite, la irrogazione delle multe e gli elevati costi dovuti alle spese necessarie per il ritiro dei modelli e per il risarcimento dei danni conseguenti ad eventuali e forse probabili accertamenti positivi non inducano le autorità preposte a considerare l’opportunità di trovare una via d’uscita considerata l’enorme incidenza di tali oneri sul costo economico di ogni singola azienda con le inevitabili, preoccupanti conseguenze sul piano occupazionale.


Con buona pace però della salute dei cittadini !

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Articolo pubblicato il 26/09/2015