L’Italia, come sempre, fanalino di coda nella concessione dei diritti civili

Anche la Repubblica di Malta entra nel club delle Nazioni Democratiche Europee che concedono più diritti al personale delle proprie le Forze Armate.

Alcuni importanti aspetti delle istituzioni militari non sono stati, sino ad ora, trattati con dovizia dalla nostra rivista. Il dottor Melo Cataldi, che ringraziamo, nell’articolo che pubblichiamo compie un’analisi approfondita e comparata sui diritti civili degli appartenenti alla Forze Armate italiane, rispetto a quanto è avvenuto e avviene negli altri Paesi europei

 

“L’Italia ancora una volta rimane al palo quando si tratta di attribuire più diritti ai propri cittadini; l’abbiamo visto recentemente ancora per le unioni civili, lo vediamo adesso anche per i diritti del personale delle Forze Armate.

Esiste, proprio nelle sfere governative e negli ambiti decisionali legislativi, un forte antagonismo per quello che può essere semplicemente il riconoscere quello che la stessa Costituzione gli impone e di contro garantisce al cittadino italiano senza alcuna distinzione.

Un esempio e quello per cui è passato in silenzio, nel mese di febbraio di quest’anno, il fatto che la Repubblica di Malta, dopo quella di Cipro e della Polonia, in parte, recentemente, ha concesso, al personale militare delle proprie Forze Armate, un altro dei diritti civili e direi ormai classificabile, per la sua portata vitale, tra quelli fondamentali, quale quello della sindacalizzazione, attraverso l’Amendments of the Malta Armed Forces Act. Cap. 220 e l’introduzione degli artt. 184 e 185, pubblicati sul Suppliment tal-Gazzetta tal-Gvern ta’ Malta, Nru. 19,385, 20 ta’ Frar, 2015Taqsima A.

La minuscola e pur fondamentale Isola, nel panorama strategico, politico e militare del Mediterraneo,  ha riconosciuto al proprio personale militare uno dei diritti civili ormai ritenuti come elementi fondanti e rappresentativi di qualsiasi Nazione Democratica e cioè quello della libertà sindacale, altrimenti detto e pure conosciuto, in senso lato, anche associazionismo professionale.

Il legislatore maltese ha voluto, contemporaneamente, provvedere ad ampliare un diritto,già previsto per le proprie Forze di Polizia, in quanto queste già godevano di una libertà associativa in ambito professionale, attraverso l’Amendments of Police Act. Cap. 164, gli Amendment degli artt. 2, 7, 14, 21, 37 e 105 e la cancellazione dell’art. 37, del Titolo III, Parte II e della Sec onda e Terza Scheda, ricollocando così quella rappresentanza dall’ambito professionale a quello sindacale vero e proprio ed a fornire di questo diritto anche il personale militare, però sotto forma di associazionismo professionale.

Difatti, per le Forze Armate, il legislatore maltese, essendo stato per quasi due secoli agganciato al modello britannico, in questo caso non si è voluto allontanaremolto da quello ed ha inteso non creare la possibilità di un sindacato vero e proprio per le Forze Armate, alla stessa stregua di quanto, ora, previsto per le Forze di Polizia maltesi, bensì, ha voluto concedere, al personale militare,la libertà di associarsi e farsi rappresentare da un qualsiasi sindacato legittimamente presente sul territorio maltese. Insomma una grande conquista per i diritti civili, in questo caso del personale militare maltese

Questa formula, quella della possibilità d’iscriversi ad un sindacato nazionale, risulta analoga a quella utilizzata dalla Gran Bretagna, ove, seppur è vietato costituire un sindacato, è ammesso che il personale militare si possa iscrivere ad un sindacato nazionale, anzi è in questo senso incoraggiato a farlo proprio dal Ministero, soprattutto nei pressi del termine della propria attività professionale per poter meglio inserirsi poi nel tessuto sociale.

Di recente, come già detto, la Repubblica di Cipro, anch’essa Paese dell’Unione Europea, ha concesso il diritto all’associazionismo professionale al personale delle proprie FF.AA. ma anche la Francia, dopo la doppia sentenza della CEDU, risulta ormai prossima alla medesima concessione, in quanto la legge di modifica è già stata approvata all’Assemblea Nazionale e si aspetta solo il passaggio in Senato.

Il fatto che anche Malta, quest’anno, ha optato per tale allargamento e concessione di diritti al proprio personale militare e di polizia, è un elemento che ne permette l’entrata a pieno titolo in quello che è comunemente chiamato il club delle Nazioni Democratiche, soprattutto ora, per quanto attiene l’attribuzione di diritti al personale delle Forze Armate al pari di quelli attribuiti ordinariamente al cittadino non in uniforme, da cui risultano, escluse ormai solo l’Italia, la Grecia, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Repubblica Ceca e Slovacca e la Bulgaria.

Nei restanti 19 paesi della Comunità Europea vi è il riconoscimento totale del diritto alla rappresentanza professionale, cioè la così detta sindacalizzazione; in Norvegia dal 1835, in Svezia, Finlandia, Belgio, Danimarca, Olanda da fine XIX secolo, in Germania dal 1959, mentre in altri paesi quali la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda, la Slovenia, la Croazia, la Romania, la Polonia, la Gran Bretagna ed adesso Malta e Cipro e a brevissimo termine anche la Francia, è permesso l’associazionismo professionale per le Forze Armate.

Ma come ripeto, l’Italia, purtroppo, a causa di fortissime lobby a livello nazionale e di vertice, sia gerarchica, che paradossalmente anche rappresentativa, quest’ultima dipendente oggettivamente e disciplinarmente dalla prima, ancora oggi si discute se attribuire una maggiore potestà contrattuale ad un “sindacato giallo”, quale sostanzialmente è oggi in Italia la rappresentanza militare o concedere, come dovrebbe effettivamente essere, l’esercizio di un diritto sacrosanto e fondamentalmente civile, per una nazione democratica che così si voglia proporre, ossia la libertà sindacale nella sua forma più conosciuta e peraltro già sperimentata, con ottimo successo,dal 1981 con la famosa legge 121 dalla Polizia di Stato, dal Corpo della Forestale, dalla Polizia Penitenziaria, ai quali non sembra quest’apertura, negli ultimi 34 anni, abbia creato disvalore o difficoltà di alcun genere, anzi.

Oggi, in Italia, si corre un serio pericolo quale quello di assuefarci, in materia di riconoscimento dei diritti civili (si dibatte ancora oggi ferocemente sul riconoscimento dei diritti civili dei gay, quando nelle Forze Armate U.S.A. si è già riconosciuto il diritto di genere) ad uno stallo che vede la Nazione essere il fanalino di coda dell’Europa, dove invece esiste, da più di un secolo, uno zoccolo duro di Paesi (i così detti Paesi Nordici, dall’Olanda e Belgio a salire, che i detrattori nazionali dell’ampliamento e riconoscimento dei diritti naturali e fondamentali generali si divertono a schernire per mancanza di argomenti sostanziali e di diritto) in cui i termini “Democrazia” e “Libertà” hanno un determinato e preponderante valore e soprattutto un senso pratico”.


Dr. Carmelo Cataldi

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/09/2015