Affaire Volkswagen

La mitologia germanica traballa?

Egr. Direttore, 

si potrebbe associare l’affaire  Volkswagen, al titolo di un famoso film di un famoso regista italiano: “La caduta degli Dei”.

Il terremoto che ha colpito il Walhalla sta scuotendo il trono di Odino-Merkel.  Purtroppo l’onda tellurica sta distruggendo valore a tutta l’industria automobilistica e, come al solito, paga per tutti il povero risparmiatore titolare di azioni di settore.

Eravamo ormai tutti indottrinati: i prodotti tedeschi sono i migliori, la serietà industriale teutonica è inarrivabile… uber alles in der welt. Quindi, imprenditori di tutto il mondo ed italiani in prima battuta chinate la testa davanti a tale superiorità e ritenetevi di serie B.

Quanto sta accadendo ci deve far riflettere sull’indiscutibilità della qualità e della deontologia industriale germanica.

Ma “se Atene piange, Sparta non ride”: prendiamo atto che l’Italia ha costruito con costanza e coerenza il proprio fallimento, mattone dopo mattone.

Siamo stati tra le prime grandi potenze industriali del mondo poi, dopo tangentopoli, con l’internazionalizzazione del nostro debito, l’Italia è caduta in pasto alla grande speculazione internazionale e da allora, sotto ricatto finanziario, tutti i nostri gioielli sono passati di mano, lasciandoci col cerino spento e permettendo all’Europa di monsieur Elysee und frau Bundestag di farla da padroni.

Infiniti sono i nostri mea culpa : le nostre produzioni che varcavano sovente anche i confini tedeschi sono state minate dall’azione deleteria e purtroppo congiunta di governi e sindacati autoreferenziali ed il  forzato trasferimento dei nostri grandi gruppi industriali al sud, finanziato in modo  clientelare e truffaldino, ha creato  centri produttivi caratterizzati da inefficienza produttiva, economica e qualitativa.

Politicanti schierati e miopi hanno, inoltre, sovente impedito l’insediamento di grandi gruppi internazionali nel nostro paese  (vedere la questione Viglione-Saint Gobain).

I problemi degli altri devono però convincere i nostri industriali a riprendere coscienza delle grandi capacità e potenzialità produttive che ci contraddistinguono (sperando che legislazioni miopi e politiche governative assassine non portino a totale disfacimento la parte sana restante del nostro sistema imprenditoriale) ed a noi consumatori ad acquistare italiano e credere nel futuro del Made in Italy.

 

                                                                                                Giulio Rigotti

 

 

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Egregio Sig. Rigotti,

Ciò che Lei così acutamente associa ad un capolavoro non è altro che lo specchio di un naufragio cui non manca lo Schettino di turno.

Un fulmine a ciel sereno mi verrebbe da dire, ma oggigiorno sono più le nuvole a farla da padrone.

E quando il cielo si squarcia, sono tuoni e lampi più che raggi di sole divenuti peraltro sempre più rari e privi di calore. 

L'affaire  Volkswagen , come Lei vuole rimarcare, non è che uno dei tanti che quotidianamente vengono a galla quando esiste la volontà di renderli pubblici, di sacrificarli sull'altare dell'onestà che sempre meno appartiene a quella che molti chiamano "società civile".

Ma anche di darli in pasto a quegli stessi malati di esterofilia sempre pronti ad esaltare ciò che viene dall'estero a discapito delle nostre produzioni commerciali ed industriali che hanno segnato la storia mondiale prima della tanto agognata "globalizzazione".

Peccato che a farne le spese, come sempre, sia l'anello più debole della catena e mi riferisco a chi rende operativamente concreto il disegno di chi progetta spesso con quel "senso di responsabilità" che mette il profitto immediato davanti alle future possibili conseguenze. 

Le connivenze politiche, a tutti i livelli, sono ormai all'ordine del giorno ed appartengono alla storia contemporanea, quella con cui i nostri figli si sono dovuti rassegnare a convivere senza condividere per sopravvivere, mi scusi il bisticcio di parole, ed i nostri nipoti dovranno combattere con tutte le forze residue per evitare la totale cancellazione della volontà individuale.

Il polverone teutonico, mi creda, sarà presto spazzato da nuove correnti di bassa quota che proporranno fatti e misfatti in grado di attirare la massima attenzione dimenticando il passato prossimo.

E' il gioco delle parti, quello che il popolo ha voluto accettare senza ribellarsi prima che il tutto divenisse consuetudine consolidata, mal consigliato da sindacati che hanno perso di giorno in giorno il loro valore strategico facendo fuoco e fiamme "coram populo" ed accettando supinamente dietro le quinte.

Per cui non posso compiacermi di ciò che sta accadendo in Germania; tuttavia un certo senso di rivincita verso i "saccenti bacchettoni d'oltralpe e dintorni" faccio fatica a nasconderlo.

Chiudo con una malignità; ma tutto ciò che sta colpendo l'industria automobilistica tedesca era noto da tempo: come mai il fatto è esploso in maniera dirompente soltanto adesso? Non ci sarà mica lo zampino della "concorrenza"?

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 23/09/2015