Il gioco della politica in Parlamento

Incostituzionalità ed emendamenti

Indipendentemente dal giudizio di valore che ciascuno può avere sull’attuale situazione politica del nostro Paese e dunque sui meriti o demeriti dell’uno o dell’altro schieramento di parte, due sono principalmente i freni che attualmente impediscono una concreta marcia in avanti dei nostri rappresentanti in Parlamento: le eccezioni di incostituzionalità dei provvedimenti legislativi da adottare o di parte di essi, e l’utilizzo pretestuoso di alcuni strumenti, come l’uso indiscriminato degli emendamenti, per farli  respingere o modificare.

Non si vuol qui contestare che le une e gli altri (eccezioni di incostituzionalità ed emendamenti) costituiscano iniziative legittime e assolutamente democratiche, anzi, è esattamente il contrario ma con qualche necessaria precisazione.

L’eccezione di incostituzionalità, diventata ormai nella stragrande maggioranza dei casi una opposizione di stile o, per usare una metafora, “buona per tutte le stagioni”, è di fatto un’eccezione di carattere sostanziale mentre la presentazione di stravaganti emendamenti di comodo si caratterizza rispetto alla prima perché è  anche una eccezione di “movimento” in quanto incide o vorrebbe incidere, in particolare, sul  solo dinamismo dell’iter parlamentare.

Se tale opinione risponde a verità sembra inevitabile che occorra, nel reale interesse dei cittadini, decidere, da un lato, se mettere finalmente in discussione  la nostra Costituzione -come ormai da tempo si sostiene- per adattarla  alle attuali esigenze del Paese, dall’altro se dare una rilettura al concetto politico/filosofico di democrazia.

A prescindere dalla opportunità o meno di proporre un sistema politico diverso, il chè, ad avviso di chi scrive, è assai arduo oltre che velleitario, per quanto riguarda la revisione della Costituzione il continuo rinvio di una imprescindibile attività di studio e di riflessione da parte degli organi a ciò preposti  per una sua rimodulazione in linea con i tempi dimostra non soltanto una endemica incapacità di assumere iniziative ormai non più procrastinabili ma anche e soprattutto un freno al dinamismo dell’attività parlamentare  ripiegata su sè stessa e volta, per la maggior parte, a difendere  particolarismi che il Paese da troppo tempo non comprende e non tollera più.

Di ciò non sembrano volersi rendere conto  neppure i più illuminati fra i nostri politici (ammesso che ne esistano).

Se taluni comportamenti tenuti dai parlamentari rientrano nell’ambito di un gioco politico ammissibile e comprensibile perché svolto secondo norme codificate vuoi dalla Costituzione vuoi dai regolamenti parlamentari  come, tanto per fare un esempio, l’allontanamento volontario dall’aula durante una votazione per far venire meno il numero legale, altri sistemi appaiono decisamente intollerabili perché  contravvengono a quelle norme a cui abbiamo fatto riferimento.

Come quello, oggi sempre più utilizzato, di ricorrere alla presentazione di migliaia di emendamenti: in questo caso si è pensato addirittura, ne siamo venuti a conoscenza soltanto in questi giorni, di ricorrere ad un algoritmo per aumentarne il numero a dismisura, fino ad oltre un milione (ad esempio i provvedimenti sull’abrogazione del Senato) !

Il gioco degli emendamenti tocca poi il livello più basso quando, pur avendo una loro presunta dignità perché rappresenterebbero –secondo i proponenti- ideali o valutazioni di ordine morale e religioso (ad es. per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti civili degli omosessuali), viene giustificato con motivazioni talmente assurde da sfidare il buon senso degli italiani o, almeno, di quei pochi italiani che, ancor oggi, guardano al Parlamento non soltanto come ad una istituzione seria ma anche di sicura attendibilità democratica.

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Articolo pubblicato il 22/09/2015