Giornali, caffè, teatri e altri divertimenti della Torino del 1881 – prima parte

La ricognizione nella Torino descritta dal libro “Il viaggio per l’Italia di Giannettino” di Carlo Collodi analizzata da un articolo di Giuseppe Gallico del 1926

Si avvia alla conclusione la nostra ricognizione nella Torino descritta dalle pagine del libro “Il viaggio per l’Italia di Giannettino” di Carlo Collodi (edito a Firenze, 1880 – 1886).

Giannettino, il protagonista del libro, termina la serie delle sue descrizione agli amici fiorentini Minuzzolo e Adolfo dei diversi aspetti di Torino, dove ha fatto un viaggio in compagnia del suo maestro, il dottor Boccadoro, parlando dei “Giornali, Caffè e Teatri” e dei “Divertimenti pubblici” della nostra città (m.j.).

 

Giornali, Caffè e Teatri.

- Quanti giornali si stampano a Torino? domandò Adolfo.

- Tra giornali politici, letterarj, scientifici, religiosi e umoristici, se ne stampano più di cento.

- E quanti Caffè vi sono?

Mi diceva il dottor Boccadoro che non c’è in Italia un’altra città che abbia tanti caffè, quanti Torino. Da un conto fatto a occhio e croce, Torino avrebbe più di 160 Caffè, e, alcuni di questi, bellissimi e molto popolati, come il caffè Fiorio, il caffè Romano, la Meridiana, il Cambio, il Parigi, il Ligure, il Nazionale, il Piemonte e tanti altri. Una cosa singolarissima dei caffè di Torino è questa: che avendo voglia di leggere, vi si trovano giornali a bizzeffe: giornali politici, letterarj, scientifici, umoristici e anche illustrati.

- Rispondi ora a me - disse Minuzzolo – Delle botteghe di paste dolci e delle Confetturerie ce ne sono molte?

- Moltissime: più di sessanta. E che paste buone e delicate! E che vermouth prelibato, proprio di quello di Torino, fatto a base di vin bianco con infusione d’erbe aromatiche, e oramai notissimo anche fuori d’Italia!

- Ne hai portati punti di que’ confetti e di quelle cioccolatine a Firenze?

- Volevo portarne qualche scatola: ma poi me ne sono dimenticato!

- Benedetto figliolo! - disse Minuzzolo – Tu avrai molta memoria per imparare le lezioni di scuola; ma per comprare i confetti, scommetto che ho più memoria io!...

- E i teatri di Torino quanti sono?

- Mi pare, undici. Il Teatro Regio, teatro veramente splendido, accanto al Palazzo Reale: il Teatro Carignano, che è il primo teatro di prosa della città: il Gerbino, il Circo Balbo, il Nazionale, il D’Angennes con le marionette, il Rossini, lo Scribe, il Vittorio Emanuele, il Teatro Alfieri, e l’Arena Torinese.

 

Divertimenti pubblici.

- Vi sono molti divertimenti a Torino? – domandò Minuzzolo.

- Io non posso risponderti né si né no; perché ci feci una fermata di pochi giorni: ma il dottor Boccadoro mi diceva che i Torinesi sanno lavorare quando è tempo, e quando è tempo sanno anche divertirsi. Che siano industriosissimi e che sappiano lavorare, lo dimostra il fatto, che, partita la Capitale, la loro città diventò più florida anche di prima: che sappiano poi divertirsi, quando è tempo, si capisce dalla loro passione per le scampagnate geniali, dai loro teatri quasi sempre aperti, dalle loro molte riunioni private o Circoli, come tu li voglia chiamare, e dalla vita socievole e allegra che fanno nei Caffè, affollatissimi sempre di gente. E un’altra cosa sanno fare i Torinesi – mi diceva il Dottore; - sanno anche istruirsi, e per provartelo, ti citerò la statistica delle scuole , dalla quale si rileva che Torino, fra le città del Regno, è quella che ha meno analfabeti di tutte le altre.

 

A quasi 150 anni di distanza, non ci sentiamo di commentare adeguatamente quanto scritto da Collodi nel 1881 a proposito di caffè e teatri torinesi. Facciamo quindi ricorso all’articolo di Giuseppe Gallico, letterato e giornalista di origine biellese, intitolato “La Torino del Collodi”, pubblicato su «La Stampa» del 4 aprile 1926, dopo quasi mezzo secolo. Su questo tema Gallico scrive:

 

[…] Ai tempi del Collodi era esatta una constatazione che è ancor vera oggi, parzialmente però: «Non c’è in Italia altra città che abbia tanti Caffè quanti Torino». Ora si può rettificare così: nella nostra città resistono ancora vari Caffè dove si può stare a conversare seduti in soffici sofà, in brigata, a sorseggiare, si di mattina, il famoso «bicerin» (caffè, latte, cioccolatte) esaltato persino da Dumas padre, e, lungo la giornata, il caffè, leggendo giornali politici, letterari, scientifici, umoristici e riviste, illustrati italiani e stranieri. […]

Quale storia interessante potrebbero narrarci alcuni caffè nominati dall’attento visitatore, storia che questi ignorava, ma sanno i vecchi torinesi, che videro per anni ed anni ai tavolini del «Florio» Giovanni Prati, vecchio e quasi cieco, sempre col «virginia» [sigaro, n.d.a.] in bocca, che seppero dei geniali conviti nella «Meridiana» (scambiato dal Collodi per un Caffè), a cui convenivano il De Amicis, il Giacosa, il Corradino, il Molineri e altri rappresentanti della «élite» intellettuale torinese.

I Caffè richiamano per associazione d’idee, alla mente di Giannettino, il «vermouth», i dolci, le pasto delicate di cui Torino nostra ebbe, ed ha, il primato.

Venti, trent’anni dopo, un poeta torinese, conosciuto ancora soltanto dai suoi amici studenti di leggi e di lettere e da qualche vezzosa «totina», metterà il suo nome: Guido Gustavo Gozzano, sotto una lirica - invano la cerchereste nei «Colloqui» - che… canta le belle signore che gustano pasticcini e «fondants» da Baratti.

(prima parte – continua)

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Articolo pubblicato il 29/09/2015