«… la popolazione torinese, in generale, è educatissima e compitissima»

Dal libro di Carlo Collodi “Il viaggio per l’Italia di Giannettino” emerge una descrizione dei Torinesi del 1881 che ormai appartiene alla “Torino scomparsa”

Nella nostra disamina della Torino vista da Carlo Collodi nel suo libro “Il viaggio per l’Italia di Giannettino” siamo giunti al capitolo “Un po’ di tutto”, dove sono fornite indicazioni varie sulla nostra città.

Ricordiamo che “Il viaggio per l’Italia di Giannettino”, destinato all’uso scolastico e alla formazione culturale dei ragazzi italiani, venne pubblicato, in vari volumi, dall’editore fiorentino Felice Paggi dal 1880 al 1886.

Di Torino si parla nel Capitolo X della Prima Parte, dedicata a L’Italia Superiore, apparso nel 1881 e riproposto nel 1992 da Maria Pacini Fazzi Editore di Lucca, in un volumetto a tiratura limitata (m.j.).

 

Torino viene descritto tramite i racconti che Giannettino fa ai suoi amici fiorentini Minuzzolo e Adolfo del suo viaggio fatto nella nostra città in compagnia del suo maestro, e mentore, il Dottore Boccadoro.

Per vivacizzare l’esposizione dei dati, Collodi immagina un dialogo che parte dal pregiudizio che a Torino non possano esserci giornate calde e che il clima sia sempre rigido. 

Un po’ di tutto.

Un giorno che il sole scottava proprio la pelle, dissi al Dottore [il maestro di Giannettino, n.d.r.]

- Non avrei mai creduto di trovare a Torino un caldo così prepotente!...

- In questa stagione, caro mio – rispose il Dottore – da un po’ più a un po’ meno, è caldo da per tutto. A Torino poi ti dirò che si trovano i due estremi della temperatura: cioè, nell’inverno, un freddo pungentissimo e nell’estate un caldo da bollire. Ma il clima della città, peraltro, è sano quanto nei gran freddi, quanto nei grandi bollori.

Una cosa singolare di Torino è questa: che il vento non vi tira quasi mai, nemmeno nel cuor dell’inverno.

- Quanti abitanti fa Torino?

- Circa 270,000.

- Com’è la popolazione?

- Quel tal signore, che trovai al caffè col dottor Boccadoro [non è nominato, ma dovrebbe trattarsi di Edmondo De Amicis, n.d.a.], mi diceva che la popolazione torinese, in generale, è educatissima e compitissima.

Di fatti, anche per le strade non vedi altro che grandi saluti e grandi scappellature: la gente si scansa con premura per lasciarti libero il passo, i negozianti e le persone che stanno a bottega riaccompagnano garbatamente gli avventori fin sulla porta del magazzino: il cameriere della trattoria serve con rispetto l’avventore, il fiaccheraio riverisce, il giornalaio ti ringrazia del soldo che gli hai dato per comprare il giornale, le ortolane, perfino le ortolane, si scambiano fra loro il titolo di madama come se fossero tante Contesse, e in tutti i luoghi dove vai, senti spessissimo ripetere qua e là: ca fassa grassia, ca scusa

- Che cosa vuol dire? – domandarono i ragazzi.

- In buon italiano vorrebbe dire: faccia grazia, scusi – come noi si direbbe: Abbia pazienza!Mi permette?Si contenta?Scusi tanto.

 

A commento delle affermazioni sul clima torinese di Collodi, riprendiamo la descrizione riportata dalla “Guida di Torino” di E. Borbonese, apparsa a Torino nel 1898, quindi circa vent’anni dopo.

Secondo Borbonese, «Situata quasi nel mezzo dell’emisfero boreale, riparata dall’impeto delle forti burrasche, quasi equidistante dalle montagne e dal mare, la nostra città si trova in favorevolissime condizioni climatologiche, e il suo clima è classificato fra i temperati. […]

La nostra città non va soggetta a venti gagliardi, né a repentini cambiamenti di temperatura».  

Quanto al numero di abitanti, Collodi parla di «Circa 270,000» mentre la “Guida di Torino” di Borbonese riporta, per il 1881, il numero di 249,827, secondo i dati del Censimento ufficiale al 31 dicembre di quell’anno.

Appare più interessante la parte dove Collodi descrive il carattere della popolazione torinese, molto probabilmente sulla base di quanto aveva scritto De Amicis nel volume collettaneo “Torino 1880”, pubblicato da Roux e Favale nel 1880.

Leggiamo questa descrizione con un po’ di rimpianto perché ci rendiamo conto che il quadro presentato da Collodi appartiene ormai alla “Torino scomparsa”.

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Articolo pubblicato il 22/09/2015