Russia e Cina vanno a braccetto per il dominio eurasiatico del gas

Con il conflitto in Ucraina la prospettiva degli approvvigionamenti gas è molto peggiorata

La recente scoperta di un giacimento di gas da parte dell' ENI nelle acque dell' Egitto è sicuramente una notizia che ci fa ben sperare per il futuro degli approvvigionamenti di energia in Italia, anche se per lo sfruttamento del giacimento bisognerà aspettare qualche anno prima che vengano messi in funzione gli impianti di trivellazione e di distribuzione del prezioso combustibile, di cui abbiamo tutti vitale necessità. Abbiamo quindi un costante bisogno di approvvigionarci a sufficienza con il gas che tuttora proviene dal gasdotto con la Libia e da quello con la Russia, anche se buona parte del combustibile viene trasportato via mare compresso allo stato liquido, e poi rigassificato nel territorio italiano.

Peraltro il recente ribasso del prezzo del petrolio, ormai costantemente sotto i 50 $ al barile, è un' ulteriore e significativa spinta alla nostra economia che ha un' estrema necessità di un basso prezzo delle materie prime, avendo costruito negli anni l' Italia un' economia basata sui processi di trasformazione, che ci pone ai primissimi posti nel mondo per la nostra struttura industriale, seconda in Europa solo alla Germania. La differenza tra noi ed i tedeschi sta sostanzialmente nella composizione delle aziende industriali, in quanto in Italia oltre il 90% delle imprese di produzione e trasformazione è di taglia medio- piccola, mentre la Germania si basa essenzialmente su quelle più grandi.

Solo per fare un esempio l' industria automobilistica tedesca è rimasta tutta in Germania ( Mercedes, BMW, Opel, Porsche, e la più grande di tutte a livello mondiale con oltre 9 milioni di autovetture prodotte all' anno : Volkswagen). In Italia anche FIAT ha dovuto cedere il passo all' economia globalizzata formando la nuova FCA, con sedi in Olanda ed in Inghilterra, anche se permangono in Italia molti stabilimenti di produzione, tra i quali il modernissimo impianto di Mirafiori a Torino.

Il futuro della nostra economia non è però al riparo delle incertezze e delle ciclicità dei prezzi delle materie prime, quali il petrolio, dalla mai sopita politica internazionale di scontro di interessi economici e territoriali, dai numerosi conflitti  nel mondo generati da tale politica, come in Ucraina ed in buona parte del Medioriente ed in Africa. Lo scontro ancora in atto tra le superpotenze per questioni di supremazia geopolitica addensano nuvoloni neri nel cielo della economia globale, specialmente nei Paesi come l' Italia che non è autosufficiente dal punto di vista energetico ( Centrali nucleari non presenti come in Francia ed in Germania ). 

Pertanto riteniamo interessante pubblicare uno speech molto lucido ed interessante del professor Patrice Loch Otieno Lumumba per quanto riguarda i rapporti tra le superpotenze dal punto di vista energetico soprattutto. PLO Lumumba è uno degli uomini più influenti in economia di tutta l' Africa ed è attualmente direttore del Kenya School of Laws, dopo avere ricoperto dal 2010 al 2011 la carica di direttore della Commissione anticorruzione del Kenya. Nel discorso sono presenti molti riferimenti anche all' Italia.

L'escalation degli scontri tra pro russi e il montante pseudo europeismo antirusso dell’attuale governo ucraino, mettono in pericolo sempre più le prospettive dei rifornimenti di gas per l’Europa occidentale.

Sul fronte occidentale si ritiene che questo non costituisca un problema, perché la nuova tendenza a estrarre gas di scisto da campi in pieno sviluppo negli USA dovrebbe controbilanciare, in caso di riduzione nell’arrivo di gas russo (qualcuno può dubitare che le compagnia petrolifere occidentali, le “sette sorelle” come le chiamava Enrico Mattei, vedano di buon occhio questa prospettiva?). E, al contrario, si ritiene che sarà Putin a soffrire poiché in questo caso si ridurranno i suoi introiti, già molto compromessi e compressi a seguito della crisi ucraina.

Insomma: la strategia di scontro con la Russia che gli ambienti atlantici hanno seguito in questi ultimi mesi, starebbe dando come frutto non solo un isolamento  politico del gigante eurasiatico, ma anche un notevole peggioramento delle sue condizioni economiche. Del resto ogni scontro nel XXI secolo si manifesta anzitutto sul terreno dell’economia.

Ma ecco la novità: il 21 maggio 2014 Vladimir Putin, presidente russo, e Xi Jinping, segretario generle del Partito comunista cinese nonché Presidente del Paese (in pratica, il “Mao” dei nostri giorni) a Shanghai hanno firmato un accordo che coinvolge Gazprom da parte russa e la Compagnia Nazionale del Petrolio Cinese (CNPC) dall’altro lato. L’accordo prevede la fornitura alla Cina di 38 miliardi di metri cubi all’anno (bcm, billion cubic meter) di gas. Ha durata trentennale con partenza dal 2018, e include una clausola che permette che la fornitura possa estendersi a 60 bcm. Il valore del contratto è stimato in circa 292 miliardi di euro ed è considerato da Alexei Miller, il consigliere delegato di Gazprom, come “il più importante mai firmato dalla compagnia”, secondo quanto riferisce Interfax. In realtà non si conosce quale sia il prezzo al quale il gas russo sarà acquisito dall’economia cinese tra qualche anno. E certamente non è un contratto di questo genere che risolverà i problemi energetici di un Paese vasto e popoloso come la Cina: ma è un inizio importante.

Sullo sfondo del crescente impegno in particolare dell’industria tedesca nell’economia cinese, si può notare che si va configurando un convergere di interessi che hanno come centro gravitazionale la zona eurasiatica: Russia, Germania e Cina.

Sull’immediato non resta che constatare che, com’è ovvio, in caso di drastica riduzione delle esportazioni sul mercato europeo occidentale, la Russia avrà di che compensare con l’aumento delle vendite a Oriente.

Sul piano geopolitico si nota come si vada rafforzando da un lato una logica transatlantica che propugna lo scontro in Ucraina al fine ridurre gli “spazi vitali” ovvero la sfera di influsso russa in Europa, e dall’altro lato la logica di un aumento degli scambi nella “landmass” continentale eurasiatica (con la Germania stiracchiata da un lato e dall’altro: i suoi interessi oggettivi pendono a est, la sua alleanza politico militare la spinge a ovest).

Perché, malgrado l’amara lezione che l’umanità ha sofferto durante i due conflitti mondiali nella prima metà del XX secolo, c’è ancora molta gente che ama giocare col fuoco.

Helmut Schmidt, l’ex cancelliere tedesco, socialista e certamente atlanticista di lungo corso, ha recentemente dichiarato alla Bildt Zeitung, il più diffuso rotocalco tedesco, che la situazione che si è venuta a costituire in Europa con la crisi in Ucraina ricorda quella precedente la prima guerra mondiale, e ancora, avvertiva preoccupato, sembra prendere forma il rischio di un conflitto.

Il paragone con quanto precedette la prima guerra si riferisce proprio al maturare di una forte intesa economica tra le zone dell’Europa centro orientale e l’Asia; e al fatto che le potenze atlantiche (Gran Bretagna allora, Gran Bretagna e USA ora) intendano ostacolare questi sviluppi, anzichè (come potrebbero benissimo fare) favorirli e giovarsene a loro volta.

Ma allora non c’era l’Onu, non c’era Internet, non c’era la cultura della pace tra i popoli che ha preso piede dopo la fine del secondo conflitto mondiale.

Purtroppo quel che non ha ancora preso piede, è una politica economica che traduca in fatti l’ambizione universale alla pace e alla collaborazione: sul piano economico infatti, oggi come allora prevale la tendenza al darwinismo, al comportamento “predatorio” della finanza che opera sul brevissimo termine in assenza di accordi politici che la costringano a ridirigersi verso investimenti di medio lungo periodo, gli unici che possono riversarsi sul miglioramento dei livelli di vita generalizzati della popolazione. Senza i quali, ogni popolo diviene facile preda di incendiari e sobillatori, facile vittima della destabilizzazione.

Quanto sta avvenendo in Ucraina, il paese che dalla padella di Putin sta facendo di tutto per cadere nella brace del Fondo Monetario Internazionale, è una dimostrazione proprio di questo.

Nel 1920 a Rapallo la Germania e la Russia (allora URSS) strinsero un accordo per favorire i commerci tra loro: anche l’Italia ne avrebbe beneficiato. Rathenaul, il ministro tedesco che ne era stato l’artefice, fu assassinato poco dopo e dell’accordo non si fece nulla. Quanto accadde in seguito, in Italia, in Germania, in Russia e in Europa e nel mondo è ben noto.

L’alternativa alla logica dell’intesa e della collaborazione è la logica dello scontro e della distruzione.

 



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Articolo pubblicato il 22/09/2015