Guerra in Siria: i profughi siriani ed il loro accoglimento nel mondo

L' ondivago Obama sembra cercare una catarsi storica per le proprie responsabilità in Medioriente, ma a spese dell' Europa

Recentemente Obama ha annunciato che gli Stati Uniti accoglieranno circa 10.000 profughi dalla Siria. Dal 2011 gli USA solo 1500  : ben poca cosa in confronto all' Europa che ne sta accogliendo a centinaia di migliaia, anche tenuto conto del fatto che le maggiori responsabilità delle traversie che sta subendo la Siria sono da ascriversi proprio agli USA ( parimenti alla Russia che sostiene Assad, al quale Obama si oppone) e non certamente all' Europa, perlomeno in questo caso. Manovre geopolitiche che ci risparmieremmo volentieri, tutto sommato, anche perchè chi ne fa le spese è proprio il popolo siriano, che è costretto a fuggire in massa dalla guerra e non ha alcuna responsabilità dei giochi di potere che si stanno svolgendo sulle proprie teste, se non per la volontà di far decadere il dispotico Bashar el Assad, colui che usò i gas nervini contro il suo stesso popolo.


In Siria c’è una guerra civile nata dalla rivoluzione del popolo siriano contro il regime dittatoriale di Bashar el Assad, presidente per discendenza, figlio di un padre, Hafez, altrettanto dispotico e spietato. Se si compara la percentuale di morti, soprattutto tra i civili, causata dalle azioni dello Stato islamico e quella prodotta dalla campagna militare del governo contro i ribelli, si scoprirà con sorpresa che lo spietato IS è responsabile di meno di un decimo delle vittime. Più di nove morti su dieci (parliamo di cifre che in questo momento stanno toccando quota 240 mila in totale) sono state causate dagli attacchi del regime.

 

La Siria subisce molto l’influenza iraniana, anche perché gli Assad sono sciiti alawiti e, sebbene vengano da una formazione politica come quella laica baathista, sono parte dell’asse sciita che Teheran nel tempo ha creato (Iran-Siria-Iraq-Libano-Yemen). Gli Stati Uniti negli anni della guerra d’Iraq, cercarono di avvicinare la Siria come partner nella lotta all’estremismo islamico. Assad si erse a bastione laico contro il fondamentalismo, ma in contemporanea (probabilmente sotto coordinamento iraniano) faceva da campo base per ogni genere di gruppo combattente jihadista.

 

In Siria, durante la guerra irachena, trovarono appoggio sia le milizie sciite più spietate, che usavano il territorio come retrovia per ricevere rifornimenti diretti dall’Iran, sia le fazioni sunnite come al Qaeda. Militanti che, dalla logistica siriana, passavano all’azione sul suolo iracheno contro le truppe occidentali. Recentemente il generale a quattro stelle dei Marines Joseph Dunford ha ammesso che sarebbero 500 i militari americani morti per attentati ricollegabili all’Iran durante l’occupazione irachena: molti di loro presero le armi in Siria. La Siria otteneva in cambio di questo genere di ospitalità la stabilità interna: al Qaeda non colpiva in suolo siriano (anche perché i salafiti locali erano liberi di andare a combattere il jihad iracheno), mentre le milizie sciite diventavano man mano gruppi paramilitari interni, di potere, che appoggiavano il regime. Perfino il PKK, che non è un gruppo jihadista ma sono i guerriglieri estremisti curdi che combattono il governo turco, fece base a Damasco.


Nel 2009 e nel 2010 Kerry ( Segretario di Stato USA e inviato di Obama per le questioni che qui trattiamo) incontrò molte volte Bashar Assad. L’obiettivo, sulla linea della politica di apertura e mano tesa dell’Amministrazione Obama anche nei confronti di “stati canaglia”, aveva una sua profondità geopolitica: l’accordo con l’Iran era lontano a quei tempi, la Repubblica Islamica non ancora riqualificata era il principale dei nemici, e dunque si doveva cercare di allontanare la Siria dall’influenza iraniana. Era l’inizio del 2011, ancora non erano scoppiate le proteste che poi si sono trasformate in rivoluzione contro il regime, quando Kerry diceva: «Beh, io personalmente, credo che, voglio dire, questa è la mia convinzione va bene, ma il presidente Assad è stata una persona molto generosa con me, nei termini delle discussioni che abbiamo avuto».

 

Assad stava soffocando il suo popolo e lo stesso Kerry a fine 2011 (qualche mese dopo della dichiarazione in cui Assad veniva definito «una persona generosa») disse che «la brutale repressione in Siria rischia di finire fuori controllo e portare a uccisioni di più civili».

Le tensioni diplomatiche aumentarono fino al 2013, l’anno dell’attacco chimico siriano a Damasco. Assad gasò col sarin la sua gente, colpendo un quartiere controllato dai ribelli “sani”: centinaia di morti, molti civili. Obama arrivò a tanto così dal bombardare Assad, ma alla fine cedette al pacifismo ignorante e istintivo che aveva infiammato il mondo nei giorni dell’annuncio dei possibili raid americani contro il regime siriano. In nome del consenso tornò sui suoi passi e accettò la mediazione russa (alleata di Assad da sempre) sullo smantellamento delle armi chimiche della Siria.


Ma la guerra non finì : tutt' altro. Anzi, nel frattempo iniziava a farsi largo in Iraq il gruppo combattente guidato da Abu Bakr al Baghdadi, che prestò aprì il fronte anche nella sconquassata Siria.  Assad ha sempre messo in cima alla lista dei suoi obiettivi i ribelli moderati: difficilmente ha colpito l’Isis in questi anni di conflitto, anzi spesso ha concesso in ritirata ampie fette di territorio, abbandonando basi militari e consegnando armi e mezzi ai baghdadisti.


È una politica premeditata: il regime siriano vuol far capire al mondo che quelli che si ribellano non sono semplici cittadini che chiedono la democrazia (quelli da cui era partito tutto nel 2011), ma pericolosi jihadisti che imbracciano le armi nell’ottica di uno scontro di civiltà. Per questo ha ceduto così tanto spazio al Califfato.


È veramente difficile sentire un leader politico scagliarsi contro Assad con la stessa veemenza con cui si scaglia contro il Califfato: eppure i numeri sono chiari. Il regime siriano ha fatto circa dieci volte più morti dello Stato islamico. Se ne parla poco perché poi magari potremmo ritrovarci il governo siriano come un “più o meno alleato” . Se ne parla poco perché la guerra siriana è uno degli enormi fallimenti dell’America obamiana (e dell’Occidente) in politica estera. Se ne parla poco perché ormai la Siria di Assad è diventata un vespaio pericolosissimo, per la presenza di alleati importanti al fianco di Damasco, come l’Iran e come la Russia, questione che aggiunge un’ulteriore complicazione geopolitica, soprattutto adesso che gli iraniani sono stati ripuliti con l’accordo sul nucleare. 

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Articolo pubblicato il 13/09/2015