La sapienza di chi sa parlare ai bambini

Presentazione del non convenzionale nuovo libro di Tilde Giani Gallino. Dai patimenti dello sfollamento ai nemici che sapevano ascoltare

Non solo un libro. Una testimonianza diretta, sincera, senza sovrastrutture giudicanti, elaborata con la coscienza linda di una bambina che ha visto da vicino gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Questo è il nuovo libro di Tilde Giani Gallino, dal titolo “Non avevo sei anni ed ero già in guerra”, che è stato presentato presso il Circolo dei Lettori di Torino, alla sontuosa presenza, oltre che dell’autrice stessa, del presidente dell’Accademia Albertina, Fiorenzo Alfieri, lo storico e professore dell’Università di Torino, Bruno Luca Maida e del presidente dell’Ordine Giornalisti Piemonte, Alberto Sinigaglia.

Un libro che può avere una funzionalità anche dal punto di vista didattico, come introduce Fiorenzo Alfieri, ricordando i suoi anni trascorsi in cattedra: “Invito gli insegnanti a far leggere qualche riga di questo volume ai ragazzi”. Un consiglio di una generazione, che per sua stessa ammissione, ringrazia il fatto che non si aveva molto da fare se non leggere. Una base che ha saputo formare molte persone, e che non rappresenta più una realtà per le nuove leve.

Tilde Giano Gallino affronta il libro dal punto di vista di lei bambina, a partire da quel 10 giugno 1940 in cui l’Italia dichiara di entrare in guerra. Lo racconta immedesimandosi completamente in quel momento: “Mia madre mi mandò a prendere il latte dall’altro lato della strada. Fu una cosa che mi fece sentire grande. Comprando il latte sentì il discorso di Mussolini. Così, tornando a casa lo dissi ai miei genitori molto felice perché per una volta sapevo una cosa che loro ignoravano. La loro reazione non fu come mi immaginavo…”.

Un momento chiave per lo svolgimento del libro, risiede nella parola sfollamento. Per i ragazzi dell’epoca aveva un significato positivo perché non si andava più a scuola, tranne che per Tilde: “Volevo tornare in città. Andando nella campagna torinese non mi calai nelle abitudini dei miei nuovi compaesani. Ero un pesce fuor d’acqua”.

Si parla, fin dall’inizio del libro, della presenza di quattro genitori, oltre a quelli di sangue, il padrino e la madrina molto presenti. E proprio da questi ultimi due ha luogo l’episodio centrale narrato: “Stavo con loro nel paesino di Trana “ – prosegue la scrittrice, “quando dei partigiani uccisero due tedeschi in moto. I nostri nemici per vendicarsi misero contro il muro parecchi uomini, tra cui mio padrino. Io mi buttai a i piedi di un generale tedesco affermando che non poteva ucciderlo”. Non si sa bene come andavano queste cose, con l’intercessione del parroco e quant’altro, fatto sta che i tedeschi contrattarono: avrebbero usato Tilde e i suoi “secondi” genitori, come ostaggio, per superare indisturbati le colline pululanti di partigiani ed arrivare a Torino. Alla piccola ovviamente venne detto che avevano deciso di dargli un passaggio, quindi superato il pericolo della Resistenza, Tilde e famiglia furono scaricate nei pressi di Airasca.

Non si narrano i fatti, ma si racconta una storia particolare, spiegata da chi, come riflette Alberto Sinigaglia, ha “la sapienza si saper parlare con i bambini”. Nulla è convenzionale, come l’assolvere e addirittura innalzare alcuni militari tedeschi: “Per due settimana la nostra casa fu invasa dalle truppe nemiche. A loro capo c’era un generale molto colto, che mi prese in simpatia perché assomigliavo a sua figlia e parlavo un po’ di tedesco. Fu un periodo piacevole. Non sopportavo invece, appena liberati, quei ragazzi che incatenavano quelle che erano state le loro compagne di scuola e le rasavano i capelli solo perché avevano dato qualche attenzione ai tedeschi”. Insomma, un distinguo che così si può riassumere “c’era un uomo che mi sapeva ascoltare, ma era mio nemico”.

Quello di far raccontare una guerra a un bambino non è un tema nuovo, ma relativamente recente nel tempo: “Fino a 20 anni fa nessuno storico si occupava dell’infanzia. Nella guerra, di ciò che può segnare un prima e un dopo in una persona. Di un conflitto che ha fatto esplodere il diaframma che divideva il fronte esterno da quello interno, e che quindi dava un ruolo da protagonista anche ai bambini”, afferma Bruno Maida.

Un invito finale a leggere un libro dal variegato utilizzo, e qui cito Fiorenzo Alfieri: “Il momento clou delle mie lezioni era la lettura di qualche frase di libri che sapessero catturare l’attenzione, e far appassionare i miei studenti. E’ un’usanza che andrebbe ripristinata”. Quotiamo.

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Articolo pubblicato il 11/09/2015