Il Silenzio come guida

Il silenzio senza tempo non è polarizzato è onnipresente e impregna tutto ciò che esiste

Paura e Felicità passeggiavano insieme.

 

Paura chiese a Felicità: «Dimmi, qual è la più grande felicità per un essere umano?»

Felicità rispose: «È quando l’uomo si perde, quando i confini del suo io scompaiono ed egli si fonde nell’indicibile». Paura annuì consapevolmente.

Poi Felicità chiese a Paura: «Qual è la più grande paura per un essere umano?»

Paura rispose: «Perdersi fino al punto in cui i confini del suo io scompaiono ed egli si fonde nell’indicibile». Sorridendo, continuarono la loro passeggiata.

Chiunque si riconosca in questa storiella è un viaggiatore sul cammino universale. Egli, o ella, deve da un lato rispondere alla profonda aspirazione per ciò che è oltre i confini del tempo e non ha nome; dall’altro deve considerare le esigenze che gli impone il mondo temporale: due bisogni che sembrano essere in contraddizione.

Questi esseri umani vivono una condizione difficile e hanno un grande bisogno di sostegno e di orientamento. Fortunatamente, questi sono disponibili in abbondanza dentro di sé, nella quiete interiore e nel silenzio.

È così che possiamo percepire l’insegnamento senza parole, guida e compagno del viaggiatore. Esistono due tipi di silenzio: temporale e senza tempo.

Nel mondo delle polarità, pace e silenzio sono di natura passeggera e generano sempre i loro contrari: agitazione e rumore. Essi si alternano costantemente, ed è ciò che muove il mondo spazio-temporale.

Il silenzio senza tempo non è polarizzato, non conosce il suo contrario ed è quindi permanente. Esso è onnipresente e impregna tutto ciò che esiste. Il silenzio senza tempo è collegato, nel cuore dell’essere umano, con l’essenza divina ed è sempre accessibile a chi lo desidera.

Il desiderio umano per la felicità senza tempo nasce da tutto ciò che egli riceve e subisce nel mondo temporale.

Un essere umano è spontaneamente orientato verso tutto ciò che attira la sua attenzione, sia che si manifesti dall’esterno, sia nel suo essere interiore. Tutti questi elementi si trasformano sempre nel loro contrario e sorge così un’agitazione che colma il cuore. In questo modo, il viaggiatore sul cammino spirituale rimane prigioniero del mondo dell’instabilità, sebbene aneli alla grande felicità silenziosa.

Dal nucleo eterno del cuore l’anima manifesta il suo imperioso desiderio del silenzio senza tempo; una quiete che non è di questo mondo, unita a una beatitudine indescrivibile.

Così si esprime La Voce del Silenzio: Dolce invero è riposare tra le ali di quello che non è nato, né muore…

Questo dolce riposo esige da coloro che percorrono il cammino di essere silenziosi. Un silenzio che non è assenza di rumore, bensì rifiuto cosciente di perpetuare le polarità. Non si tratta di attirare e poi respingere ciò che appare come l’inevitabile rovescio della medaglia, ma bensì di praticare la non-lotta. In altre parole, dobbiamo accettare i burrascosi conflitti della vita.

L’antico saggio cinese Chuang-tzu diceva:

Il Saggio è silenzioso. Non perché cerchi la tranquillità come un bene, ma perché nessuno, fra tutti gli esseri, può più commuovere il suo cuore. Quando l’acqua è tranquilla, può riflettere la barba e le sopracciglia, e la sua superficie è così ferma che può servire da livella al maestro carpentiere. Se la tranquillità dell’acqua permette di riflettere le cose, di cosa non è capace quella dello spirito? 3

Chiunque percorre il cammino universale deve esaminare attentamente il suo legame col mondo delle polarità. Noi siamo e restiamo gente comune e dobbiamo continuamente adattarci a situazioni che ci squilibrano.

La domanda è se noi permettiamo a esse di imprigionarci – con conseguente grande inquietudine – oppure se siamo in grado di ristabilire l’equilibrio orientandoci sul silenzio senza tempo del cuore.

Una storia dello stesso Chuang-tzu ce ne mostra un esempio:

La moglie di Chuang-tzu era morta, un amico andò a porgergli le condoglianze. Trovò Chuang-tzu seduto a gambe incrociate che cantava battendo il tempo su una scodella. L’amico gli disse: «Che non piangiate la morte di colei che fu vostra compagna di vita e allevò i vostri figli, è già abbastanza grave, ma che cantiate battendo sulla scodella è davvero troppo!»

«Niente affatto» rispose Chuang-tzu.

«Al momento della sua morte fui, naturalmente, turbato per un istante, ma poi, riflettendo sul significato di “inizio”, scoprii che in origine essa non possedeva vita; non solo non possedeva vita, ma nemmeno forma; non solo non aveva forma, ma nemmeno soffio. Qualcosa di sfuggente e inafferrabile si trasforma in soffio, il soffio in forma, ed ecco ora che la vita si trasforma in morte. Tutto ciò è simile al succedersi delle quattro stagioni dell’anno. In questo momento mia moglie dorme tranquillamente nella grande sala del cielo e della terra. Se io mi lamentassi singhiozzando rumorosamente, significherebbe che non capisco il corso del Destino.

Per questa ragione me ne astengo».

La prima reazione di Chuang-tzu è un naturale dolore umano, causato dalla scomparsa di una persona cara. È tuttavia degno di nota che egli non combatte questo sentimento, non adotta l’atteggiamento del saggio che è in grado di elevarsi al di sopra del dolore. Se lo avesse fatto, il dolore sarebbe fluito nel suo subcosciente e da lì avrebbe preteso un riconoscimento. Allora, egli avrebbe perduto il suo equilibrio e ne sarebbero seguiti disturbi fisici o spirituali. Poiché egli non lotta contro il dolore, si crea uno spazio interiore in cui riflettere sul miracolo della vita. Egli prende così coscienza del luogo in cui ormai si trova sua moglie. E sa che va bene. In questo equilibrio interiore egli supera il suo dolore; può cantare e battere sulla scodella come se nulla fosse accaduto.

Questo atteggiamento testimonia di una grande qualità d’anima: Chuang-tzu è in grado di accettare la vita come un’onda nel corso del tempo. Non si preoccupa del futuro in cui egli proverà sicuramente dolore per la scomparsa della sua sposa. Ha la saggezza di abbandonarsi a ciò che è più grande di lui. Ogni essere umano capace di lasciare-la-presa viene immediatamente collegato con la voce senza tempo del silenzio.

Da questa voce emana una forza d’amore che non si trasforma mai nel suo opposto. Di conseguenza, il cuore del pellegrino si purifica durante il cammino. La voce del silenzio agisce anche come guida dell’anima. È il silenzio di questa voce che dà al pellegrino la forza di tenersi sempre di più nel non-fare, di non lasciarsi trasportare costantemente nel mondo delle diecimila polarità. Questo cammino esiste da sempre, trascende tutte le differenze culturali.

Chuang-tzu, trecento anni circa prima della nostra era, diceva:

Com’è tranquillo lo spirito del saggio! È lo specchio dell’universo e di tutti gli esseri.

Il vuoto, la tranquillità, il distacco, la noncuranza, il silenzio, il non-agire sono la livella dell’equilibrio dell’universo, la perfezione della via e della virtù.

Per questo il sovrano, il re e il saggio sono sempre in pace. Questa pace conduce al vuoto, un vuoto che è pienezza, una pienezza che è totalità. Questo vuoto conferisce all’anima una tranquillità la quale fa sì che ogni azione compiuta sia efficace.

Colui che perdendo se stesso supera i propri limiti, ascolterà – scaturito dal silenzio senza tempo – l’insegnamento senza parole. Questa voce sarà la sua guida nel corso del viaggio attraverso il mondo della temporalità. Chi può ascoltarla sarà in grado di fare esattamente ciò che deve essere fatto.

Tutto il suo essere risplenderà di un amore senza tempo. Così, umile e silenzioso, aiuterà il suo prossimo in cammino verso l’inesprimibile felicità.

Fonte: Pentagramma – Edizioni Lectorium Rosicrucianum

Immagine: www.arcidiocesi.vc.it

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Articolo pubblicato il 11/10/2015