La Bhagavad Gita, l’antico Vangelo indiano. Il buon combattimento (parte seconda)

Gli effetti delle nostre azioni

Il nostro universo è regolato da dei principi di causa-effetto più o meno prevedibili. Tutto si ripete, viene e va in un cerchio ermeticamente chiuso. In questa replica meccanica dei fenomeni è impossibile trovare il significato della vita e, a lungo andare, questo ci rende depressi, aggressivi, cinici e impauriti. Legata alla ruota del Samsara che gira su se stessa, l’umanità non conosce la libertà, l’amore, l’unità. Tutto si trasforma nel suo opposto.

La Bhagavad Gita ci descrive l’essere umano e le sue relazioni con i suoi simili e col mondo, in cui le azioni sono mirate a ottenere potere, onore, gloria, prestigio e ricchezza. Arjuna, il guerriero, osserva i risultati di queste azioni, vede che creano divisione in tutte le cose e prende coscienza dell’impotenza dell’essere umano. Allora domanda a Krishna, il suo maestro segreto, di aiutarlo nella scelta che si trova a dover compiere.

La risposta di Krishna lo scuote profondamente: per ottenere l’anima immortale e indivisa deve liberarsi da tutti gli schemi mentali, le forze e i valori che ora fondano la sua vita, la vita degli opposti e delle illusioni e lo legano alla ruota del Samsara.

Krishna, la voce interiore, lo sprona a intraprendere la battaglia: Guardando al tuo proprio dovere, non hai ragione di tremare. Per un guerriero non c’è infatti cosa migliore di un doveroso combattimento. Felici, o Arjuna, i guerrieri che ottengono un combattimento come questo, che capita così senza cercarlo e spalanca le porte del cielo. Ma se tu non vuoi combattere questa giusta battaglia, manchi allora ai tuoi propri doveri e all’onore, ed incorri in un grave peccato.

Il cercatore che desidera veder spalancate le porte del cielo sarà confrontato con questa scelta e dovrà lottare. Ma si tratta di una lotta diversa, rispetto a quelle già intraprese, mai vinte e mai scelte. La lotta decisiva, nella terminologia della Scuola della Rosacroce, l’arrendersi a una nuova vita nella radiazione della Luce, crea in Arjuna dei timori.

La proiezione delle idealizzazioni, che hanno tenuto Arjuna in movimento dentro le leggi della vecchia natura, perdono colore e valore. Non contano più. Il cercatore si trova faccia a faccia con la verità: vita o morte, verità o illusione, tutto o niente. Arjuna rifiuta la battaglia per evitare il vero significato, la realtà superiore della sua vita. Ma ciò vorrebbe dire la morte vivente. Krishna glielo spiega e lo incita a lottare: Sorgi dunque, o Arjuna, risoluto a combattere. Piacere e dolore, perdite e acquisti, vittoria e sconfitta, tutte queste cose considerale uguali e accingiti a combattere. Così sarai immune dal peccato.

 

IL CAMPO DI BATTAGLIA.

Il campo di battaglia si trova dentro il cercatore, nella sua relazione con gli altri, col mondo, col cosmo, con Dio. Potrà, in questi rapporti, rimanere vero, indiviso, in un equilibrio interiore oppure persisterà in uno stato di ignoranza, di confusione, in conflitto e in opposizione con tutto e tutti? Questo mondo è legato dai legami dell’azione, salvo quando l’azione è compiuta per sacrificio. Compi, o Arjuna, senza attaccamento, le azioni dirette a questo fine.

L’uomo che abbandona tutti i desideri e procede privo di brama, libero dall’io e dal mio, ottiene la pace.

Tale lo stato del Brahman, o Arjuna. Chi lo raggiunge non è più soggetto a offuscamento. Stando in esso, sia pure al momento della morte, si ottiene il nirvana nel Brahman.

Sorge una domanda: esiste veramente dentro di me un’unione vivente con la Sorgente della vita che sempre si rinnova, oppure l’acqua vivente della Sorgente di vita è solo un concetto teorico, una parola, un’immagine passeggera con cui mi stordisco? Cesserò di essere vissuto e manipolato dai fenomeni della vita esteriore, in un flusso infinito, senza inizio né fine, che proietta le immagini sullo schermo della mia coscienza? Immagini buone, noiose, belle, ripugnanti, elevate, banali, pensieri amichevoli e ostili, e sempre il conflitto, le dispute, la divisione.

Fonte: Pentagramma – Edizioni Lectorium Rosicrucianum

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Articolo pubblicato il 27/09/2015