Vittorio Veneto (TV): Il Vescovo e gli alpini

L’indignazione delle Penne nere

Tra le bizzarrie ecclesiastiche di quest’estate, c’è stata l’inusuale presa di posizione della Curia di Treviso, contro la recitazione, durante la Messa dell’Assunta, dell’ ormai famosa “preghiera dell’Alpino”. Il presule, equivocando, ha ravvisato nel testo, una frase pregiudizievole per l’affermazione della pace e poco indicata per il mantenimento dei buoni rapporti con gli “ospiti maomettani”.

Civico20News, ospita e condivide un articolo di Salvatore Sfrecola che analizza, sconcertato, tutti gli aspetti della vicenda.

 

  Le penne nere giustamente indignate.

Al Vescovo di Vittorio Veneto non piace che gli alpini preghino per la Patria, la bandiera e la civiltà

cristiana

 

“Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”. È una passo della preghiera degli alpini. Normale, la difesa della Patria, che la Costituzione definisce all’art. 52, con un’espressione “di altissimo significato morale e giuridico”, come si è espressa la Consulta (53/1967), “sacro dovere del cittadino”.

Un dovere “collocato al di sopra di tutti gli altri e che nessuna legge potrebbe fare venire meno… un dovere, il quale, proprio perché “sacro” (e quindi di ordine eminentemente morale), si collega intimamente e indissolubilmente alla appartenenza alla comunità nazionale” (ancora la Corte costituzionale).
Inoltre gli alpini s’impegnano nella difesa della civiltà cristiana.

Non c’è nulla da dire. E, invece, l’Ufficio liturgico della diocesi di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, vieta la recita della preghiera, a conclusione di una Messa sul Passo San Boldo, tra le province di Treviso e Belluno in una chiesetta, dove la cerimonia religiosa si tiene da decenni in occasione della Festa dell'Assunta.

Inevitabile la protesta dell’Associazione Nazionale Alpini (A.N.A.). Sono indignati e protestano i nostri militari, come dovrebbero protestare tutti gli italiani per quest’ offesa alla storia delle Penne Nere, esemplari non solo in guerra, e nelle operazioni di pace alle quali l’Italia partecipa, ma anche nelle occasioni tristi delle emergenze ambientali quando hanno dimostrato, primi tra tutti, di sovvenire generosamente alle esigenze delle popolazioni, ovunque sono stati chiamati ad intervenire.

Gli alpini in servizio e i “veci” in congedo.

Disappunto per quella che è apparsa effetto di “Malafede o pacifismo ideologico”, un “incidente” che accade pochi giorni dopo la vivace polemica tra il Segretario della CEI, Monsignor Nunzio Galantino, e molti politici, a proposito della gestione dell’immigrazione.

C’è una componente pacifista nella Chiesa italiana? La Chiesa è naturalmente contro le guerre, come ha ricordato ripetutamente negli ultimi tempi papa Francesco sulla scia dei suoi augusti predecessori.

Ma l’iniziativa è forse maturata in quegli ambienti del mondo cattolico che hanno ancora scarso senso dello Stato? Che forse sono nostalgici del potere temporale della Chiesa che tanto male ha fatto alla religione e all’Italia?

“Sappiamo che a far torcere il naso ad alcuni ecclesiastici è la frase della preghiera in cui si chiede di rendere forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra civiltà cristiana – ha puntualizzato il presidente della sezione Ana locale, Angelo Biz -. Una frase che viene subito dopo quella in cui si definiscono gli alpini ‘armati di fede e di amore’.

 Queste sono le armi degli alpini e solo la malafede o un certo pacifismo ideologico possono pensare che gli alpini coltivino sentimenti di aggressione o di intolleranza. Gli alpini non hanno armi e la cultura che li ispira è quella di una fratellanza che non ha confini.

 

È amaro constatare che proprio all’interno della comunità cristiana possano crescere muri, che finiscono per incidere nella serenità di rapporti, usando pretestuosamente il Vangelo della pace come una clava per rompere armonie consolidate”.

 

L’attuale Pontefice che ha scelto il nome del Poverello di Assisi, a Lui spesso ha fatto riferimento nella sua azione pastorale, di recente richiamando, dopo quasi un millennio, le parole del Santo che più di ogni altro ha esaltato il valore della natura, espressione di quella Creazione che in primo luogo i cristiani sono chiamati a tutelare.

 

Ma Francesco non è stato un pacifista, almeno come intendono, in certi ambienti, l’impegno dei cristiani per la fratellanza universale. Quel Santo, più di ogni altro mite, non ha esitato a giustificare il ricorso alle armi quando fosse necessario per difendere la vita delle persone, come nel caso della comunità che chiamiamo Patria, espressione della nostra storia, delle nostre tradizioni, di quella “millenaria civiltà cristiana” che nella preghiera al Signore evocano gli alpini.

 

Mi auguro che il Vescovo di Vittorio Veneto comprenda lo spirito della preghiera e corregga l’iniziativa del suo Ufficio liturgico.

 

 Non giova a nessuno lasciare un’ombra nei rapporti tra i cittadini cristiani e la Chiesa, in un caso nel quale non ce n’è proprio bisogno, quando dal clero non si sono levate voci per rivendicare alla nostra tradizione l’allestimento del presepe o l’esposizione del Crocefisso nelle scuole.
È stata una festa rovinata a San Boldo.

 

Ma ho fiducia che il Pastore di Vittorio Veneto saprà trovare il modo, con cristiana umiltà, di riconciliarsi con le Penne Nere.

                              

                                                                                              Salvatore Sfrecola 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/08/2015