L’ insofferenza italica verso i dati economici e statistici

La riflessione di un esperto di economia e finanza pubblica

Sovente il “repetita iuvant” di richiami alla razionalità ed alla coerenza diventa indispensabile per comprendere ed analizzare l’ incongruenza di comportamenti mentali  e culturali di rilevanti componenti sociali, che tuttavia  si dimostrano determinanti nel condizionare il contesto generale.

E’ questo l’ oggetto della riflessione che il dr. Antonio Cravioglio - esperto di economia e di finanza pubblica –  espone in questo articolo, rimarcando un incorreggibile difetto culturale molto diffuso e cioè “ … la scarsa disponibilità dei nostri concittadini all’ analisi razionale degli elementi economici e statistici ...”, fatto che determinerebbe sbrigative ed insufficienti conclusioni su eventi importanti che condizionano la vita dell’individuo e della società nel suo insieme.

In pratica l’ Autore mette in evidenza che è quasi sempre la “passionalità e l’ emotività” a dominare la stragrande maggioranza dei ragionamenti e che nel contempo sfugge la “capacità/volontà di entrare nel merito sostanziale dei problemi”.

Pertanto viene chiamato in causa un meccanismo di elaborazione-valutazione condizionante e antropologicamente radicato che richiederebbe, per superare questo “handicap”, una nuova ed auspicabile rivoluzione culturale della società.

Una sfida oggettivamente non da poco, un processo auto riformatore enorme … che sconfina nell’ utopia.

Tuttavia l’ Autore cerca anche di individuare altre componenti strutturali che hanno portato a questa complessa situazione e precisamente la scuola media superiore che non è riuscita ad adeguarsi alle sfide del terzo millenio, la “politica tutta” (partiti e sindacati) che, lungi dal tracciare un percorso coerente, ha sovente creato confusione e disinformazione, e da ultimo il comportamento complessivo poco ortodosso, egoistico e contradditorio, della collettività dei cittadini.

Quest’ ultima ha le sue responsabilità oggettive quando dimostra un carente senso civico, una difficoltà ad assumere spontaneamente responsabilità che invece vengono deliberatamente scansate, una vocazione ad esprimersi in una istintiva “protesta”, come una giustificazione autoassolvente.

In sintesi una “collettività” che è difficilmente penetrabile all’autocritica e conservatrice nel difendere l’indifendibile, confermando uno  “stallo” che impedisce una evoluzione verso un progresso complessivamente stabile.

Morale: non esiste più giustificazione e spazio per utilizzare, a seconda della convenienza del soggetto sociale in causa, l’aforisma secondo il quale la “colpa è sempre degl’ altri”!

Non rimane che augurare una attenta lettura, nella speranza che l’ articolo dell’ Autore, stimoli anche un sereno e costruttivo dibattito in merito.


INSOFFERENZA ITALICA VERSO I DATI ECONOMICI E STATISTICI.


Sul sito di Civico20News sono comparsi di recente due articoli di attualità: "Le strumentalizzazioni di Papa Francesco" di Francesco Rossa e "Il NO della Grecia che sta diventando un SI" di Claudio De Maria.

Considerata anche la chiarezza che li contraddistingue, consiglio a coloro che già non l'avessero fatto di leggerli prima di esaminare questo breve scritto.

Pur trattando due temi molto diversi, traspare da essi, a mio giudizio, un rilevante elemento comune sul quale già in passato mi ero permesso di richiamare l' attenzione dei lettori, ovvero la scarsa disponibilità dei nostri concittadini all'analisi razionale degli elementi economici e statistici, elementi che pure sono quotidianamente portati alla loro attenzione, ora più che in passato, da una molteplicità di fonti.

Tanto nella valutazione di certi passi dell'enciclica papale, quanto nella comprensione degli accadimenti che si stanno aggrovigliando sui fatti della Grecia, prevale nella maggioranza degli italiani un atteggiamento che si può ascrivere indubitabilmente alla passionalità ed alla emotività, anziché alla capacità/volontà di entrare nel merito sostanziale dei problemi.   

Personalmente, e per effetto della mia ultracinquantennale esperienza "sul campo", attribuisco tali carenze all'impostazione troppo retorica e poco quantitativa della nostra scuola media, impostazione che non è più consona alle problematiche degli anni duemila.

Diciamo però che nei tempi più recenti anche molti nostri politici e sindacalisti di rango hanno contribuito a seminare una certa confusione, quasi una sorta di voluta "disinformazione" per poter affermare tutto ed il contrario di tutto, a seconda delle convenienze contingenti, come dimostrano i sondaggi d'opinione, invero assai sommari, richiamati dai due autori sopracitati.

Prendiamo il tema della "decrescita" nei paesi più avanzati; viene da chiedersi se coloro che aderiscono a tale tesi siano consapevoli che l'Italia, in decrescita ormai da vari anni, è considerata tra le nazioni che dovrebbero persistere nella stagnazione, a favore dei territori più arretrati economicamente.

Ovvero, se oggi abbiamo un quid elevato di disoccupati e vari altri guai, dovremmo benevolmente mantenere questa linea di tendenza!

Forse chi ha sviluppato il sondaggio ha del tutto "dimenticato" di fare questa seria precisazione preliminare agli intervistati....

Ed ancora, sanno essi che le nostre produzioni, anche di carattere turistico, sono assorbite per circa due terzi da Paesi che dovrebbero, secondo le tesi summenzionate, adeguarsi alla decrescita?

Passiamo a parlare della tanto vituperata Unione Europea e della sua moneta. Troppo facile è la critica all'introduzione dell'euro come fattore di perdita del potere d'acquisto dei cittadini italiani, in quanto se è indubbio che il passaggio dalla lira all'euro ha purtroppo comportato una minor capacità di spesa di gran parte delle popolazione, non è per nulla dimostrato che la persistenza della "vecchia lira" avrebbe evitato gli inconvenienti lamentati.  

Dall'anno 2000 lo scenario europeo e mondiale si è profondamente modificato, nuovi competitors sono apparsi prepotentemente sulla scena senza risparmio di colpi per nessuno; non è il metro monetario la causa, bensì l'effetto di tanti sconvolgimenti.

Qui cito solo uno dei capitoli di spesa oggi più pesanti per le famiglie, ossia le tariffe dei servizi pubblici (telefonia esclusa) e dei tributi locali, aumentati in misura assai elevata nel corso degli ultimi quindici anni.

Ebbene, gli aumenti sono la conseguenza di decenni di tariffe "politiche" che non coprivano nemmeno la metà dei costi reali dei relativi servizi, con gravi dissesti dei bilanci delle aziende; non solo, ma era ormai invalsa da parte di molti la consuetudine di evadere il pagamento con i sistemi più truffaldini, come la crescente morosità sulle bollette di ogni natura e, per scendere ad una tipologia più spicciola, l'uso gratuito dei mezzi di trasporto, tanto che oggi non si contano le aggressioni a controllori ed addetti vari che hanno "l' ardire" di richiedere la prova del regolare pagamento ai passeggeri di treni, bus, metro, ecc.

E che dire dei rifiuti gettati ovunque, della mancata selezione degli scarti e via elencando, con costi proibitivi per chi deve eseguire la raccolta e lo smaltimento?

Per ogni progetto, anche minimo di innovazione, come inceneritori, centraline a bio masse, nuovi bacini idrici e così via, si muovono decine di comitati di quartiere, movimenti locali e simili pronti a mettere il veto a qualsiasi variante, in nome (o con il pretesto) di un ecologia di basso profilo, senza che nessuno voglia avvertire che ciò comporta pesanti aggravi dei costi di gestione e, a cascata, aumenti delle tariffe per l'utenza.

Non è seriamente ipotizzabile che mantenendo la lira si sarebbe potuto tacere su tanti dissesti, le cui cause risiedono principalmente nella grave mancanza di senso civico di non trascurabili strati della popolazione, fomentata anche da cronisti di basso profilo alla ricerca di facile consenso.

Dunque, anche qui, facile approvare la ribellione (?) dei greci, molto più difficile saper proporre dei correttivi praticabili e lo dimostra il fatto che già oggi gli ellenici devono fare marcia indietro, obtorto collo, per restare nell'Unione.

E adesso i sondaggisti dove sono?

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Articolo pubblicato il 20/08/2015