"Ai lav ottanta" - reload

Terzo appuntamento con il "mitico" decennio: oggi parliamo del fenomeno della "British Invasion"

“I, I can remember, Standing, by the wall,
And the guns shot above our heads, And we kissed,
as though nothing could fall.
And the shame was on the other side, Oh we can beat them, for ever and ever.
Then we could be Heroes, just for one day”.

(Heroes – David Bowie)

Berlino (ovest), ottobre 1977.

In un studio di registrazione posto sottoterra e senza contatti diretti col mondo al di fuori, Hansa Ton Studio, David Bowie, con la produzione artistica di Brian Eno e la collaborazione musicale di Robert Fripp, fondatore del gruppo d’avanguardia  The King Krimson, incide l’album “Heroes”.

Dopo aver riscritto le regole del rock’n’roll nei primi anni '70 e dopo aver resuscitato la musica soul nella seconda metà dello stesso decennio (lui “bianco” impegnato in una musica tipicamente “nera”), il musicista londinese mette in atto un nuovo e rivoluzionario progetto musicale.

Protagonisti assoluti sintetizzatori, tastiere e batterie elettroniche, chitarre distorte che creano un sound completamente nuovo ed originale.

Sound che sarà fonte di ispirazione per tutti i musicisti d’oltremanica e non solo, di lì in poi.

Nasce ufficialmente la “new wave” e da allora niente sarà più come prima.

Il Melody Maker decreta "Heroes" 'Album dell'Anno'.

 

“You get a shiver in the dark, It's raining in the park but meantime.
South of the river you stop and you hold everything.
A band is blowing Dixie double four time
You feel alright when you hear that music ring”.

(Sultans of swing – Dire Straits) 

Londra, giugno 1977.

In uno studio di registrazione a basso costo della capitale britannica, Basing St. Studios, un insegnante di letteratura appassionato di chitarra, Mark Knopfler, suo fratello minore David, un amico di quest’ultimo, John Illsley  ed un batterista, Pick Whiters, con un’unica esperienza professionale come turnista di Mal dei Primitives (…comunque prima di “Furia cavallo del west”…), incontrato per caso in un pub, in piena epoca “punk” registrano un album di  rock’n’roll classico, infarcito di venature blues e country, che risulta del tutto fuori moda e in controtendenza rispetto ai canoni dell'epoca.

Solo un anno dopo, con la ripubblicazione del singolo “Sultans of swing” il gruppo, Dire Straits, otterrà un successo meritato e strepitoso.

Il “punk” era ormai uno sbiadito ricordo e nasceva la “British Invasion” che caratterizzerà gli anni 80.


Ho assistito recentemente ad una conferenza sugli anni '80 ed il relatore, introducendo l’argomento, ha giustamente sottolineato come, politicamente e non solo, gli anni '80, nel bene e nel male, siano “nati” verso la fine del decennio precedente e come proprio in quel senso vada cercata l’origine del decennio in questione.

Credo anch’io che sia così, soprattutto dal punto di vista musicale.

Senza David Bowie e senza i Dire Straits probabilmente non avremmo avuto da tramandare ai posteri la “musica anni '80”.

Infatti fin dalla fine degli anni '70 due gruppi in particolare, gli Ultravox e i New Order, fanno proprio il vangelo scritto da David Bowie, affiancando alle chìtarre il sintetizzatore che diventa lo strumento principale al sottofondo sonoro, dalla struttura ritmica alle parti melodiche, creando così quel suono sintetico e meccanico che da allora si associa, anzi diventa per antonomasia, il sound anni '80.

Improvvisamente diventa moda e tendenza il duo “tastiere–voce”, ad esempio Soft Cell, Eurhytmics, Pet Shop Boys: la batteria, il basso, a volte la chitarra, sono sostituiti completamente dal sintetizzatore ed estremizzando il concetto, musicisti come Jean Michel Jarre ed Howard Jones, diventano paladini della “one man band”: l’uomo si fonde con la tastiera e viceversa, tanto che, momento clou degli spettacoli di entrambi i musicisti, quando l’essere umano si allontana dalle tastiere…queste suonano da sole…!!!

Ma il fenomeno più importante è probabilmente quello che vede David Bowie e di conseguenza tutti gli altri, rompere un tabù decennale fondendo rock e dance (considerati all’epoca diavolo ed acquasanta): per la prima volta il mondo della dance e quello del rock si avvicinano: la nuova musica passa per gli stessi canali, radio e discoteche, senza più distinzioni di genere e di pubblico.

Il rapporto si rivelerà felice e duraturo, alla faccia dei critici.

Naturalmente David Bowie segna la strada e come in tutte le strade si sviluppano incroci e deviazioni.

Uno di questi, forse il più importante, è denominato dagli esperti “New Romantic”: Duran Duran, Spandau Ballet, Abc, Depeche Mode e Talk Talk sono i principali protagonisti di questo fenomeno che porta all’esasperazione le componenti estetiche e musicali del glam, già riprese dal synt-sound ed allo stesso tempo aggiorna agli anni '80  il fenomeno del teen pop dei tardi anni '50.

Le luci del palco questa volta sono puntate su idoli bellocci che si trovano a proprio agio nelle atmosfere appena nate, portando il “glamour” all’estremo (vestiti e pettinature), in perfetta armonia con quello che è stato definito, e ne abbiamo già parlato, “edonismo Reganiano”.

L’apice di tutto questo lo troviamo in album come “Rio” dei Durans, “The lexicon of love” degli Abc, “A broken frame” dei Depeche Mode e “Journeys to glory” degli Spands.

Il periodo d’oro dei nuovi romantici tende però a spegnersi verso la metà degli anni '80: se l’industria commerciale troverà presto nuovi idoli da dare in pasto alle ragazzine, dai New kids on the block ai Take That, dai Backstreet Boys ai Blue, molti dei protagonisti del movimento originale verranno rivalutati anni dopo, come i Duran Duran e gli Spandau Ballet, che si riveleranno influenza fondamentale per le generazioni future di musicisti; mentre gruppi come i Depeche Mode ed i Talk Talk riusciranno a rivitalizzare il proprio suono quando il movimento sarà al canto del cigno, con album tipo “Exciter” del 2001 e “Spirit of Eden” del 1988, caratterizzati da musiche geometriche ed astratte che riusciranno a coinvolgere nuovamente il pubblico di tutto il mondo.

Discorso a parte merita un strumento in particolare: la chitarra.

Mark Knopfler crea dal nulla un timbrica unica e mai sentita prima di allora: la chitarra  piange, ride, parla, sia negli assoli che nella ritmica.

Tutti, e dico tutti i chitarristi e musicisti in genere, di lì in poi prenderanno spunto dall’insegnante inglese: a partire da Chris Rea che con l’album “The road to hell” clona del tutto il suono dei Dire Straits, per finire a … Vasco Rossi, si proprio lui, che con l’album “Gli spari sopra” ed una canzone in particolare, “…stupendo”, ci regala un lavoro molto “british sound”.

La fama e la bravura di Mark Knopfler si espandono oltre il Regno Unito e la band diventa la numero uno in tutto il mondo, influenzando anche musicisti americani del calibro di Bruce Springsteen, Bob Seger e Bob Dylan.

Nel 1980 i Dire Straits pubblicano l’album “Making movies”, con la produzione e la collaborazione artistica di Roy Bittan, tastierista della E-Street Band di Bruce Springsteen: capolavoro assoluto ed uno degli album più venduti nella storia della musica.

Ricordo ancora il concerto, unico in Italia, dei Dire Strais allo Stadio Comunale di Torino, nel Giugno del 1981: ottantamila persone tutte per quella chitarra.

Incroci e deviazioni si diceva: mi sono limitato, anche per non annoiare troppo il lettore, ad analizzare gli aspetti più importanti del fenomeno musicale “anni 80” in Inghilterra.

Nella prossima e per ora, ultima puntata, ci trasferiremo oltreoceano.

Stay always tuned !!!

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 23/08/2015