L’Italia è ferma al palo, superata dalla Grecia, in ginocchio

La ricetta di Annamaria Furlan: tassiamo ancora i grandi patrimoni

Sono stati diffusi, nei giorni scorsi il modesto risultato dell’aumento di 0,2 punti di Pil nel secondo trimestre dopo che i Governi del PD, nel triennio 2012 -2014 ci hanno regalato una caduta del Pil di 5 punti.

Solo Renzi ed il suo pretoriano Pier Carlo Padoan parlano di una svolta positiva, nel rispetto delle previsioni (che erano superiori). Nel silenzio di molti commentatori, molto probabilmente a causa periodo feriale, si evidenzia la lucida analisi formulata, in un articolo dal Professor Francesco Forte, successore di Luigi Einaudi alla cattedra di Scienze delle Finanze all’Università di Torino.

“Poco fa Renzi, afferma Francesco Forte, aveva dichiarato che l'aumento dei contratti a tempo indeterminato indica che il Jobs Act ha generato occupazione. Ma ciò era una presa per i fondelli perché mentre questi contratti, dotati di un sostanzioso sgravio contributivo sono aumentati, gli altri sono diminuiti di più.

La presunta ripresa del Pil è una presa per i fondelli ancora maggiore perché il magro +0,2% del secondo trimestre sul primo si avvale di una giornata lavorativa in più. Un giorno in più sui 25 mensili di lavoro vale quasi lo 0,2%. L'aumento del Pil nel secondo trimestre 2015 sul secondo 2014 è lo 0,5 mentre nella media dei 19 Paesi dell'euro è 1,2%. La ripresa acquista nel primo semestre è lo 0,4%, perché il secondo trimestre è peggiore del primo.

Abbiamo decelerato”.

In Italia è lievemente aumentata la domanda di servizi, perché l'industria, al lordo di quella delle costruzioni, ha avuto una crescita zero.

Secondo Forte, “ciò avviene a causa del pallido aumento dell'industria manifatturiera e del calo delle opere pubbliche (mentre il governo dice che le rilancia) e della mancata ripresa dell'edilizia abitativa (mentre il governo annuncia che ridurrà le imposte sulla prima casa, queste sono in aumento). Inoltre, nel secondo trimestre, il nostro commercio estero è peggiorato”.

Un aspetto della gravità della situazione si evidenzia dal fatto che l’aumento della domanda interna non è dovuto alla politica del governo, ma alla diminuzione del prezzo delle risorse energetiche che ha lasciato più potere di acquisto ai consumatori.

Se ci compariamo con i Paesi del Sud Europa, il contrasto è stridente.

In Spagna la ripresa del Pil del secondo trimestre è +1% grazie sul primo al boom del turismo e dell'industria, che si avvalgono della liberalizzazione dei contratti di lavoro e di efficienti infrastrutture. In Grecia nel secondo trimestre il boom turistico ha generato una ripresa del Pil di +0,8% rispetto al primo.

Le guerre e gli attentati nel Medio Oriente e in Africa hanno spostato il turismo verso questi due Paesi del Sud Europa.

A noi hanno portato soprattutto migranti, profughi e finti profughi da Paesi in guerra e non.

“Il nostro premier e i suoi ministri, senza distinzione d'età, sesso, titolo di studio, conclude Francesco Forte, sono specializzati in dichiarazioni velleitarie, non nelle cose di cui dovrebbero occuparsi, come far funzionare l'aeroporto di Fiumicino, togliere la spazzatura da Roma, far conoscere meglio all'estero il Sud, non solo le foto degli arrivi degli migranti sulle coste.

E nel secondo trimestre abbiamo fatto peggio della Grecia. Dunque, i dati del Pil di Ferragosto non segnalano la ripresa dal fondo, ma quella della presa per i fondelli.”

La ricetta per invertire questa deleteria tendenza, è già stata ampiamente illustrata, negli anni, da economisti e da qualche politico, come possiamo qui sintetizzare.

Generare fiducia nel Paese, senza il timore di nuove tasse e di caccia alle streghe della ricchezza, additata marxisticamente come “lo sterco del diavolo”.

Abbattere le barriere burocratiche, facilitare investimenti e risparmi, favorire l’acceso dei capitali esteri, far funzionare i servizi pubblici, in primis i trasporti e togliere i “lacci e i lacciuoli” della burocrazia, della presenza negativa e parassitaria dello Stato dall’Economia e buon ultimo, limitare le stravaganze del Sindacato.

Invece ecco che contestualmente a quest’analisi ed ad analoga presa di posizione della Confindustria, si esprime il Sindacato.

Questo bubbone, oltretutto fuori legge, che tante responsabilità ha avuto in passato, nello sfascio delle aziende e nei condizionamenti della politica, in particolar modo quando qualche imbecille praticava “la concertazione”, presenta il suo “verbo di agosto”.

Il tutto per bocca della fantomatica Annamaria Furlan, recentemente passata alle cronache per essere a capo della CISL, Sindacato che predicava bene(si fa per dire) e razzolava male, garantendo stipendi record ai propri dirigenti, oltretutto ben piazzati a capo di amministrazioni pubbliche, quale buona uscita dal gravoso lavoro nell’Organizzazione.

La sua ricetta, degna di un’incallita cattocomunista è la seguente.” togliere tutte le imposte sulla prima casa, ma anche per tassare in maniera proporzionale i grandi patrimoni”.

Complimenti!

E la suddetta dimentica o ignora che già i Governi Monti e Renzi hanno tassato pesantemente risparmi, capitali e abitazioni.

Così prosegue promettendo il bonus fiscale di mille euro anche ai pensionati. «In Italia si tassa in maniera eccessiva il lavoro e l'impresa, poco il patrimonio ed i redditi diversi da quelli da lavoro dipendente. Si deve conciliare la giusta esigenza di esentare solo la prima casa da tutte le imposte, tassando progressivamente i grandi patrimoni immobiliari, in base alla effettiva rendita catastale al di sopra dei 500 mila euro, e anche le rendite finanziarie, escludendo, naturalmente, i titoli di Stato», aggiunge la Furlan.

L’edilizia è ferma, il valore degli immobili è a picco, anche a causa della pesante tassazione introdotta dai tre governi non eletti dai cittadini, ma la gran dama, vuole ancora infierire sul patrimonio edilizio e sulla ricchezza, che invece dovrebbe costituire il volano della ripresa economica.

Costei si ostina a confermare la ricetta deleteria della Sinistra. Cercare sempre qualche categoria di capri espiatori, per aumentare o introdurre nuove tasse, senza minimamente puntare il dito contro la spesa pubblica improduttiva ed il parassitismo di Stato.

La perla della confusione mentale di questa signora, si avverte invece in una pseudo analisi sulla situazione italiana che bontà sua ci propina.

La leader della Cisl sottolinea come «l'economia reale del nostro paese sia sostanzialmente ferma. Abbiamo perso ben 25 punti di produzione industriale nell'ultimo decennio, i salari ed i consumi sono tra i più bassi in Europa e soprattutto la produttività e ben lontana da quella dei nostri partner concorrenti”. Per poi proseguire “ é sul piano nazionale che i conti non tornano. I tagli alla spesa pubblica improduttiva sono ancora insufficienti. Ci sono sempre troppe stazioni appaltanti ed il taglio alle municipalizzate e ancora molto fumoso".

Non si rende però conto, che la triplice sindacale, di cui lei orgogliosamente fa parte, con i suoi condizionamenti e le sue proposte totalitarie, sostanzialmente accolte dai governi amici, ha contribuito a portarci in questo stato di cose.

La perla arriva in chiusura quando afferma che “anche le parti sociali devono dare subito il proprio contributo per la ripresa dell'economia e dell'occupazione. Dobbiamo rilanciare il ruolo "negoziale" e di sintesi degli interessi nella società italiana, uscendo dal rivendicazionismo sterile o dallo strisciante lobbismo. Ecco perche cambiare il sistema contrattuale è oggi una priorità, conservando un ruolo importante di garanzia e di copertura generale al livello nazionale per assicurare le giuste tutele ai lavoratori e la salvaguardia del potere d'acquisto".

"Ma indubbiamente le retribuzioni possono crescere solo se si rafforza la contrattazione di secondo livello, se gli aumenti di produttività vengono redistribuiti sotto forma di incrementi retributivi".

Di tutto si può disquisire e a ciascuno si possono avanzare critiche o censure, ma guai ad intaccare il potere del Sindacato.

In Italia, almeno nelle grandi aziende, la contrattazione di secondo livello esiste da decenni. Ed il sindacato, anche dal punto di vista normativo, come insegna la recente vicenda Electrolux, non si è certo dimostrato aperto alle esigenze del mercato.

Meglio favorire, nei fatti, le delocalizzazioni, o peggio, il fallimento delle aziende, per poi invocare il massiccio ricorso alla Cassa integrazione Guadagni.

Tanto paga sempre pantalone, non certo il sindacato.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 21/08/2015