Torino - Trapianto di fegato e di midollo osseo all'ospedale Molinette e al Regina Margherita

L'eccezionale intervento su bimbo venezueleno di otto anni

Leonardo, 8 anni, venezuelano, è un vulcano in miniatura che regala ottimismo a tutte le persone che incontra: dai medici agli infermieri, che bussano alla porta della sua stanza del reparto di Oncoematologia pediatrica, al quinto piano dell’ospedale Regina Margherita in cui oggi è ricoverato; alla sua mamma, Rosalina Sanchez, odontoiatra, origine cubana, e al suo papà Efraim Crego, medico, 42 anni entrambi, che hanno scalato montagne per arrivare in Italia e combattere la malattia da cui era affetto dall’età di un anno e mezzo, una rara e grave forma di immunodeficienza che lo ha reso vulnerabile alle infezioni; ai suoi fratellini, di sei e sette anni. Come a dire loro che

 

 «anche piccoli si può essere grandi per affrontare a distanza di un mese l’uno dall’altro, un trapianto di fegato e uno di midollo».

 

Leonardo è infatti il primo caso in Italia che, all’ospedale Molinette prima e al Regina Margherita dopo, ha affrontato con successo un doppio trapianto di fegato e di midollo perché affetto dalla sindrome di Iper-Ig M (un solo altro caso di doppio trapianto pubblicato nel mondo è avvenuto nel 2000 a Londra), una malattia che, con mutazione genetica, gli ha fatto contrarre una infezione che ha colpito il fegato fino a comprometterne le funzioni, il Cryptosporidium parvum, che ha una particolare predilezione per il fegato, determinando nel tempo un grave quadro di epatopatia cronica, la colangite sclerosante.

 

A distanza di 4 mesi dai due trapianti, oggi Leonardo sta bene e ieri, avvisato dai genitori che sarebbero arrivati i giornalisti per intervistarlo, ha voluto essere all’altezza della situazione chiedendo una camicia da indossare al posto del pigiamino, ma sua mamma è riuscito a convincerlo facendo una giacca di carta per il suo pupazzo.  

 

«Da grande vorrei fare lo scienziato - racconta -. Non vedo l’ora di tornare a casa».

 

Un lungo viaggio per salvare Leonardo

 

I genitori del piccolo Leonardo iniziano a cercare nel mondo un centro dove sia possibile affrontare un percorso così impegnativo e così rischioso per il loro bambino.

Giungono in Italia nella primavera del 2014, supportati dalla  cooperazione sanitaria Atmo, “Associazione per il Trapianto di Midollo Osseo”, in contatto con la Fundacion para el  Transplante de Médula Osea in Venezuela.

Viene eseguita una valutazione congiunta delle due èquipes, dirette dal professor Mauro Salizzoni e dalla dottoressa Franca Fagioli (nell'immagine), direttori rispettivamente del centro trapianto di fegato dell'ospedale Molinette e dell’Oncoematologia e centro Trapianti dell'ospedale infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino.

Si decide di eseguire per primo il trapianto d’organo, per consentire di affrontare il successivo trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche, che prevede una preparazione con chemioterapia e che necessita di adeguate funzionalità d’organo.

 

Nell’ottobre 2014 il bambino viene messo in lista d’attesa per il trapianto di fegato e nel marzo di quest’anno, alle Molinette,  viene sottoposto a trapianto di fegato, da donatore pediatrico dall'équipe del professor Salizzoni.

 

Dopo pochi giorni in regime intensivo, viene trasferito all'ospedale Regina Margherita, reparto di Gastroenterologia, diretto dalla professoressa Cristiana Barbera. Come da programma condiviso, diventa indispensabile mantenere un intervallo di tempo relativamente breve tra il primo ed il secondo trapianto per poter affrontare il secondo percorso con un organo nuovo e ben funzionante. A circa 30 giorni dal trapianto di fegato, Leonardo viene sottoposto a trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche midollari dalle dottoresse Elena Vassallo, Francesca Nesi, Paola Quarello e Massimo Berger. Il donatore è una donna americana compatibile.

 

Dopo un periodo di isolamento, necessario per l’importante immunosoppressione, il bambino sta ora gradatamente ripredendo la sua quotidianità, insieme alla famiglia, ed è ora ricoverato nel reparto di Oncoematologia del Regina.  

 

Una storia speciale fatta di professionalità e generosità

 

 

«E’ una storia speciale – spiega oggi la dottoressa Franca Fagioli – che ci dimostra come sia possibile, combinando strategie e programmi terapeutici, fare sempre meglio per i nostri bambini».

 

Leonardo sapeva a cosa sarebbe andato incontro e oggi con tenacia sta affrontando la riabilitazione. «E’ un personaggio» lo apostrofa la sua mamma.

 

«Quando abbiamo saputo che aveva una rarissima immunodeficienza è stato un colpo al cuore, nostro figlio è tutta la nostra vita».

 

Poi commossa rivolge un ringraziamento ai medici, alle associazioni e ai famigliari dei donatori.

 

 

«In Italia ho trovato una generosità incredibile, mio figlio vive anche grazie a due genitori che hanno deciso di donargli il fegato del loro angelo che non c'è più. Scrivetelo per favore - disse ai giornalisti -: ognuno di noi può essere un donatore.

 

Anzi, deve esserlo: più siamo, più vite possiamo salvare. E' banale, ma non ci avevo mai pensato prima di scoprire la malattia di mio figlio. Ora mi rendo conto di quanto sia importante. E' un gesto difficile, forse anche doloroso, ma non c'è amore più grande che donare la vita a qualcuno. Lasciatelo dire a chi, come me, è una mamma».

 

Per l'ennesima volta si sono rivelate determinanti le sinergie di professionisti che operano ad elevati livelli di specializzazione e che interagiscono con profonda collaborazione all'interno degli ospedali della Città della salute di Torino.

 

Da un gesto di solidarietà può rinascere una vita.

 

                                                                                            

                                                                                                     Liliana Carbone

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 20/08/2015