Salvato da un ictus dal genero e dai medici delle Molinette
Mauro Bergui e Paolo Cerrato

Daniele è riuscito a scampare da un infarto cerebrale che l’avrebbe segnato a vita

Ha gli occhi vispi ed anche se il viso è ancora un po’ segnato dalla malattia che l’ha colpito, il sorriso che traspare è pieno di riconoscenza a chi gli ha salvato la vita. Lui si chiama Daniele ed ha 54 anni, è un rappresentante, abita a Rivarolo ed è un uomo di montagna tutto d’un pezzo, che sa che in posti lontani dal caos è importante sapersela cavare, a faccia a faccia con Madre Natura.

 

Domenica 9 agosto, grazie al suo genero, Vittorio, 39 anni, Daniele è riuscito a scampare da un infarto cerebrale che l’avrebbe segnato a vita se la folle corsa contro il tempo non l’avesse portata nel luogo giusto al momento giusto. Perché Daniele, colpito all’improvviso da un ictus alla parte destra del corpo, è stato trasporto a spalle per ben 40 minuti dal genero, attraversando, tra fitti banchi di nebbia, i sentieri più impervi della Valchiusella, in frazione Fondo, a circa 2mila metri di altezza, ed è stato salvato. Tanto panico per i familiari e l’infinita speranza di fargli raggiungere al più presto l’ospedale Molinette della Città della salute e della scienza di Torino, centro di riferimento per la terapia dell'ictus cerebrale. 

 

 

Una storia speciale per un grande miracolo

 

 

Si tratta di una storia avvincente di questo uomo, che gli stessi medici hanno apostrofato come: «Un uomo forte, di montagna, rustico! Per questo ce l’ha fatta».

E’ successo in un alpeggio della Valchiusella, che si raggiunge solo a piedi, di proprietà della figlia e del genero di Daniele, dove si trovava per un pranzo all’aria aperta.

Erano le 14,10 quando l’uomo si accascia sul lato sinistro, da quel momendo fatica a parlare, chiude gli occhi e non è più in grado di muovere gli arti di sinistra. «Ricordo che masticava le parole, lo chiamavo e rispondeva cose imprecise. Mio marito era completamente paralizzato con la bocca storta e appariva confuso. Io ero impanicata» spiega oggi la moglie Maria, 53 anni, che sta al suo fianco, al terzo piano delle Molinette, ricoverato presso la Stroke unit.

 

Vittorio di istinto lo sostiene e poi lo carica a spalle perché non bisogna perdere tempo, bisogna portarlo al primo posto accessibile all’autoambulanza e all’elisoccorso che intanto erano stati chiamati. Ma come fare con una nebbia fitta e senza segnali per i cellulari?

 

E mentre Daniele imprecava «Mettetemi giù perché ce la faccio a camminare», scorrevano attimi di panico. L’uomo continuava ad essere paralizzato dalla parte sinistra del corpo perché si era verificata una cerebrolesione acuta.  Il sospetto che si fosse verificato un ictus cerebrale era evidente. Dopo 40 minuti di trasporto a piedi, Daniele, una volta raggiunta Fondo, viene raggiunto dai soccorsi e alle 17,15 giunge all’ospedale Molinette, a circa 3 ore dall'esordio dei sintomi.

 

“Il tempo è cervello”.

 

Gli esperti parlano chiaro «Nell'ictus ischemico (infarto cerebrale) sono disponibili terapie efficaci in grado di migliorare la prognosi e la mortalità dei pazienti – spiega Paolo Cerrato, responsabile della Stroke unit dell’ospedale Molinette -. Tali terapie consistono nel riaprire l'arteria occlusa, mediante la somministrazione di un farmaco in grado di “sciogliere” il trombo occludente o di rimuoverlo mediante metodiche di radiologia interventistica. Tali terapie per essere efficaci (al pari di quanto accade per l'infarto del miocardio) devono però essere attuate nel piu breve tempo possibile, secondo il concetto ampiamente condiviso che “il tempo è cervello” (time is brain)».

 

In questi casi, sostiene il medico occorre essere tempestivi per iniziare la terapia entro un’ora dall'arrivo in pronto soccorso. «Il paziente ha eseguito subito la Tac cerebrale, che ha conferma il sospetto di un ictus ischemico in atto, e una angio-tac, che aveva evidenziato l'occlusione della principale arteria che fornisce sangue al cervello. Erano trascorse circa 3 ore e mezza dall'esordio dell'ictus, per cui era necessario intervenire con la massima tempestività senza perdere ulteriore tempo. La trombolisi può attualmente essere eseguita fino a 4/5 ore dall'esordio dei sintomi, ma vale il concetto che “prima si interviene meglio è”». 

 

Secondo il professor Mauro Bergui, direttore della Neuroradiologia interventistica delle Molinette «il 10% di pazienti con ictus sono potenzialmente trattabili con la terapia che elimina il trombo ma nella pratica la percentuale è inferiore».

 

Appena terminata l'infusione del farmaco trombolitico, a Daniele è stato asportato il trombo con un intervento mininvasivo dall'èquipe coordinata dal professor Bergui. «L'intervento mininvasivo eseguito con un semplice catetere introdotto nelle arterie per via femorale che dall'inguine arriva fino al cervello è durato circa 1 ora. L'intervento è tecnicamente riuscito».

 

Daniele inizierà ora la riabilitazione. 

 

                                                                                             Liliana Carbone  

 

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Articolo pubblicato il 14/08/2015