Cronaca dai quartieri di Torino - Il kaki di Nagasaki

Messaggio di pace, cresce nel giardino tra i detenuti del carcere Lorusso Cutugno

Una pianticella derivata da un kaki sopravvissuto all’esplosione nucleare di Nagasaki testimonia, a tre giorni dalle celebrazioni del settantesimo anniversario dell’accaduto, che i valori di pace e di speranza possono crescere anche in un luogo di pena come il carcere Lorusso e Cutugno di Torino.

 

 

La pianticella è stata data in custodia alla comunità Arcobaleno per detenuti tossicodipendenti del carcere torinese in occasione del “Kaki Tree Project”, il proetto che ha coinvolto gli studenti torinesi, ed è stata piantata il 28 marzo 2014 nel giardino della comunità della struttura penitenziaria.

 

«L’esplosione nucleare di Nagasaki è un momento della follia umana che non dovrebbe mai essere dimenticato e, soprattutto, di cui dovrebbe essere trasmessa la memoria alle giovani generazioni» spiega oggi il dottor Enrico Teta, responsabile del servizio dipendenze dell’area penale del  dipartimento delle dipendenze 1 dell’Asl To2. «Ci auguriamo che questo eccezionale ambasciatore di pace e speranza sia di stimolo per mantenere sempre vivi i valori di pace, speranza e rinascita veicolati dal Kaki di Nagasaki».

 

Diospyros Kaki, una delle più antiche piante da frutto che l’uomo coltivi, conosciuta in Cina da più di 2000 anni. Detto “Mela d’Oriente”, i cinesi lo hanno definito “l’Albero delle sette virtù”: vive a lungo; offre una grande ombra; dà agli uccelli la possibilità di nidificare fra i suoi rami; non è attaccabile da parte dei parassiti; le sue foglie giallo-rosse in autunno sono decorative fino ai geli; il legno dà un bel fuoco; e la settima virtù consiste della ricchezza in sostanze concimanti il terreno per la caduta dell'abbondante fogliame.

 

Il 9 agosto 1945 a Nagasaki una esplosione nucleare (che tre giorni prima aveva distrutto Hiroshima) fece complessivamente più di 100.000 morti, distrusse completamente la città e contaminò l’aria. L’unica pianta sopravvissuta all’apocalisse nucleare fu proprio il kaki e nel 1994, circa quant'anni dopo, Masayuki Ebinuma, botanico giapponese, riuscì ad ottenere dei semi dai quali nacquero le piante di kaki di seconda generazione. Nel 1995, grazie anche all’attività dell’artista giapponese Tatsuo Miyajima, è nata l’idea di far girare nelle scuole, giapponesi prima e poi in tutto il mondo, le pianticelle di kaki perché trasmettessero il messaggio di pace di cui sono portatrici.

 

Grazie all’Asl To2 ed al suo responsabile Enrico Teta, il Kaki di Nagasaki è arrivato presso la casa circondariale Lorusso-Cutugno di Torino, in particolare alla comunità arcobaleno per detenuti tossicodipendenti, ed è stato piantato all’interno della struttura. «Lo sviluppo del progetto Kaki tree project ha creato l’opportunità di parlare di pace, carcere, droghe e riabilitazione con alunni delle scuole elementari, studenti delle scuole medie e altri attori sociali, che difficilmente avrebbero avuto la possibilità di incontrarsi» spiega il dottor Teta.

 

Con la piantumazione del kaki di Nagasaki, oggi la comunità Arcobaleno è portatrice di un messaggio di riconciliazione. Per non dimenticare.

 

                                                                                              Liliana Carbone

 

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Articolo pubblicato il 12/08/2015