Immunità parlamentare: si ritorni all'antico dei padri costituenti

Lo sollecita il Senatore PSI Enrico Buemi

"Ogni qualvolta, di questi tempi, si pensa a una riforma, costituzionale e non, si rischia di peggiorare la situazione".

Così il senatore socialista Enrico Buemi, membro della Giunta per le elezioni e le immunità, in riferimento alla proposta del Ministro Orlando di modifica dell'istituto dell'immunità parlamentare, per cui dovrebbe essere la Corte costituzionale a decidere sulle richieste dei pm e non più le singole assemblee parlamentari.

"In materia di modifiche all'articolo 68 della Costituzione, la cosa migliore è tornare all'antico e recuperare una vera, autentica e autonoma capacità di giudizio dei parlamentari rispetto ai loro colleghi sottoposti a procedimenti penali"

ha spiegato Buemi concludendo:  

"Lasciamo alla Corte costituzionale il compito che ha, che è tanto e difficile".

Questa l'ultima considerazione in proposito espressa del Senatore Buemi il quale ha voluto suggerire come Camera e Senato, quest'ultimo finché ci sarà, siano messi nelle condizioni di esprimere autonomie autentiche.

Una situazione che ci pare alquanto contorta e controversa in quanto i poteri dello Stato si trovano talvolta in rotta di collisione nel dover applicare o interpretare leggi che appartengono all'apparato costituente del sistema. 

Interpretare, già.

Come nel caso di reati, o presunti tali fino alla conclusione dell'iter buracraticolegislativo, che coinvolgono membri rappresentativi del popolo eletti, in realtà, con suffragi pilotati dalle segreterie dei partiti.

Il dubbio amletico persiste da tempo; ora, ci viene da esprimere un nostro parere che va al di sopra di qualsiasi congettura astratta o rivoluzionaria.

Certamente la richiesta di rinvio a giudizio di un PM sconvolge radicalmente la vita di un qualsiasi parlamentare, colpevole solo di essere stato indagato ancor prima che si dimostri la sua eventuale responsabilità dell'atto criminoso di imputazione.

Nello stesso tempo, se esiste un sistema giudiziario che sovraintende, per l'appunto, al giudizio dopo le dovute indagini che creano il "corpo del reato", facciamo fatica a subire l'applicazione di un iter che trasforma in giudicanti gli stessi parlamentari, organo politico che ha il compito di approvare o dissentire sui nuovi indirizzi che potrebbero modificare sostanzialmente la Costituzione. 

Per cui, a nostro avviso, il parlamentare è un soggetto come un qualsiasi altro cittadino che deve subire lo stesso giudizio e con lo stesso modus operandi nel rispetto delle leggi vigenti. 

Si eliminerebbe così sostanzialmente la cultura del sospetto sui presunti favoritismi di cui usufruirebbero ora gli uni ora gli altri.

Sarebbe troppo facile concludere citando la frase scritta in ogni aula di tribunale, ma non lo facciamo per rispetto ai tanti che hanno subito la gogna, mediatica e popolare, prima che venisse loro riconosciuta la totale estraneità ai capi di imputazione.


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Articolo pubblicato il 11/08/2015