La persecuzione cristianofobica

L’Italia condanna Magdi Cristiano Allam

Purtroppo nessuno si mobilita quando dirigenti scolastici o insegnanti vietano l’allestimento del Presepe e la celebrazione della Natività di Gesù, per non turbare le coscienze (ma avranno un coscienza?) dei giovani islamici, gabellando lo sconcerto di famiglie e alunni che vedono disconosciuti o derisi i simboli basilari del Cristianesimo.

I Politicamente corretti applaudono un pio Sindaco scrupoloso e zelante che, nel corso di un convegno d’affari cui partecipano islamici allestisce una sala di preghiere in Municipio, con tanto di tappeto. Lo stesso Sindaco si guarda bene di spiegare ai suoi ospiti cui favorisce la preghiera, che, tra le sue azioni positive si annovera la partecipazione al Gay Pride, la creazione di un registro per le unioni civili, fintanto ad auspicare il matrimonio omosessuale ed altre facezie. Sarà per la nota ritrosia del personaggio.

 Questa è l’Italia di oggi, ma non solo!

 Il discorso parte da lontano. Per questo nel 2011 l’Observatory’s Report on Intolerance and Discrimination against Christians parlò espressamente di «negazione dei diritti dei Cristiani» in Europa, evidenziando numerose gravi violazioni: della libertà di espressione, ad esempio, di quella di coscienza, della dimensione istituzionale e collettiva della libertà religiosa e molte altre ancora.

Così nel novembre del 2013 una coppia cristiana, gli anziani gestori di un Bed&Breakfast, condannata ad una sanzione di 3.600 sterline dalla Corte Suprema inglese per aver negato una camera matrimoniale a due gay; ecco nel dicembre scorso un monaco scozzese arrestato, per aver distribuito volantini, in cui qualificò come «peccati» omosessualità, fornicazione, contraccezione, eutanasia, aborto e divorzi.

Nel febbraio scorso, il primo liceo privato musulmano francese denuncia per diffamazione un ex-docente di filosofia, che accusò la scuola di «islamismo».

L’elenco potrebbe tristemente continuare. È ormai certo ed evidente: i tintinnii di manette e le aule giudiziarie sono il nuovo bavaglio, con cui si vuol ridurre al silenzio chiunque non canti col coro.

 Con un banale ricatto: chi non sia “politicamente corretto” si prepari ad esser ridotto sul lastrico da una mega-sanzione a troppi zeri oppure ad essere sbattuto in gattabuia come un pericoloso criminale. In entrambi i casi costui si ponga nell’ottica di divenire un pària, un emarginato sociale.

Anche l’Italia, pronta a dimostrare al mondo di non esser da meno, ha creato il suo caso, individuato la sua vittima, emesso la sua sentenza: quella per diffamazione, che ha condotto all’ennesima condanna in sede civile nei confronti di Magdi Cristiano Allam, giornalista e scrittore, già inviato de La Repubblica, vicedirettore del Corriere della Sera, europarlamentare dell’Udc, oggi editorialista de il Giornale.

La sua “colpa” è stata quella di metter in guardia un Occidente “narcotizzato” dalla minaccia di islamizzazione in atto: ciò gli valse già 15 anni fa una condanna a morte proclamata contro di lui da Hamas ed ora – pur con tutta la documentazione presentata a riprova di quanto da lui affermato – un’ulteriore condanna in primo grado.

A denunciarlo, è stato Ezzedine Elzir, presidente dell’Ucoii-Unione delle Comunità islamiche d’Italia. Cui ora deve pagare sull’unghia 18 mila euro.

Non è, per lui, l’unica condanna, questa, anzi è soltanto l’ennesima. Ed il conto totale è lungo, al momento ammonta già ad oltre 70 mila euro complessivi. Le prime denunce furono anche penali, ora i suoi avversari mostrano invece di preferire il civile.

 Non si può scordare il procedimento disciplinare per islamofobia, avviato nei suoi confronti dall’Ordine dei Giornalisti.

Il perché è evidente, come lo stesso Magdi Cristiano Allam ha spiegato in un’intervista al Giornale: «Sono vittima della persecuzione giudiziaria da parte degli estremisti islamici taglia-lingue, coloro che ti condannano se dici, scrivi o fai qualcosa che urti la loro suscettibilità, che si scontri con la loro strategia di islamizzazione subdola, strisciante ed inarrestabile dell’Italia e dell’Europa – ha dichiarato – Per loro sono un nemico da eliminare in quanto apostata e traditore. L’arma prediletta è il denaro: ti denunciano per costringerti alla resa, mettendoti con le spalle al muro».

I bavagli, dunque, sono pronti e pendono come forche, per indicare a qual fine siano destinate le libertà di pensiero, d’espressione e di critica, ormai rimaste solo scritte sulla Costituzione, ma nei fatti messe a repentaglio .

Prevale l’islamico risentito (mentre i cristiani nel mondo sono massacrati dai suoi correligionari), l’attivista Lgbt irritato (mentre nel mondo perde il posto e rischia multe e galera chi decida di rispondere alla propria fede ed alla propria coscienza), l’abortista suscettibile (infischiandosene dei diritti dei bimbi uccisi nei grembi materni) e via elencando. Allam conclude: «Vorrebbero impormi il bavaglio, ma non ho intenzione di tacere».

Il prezzo per riuscirvi è quello di una coerente testimonianza. «Historia magistra vitae» (“la storia è maestra di vita”), scrisse Cicerone nel De Oratore. Ed allora il pensiero corre ad un altro personaggio illustre, che si ritrovò condannato suo malgrado, proprio per diffamazione: Giovannino Guareschi, il direttore del settimanale Il Candido, accusato niente meno che da un potente del tempo, l’on. Alcide De Gasperi.

Proclamando la propria totale innocenza, Guareschi rinunciò a ricorrere in appello contro la sentenza, per scontare fino in fondo la pena inflittagli dal Tribunale di Milano. E vi rinunciò con queste parole, apparse sul Candido del 24 aprile 1954: «Accetto la condanna come accetterei un pugno in faccia». Ed aggiunse: «Per rimanere liberi bisogna, ad un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione», perché «in questo caso, accetto soltanto il consiglio della mia coscienza».

Ecco, la coscienza è ciò di cui mai nessuna denuncia, nessuna sentenza, nessun tribunale potranno privare. Ed è ciò che permette di restare liberi anche ridotti sul lastrico o dietro le sbarre. Ma è anche ciò che non può impedirci di chiamare ingiustizia l’ingiustizia, violenza la violenza, abuso l’abuso ed, in ultima analisi, soprattutto verso i cristiani, persecuzione la persecuzione.

La verità ci rende liberi!

 

Quella persecuzione cristianofobica fatta di bavagli, sanzioni e galera was last modified: agosto 5th, 2015 by Mauro Faverzani

 

 

 

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Articolo pubblicato il 11/08/2015