UnioneEuropea: complotto anti-democratico o integrazione politica?

Piano preordinato per "imporre la troika al resto dell'Europa"

In una recente intervista al quotidiano spagnolo El Pais, l'ex ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, ha denunciato l'esistenza di un piano preordinato dalle autorità tedesche, che si concretizzerebbe nell'intenzione da parte del proprio (ex) omologo tedesco Wolfgang  Schauble di voler "imporre la troika al resto dell'Europa".

Tramite la creazione di una sorta di super-commissario fiscale, dotato dell’autorità di superare le prerogative nazionali, verrebbero quindi posti sotto tutela fiscale anche quei Paesi che non rientrano nel programma di assistenza erogato da Commissione, BCE e FMI.

 Vengono subito in mente l'Italia e la Francia, due paesi fondatori e ormai da mesi osservati speciali, ma che non hanno ancora dovuto ricorrere ad un sostegno esterno per le proprie finanze pubbliche e per il proprio sistema bancario.

Ai malpensanti il progetto adombrato da Varoufakis potrebbe sembrare una sorta di nuovo"Piano Schlieffen", la strategia messa a punto dallo Stato Maggiore tedesco ai primi del Novecento e che prevedeva la conquista di Parigi attraverso l'invasione del Belgio.

A differenza del piano originario, quello di Schauble, mirerebbe al"ventre molle d'Europa" (i paesi PIGS), ma avrebbe, in ultima istanza lo stesso fine: l'estensione al resto del continente, e in primis alla Francia, di una "pax germanica", caratterizzata da lotta all'inflazione, bassi salari e rigore finanziario (la tanto famigerata austerity).

Al netto dei toni di natura più prettamente "complottarda", l'intenzione di Scheuble non dovrebbe risultare una grande novità, visto che da anni, ormai,il nodo irrisolto della questione europea riguarda proprio il completamento del progetto di unificazione,tramite la messa in comune della politica fiscale ed economica dei paesi aderenti all'Eurozona.

Più che di complotto, quindi, si dovrebbe realisticamente parlare di un processo progressivo di cessione di sovranità.

 Il problema consiste nel fatto che molti paesi, vedendosi in questo preciso momento storico in una posizione di debolezza rispetto ai loro pari europei, non sembra non voler acconsentire a nessuna diminuzione delle proprie prerogative statali, nemmeno se venisse loro accordata come contropartita la comunitarizzazione del debito o l'implementazione di un più robusto sistema di trasferimenti.

 Insomma, sembra quasi che si voglia poter usufruire delle risorse finanziarie tedesche, la qualcosa Berlino sarebbe anche disposta a concedere, ma che al contempo non si voglia lasciare alla Germania il controllo delle politiche fiscali fino al livello dei singoli paesi UE.

E' in quest'ottica, peraltro, che andrebbe inquadrata l'attività del gruppo di lavoro guidato da Mario Monti e composto, tra gli altri, da Pierre Moscovici, Guy Verhofstadt e Frans Timmermans, per conto di Commissione, Parlamento e Consiglio europeo.

Il gruppo è al lavoro su una serie di proposte per rendere più semplice e più automatico il reperimento di risorse finanziarie per l’Unione. Tra le proposte prese in considerazione ci sarebbero l'adozione di una Iva europea dell’1 per cento (con la contestuale riduzione di un punto percentuale dell’Iva nazionale, per non modificare il carico complessivo) e quella di una quota dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.

Sono proposte che, di fatto, si andrebbero ad inserire in quella maggiore integrazione finanziaria evocata recentemente da Schauble al settimanale tedesco Der Spiegel.

Il ministro delle finanze tedesco ha infatti auspicato proprio il trasferimento delle competenze in materia finanziaria a Bruxelles, attraverso la creazione di un ministro delle finanze europeo, che sia però politicamente responsabile di fronte ad un'apposita assemblea parlamentare dell'Eurozona (ipotesi recentemente evocata dal Presidente francese Francois Hollande).

Date le attuali divisioni politiche all'interno dell'Unione è alta mente probabile, peraltro,che il lavoro del "Monti group"finisca per interessare la sola Eurozona, sancendo così una sempre maggiore distanza tral’Europa dell’Euro e l’Europa fuori dall’Euro.

Una cosa è certa: la lunga e travagliata gestione del caso greco sembra aver definitivamente smosso le acque della situazione europea, inducendo i paesi membri dell'Eurozona ad intraprendere un percorso di integrazione politica.

Non sarà un processo veloce e men che meno sarà qualcosa di indolore, perché dovrà coincidere per forza di cose con una progressiva cessione di sovranità in materia di finanza pubblica.

Parallelamente dovrà vedersi la costituzione di un meccanismo di controllo democratico sovranazionale, che possa interfacciarsi inoltre con un organismo decisionale che sappia effettivamente interpretare ed incarnare,nell’appropriazione di governo,l'interesse comune dei diversi popoli europei.

Sta a  i paesi membri dell'Eurozona, qui ed ora, riflettere su quale possa essere questo interesse comune.

 

                                                                                         Davide Corazzini

 

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Articolo pubblicato il 10/08/2015