La sentenza di Strasburgo

Ha avuto grande risonanza la recente sentenza della Corte Europea di Strasburgo per i diritti umani che ha ufficialmente accertato la mancanza in Italia di una legge che tuteli le unioni fra coppie dello stesso sesso.

La Corte ha dunque disposto che il nostro Paese provveda a colmare il vuoto legislativo ordinando che vengano sostanzialmente e formalmente riconosciuti i diritti delle coppie gay in ottemperanza di quanto dispongono gli articoli 8 e 12 della Convenzione europea dei diritti umani sul diritto dei cittadini al rispetto della loro vita privata e familiare.

Sulla natura giuridica del provvedimento non sembrano esservi dubbi. Sebbene non siano previste sanzioni in caso di violazione del dispositivo da parte del nostro Paese (salva la procedura di violazione di carattere eminentemente politico) è fuor di dubbio che il nostro Parlamento dovrà pronunciarsi urgentemente sulla questione e in tal senso si sono già espressi il ministro M.E. Boschi e il sottosegretario Ivan Scalfarotto.

Correttamente il portavoce della Corte Europea ha ribadito che non è compito della Corte individuare quali siano i provvedimenti che l’Italia dovrà assumere purchè essi rispondano ai fini previsti dai citati articoli.

Si porrà dunque il problema di quali siano l’oggetto e i limiti che la normativa emananda dovrà regolamentare e, se su molti argomenti vi sarà convergenza di pareri, su altri si solleveranno in Parlamento dispute furibonde di cui abbiamo già avuto sentore in passato come nel 2010 quando la Consulta redarguì il Parlamento invitandolo a legiferare sui diritti civili delle coppie omosessuali (tale precedente giurisprudenziale, insieme ad altri, non è stato certamente estraneo ai magistrati della Corte di Strasburgo che, nel pronunciarsi nei confronti dell’Italia, hanno trovato un terreno fertile perché gia dissodato dalla magistratura italiana).

Non si è perso tempo (almeno in questo !) a dare subito fiato alle polemiche tanto che fin d’ora possiamo ben dire che, fra le altre, le discussioni più animate saranno quelle sulla formalizzazione del matrimonio fra le coppie gay, sulla reversibilità della pensioni e sulle adozioni, in particolare sulle “stepchil adoption” ovvero sull’adozione del figlio minore del partner.

Sarà dunque interessante seguire il dibattito parlamentare giacchè il tema è di grande rilievo sociale e morale e dunque è auspicabile che la legge sia il frutto di accordi trasversali che tengano conto della sua importanza a dir poco storica.

Proprio per tale motivo è da augurarsi anche che i nostri politici si confrontino con il prevalente orientamento degli italiani, affrancandosi dagli schieramenti storici precostituiti di destra  e di sinistra che nulla più hanno a che vedere con il dinamismo che ha coinvolto negli ultimi decenni quasi tutti i settori della nostra società.

A questo proposito sarà dunque essenziale che vengano preliminarmente superate le accuse di razzismo e di attentato alle libertà personali, da un lato, e di violazione della morale fondata non soltanto sulla tradizione cattolica ma anche sul diritto naturale, dall’altra.

Il chè sarà tutt’altro che semplice tenuto conto che il dialogo non potrà sempre mantenersi su livelli teorici ma dovrà scendere sul piano pratico e trovare quei provvedimenti che possano costituire una sintesi che accontenti non solo le opposte fazioni ma anche e soprattutto gli italiani.

Ciò sarà possibile soltanto se verranno trovate soluzioni a prevalente carattere amministrativo in grado di dar luogo ad un periodo anche breve di transizione durante il quale la nostra società abbia modo di assuefarsi ad una evoluzione che, in ogni caso, richiede una profonda revisione degli istituti tradizionali e in particolare di quelle radicate convinzioni etico/morali che non tutti sono disposti ad abbandonare tout court.

Ciò non vuol dire che si debba dare fiato ad ostruzionismi di comodo da parte di alcuni gruppi politici del Parlamento al testo della legge (relatrice la senatrice Monica Cirinnà), perché comunque il riconoscimento legale per le unioni  di persone dello stesso sesso non è più procrastinabile.


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Articolo pubblicato il 25/07/2015