AC/DC "Rock or Bust World Tour" atterra ad Imola

L’evento è di quelli che proprio non puoi perdere: l’unico concerto italiano del “Rock or Bust World Tour” degli AC/DC, secondo voci incontrollate tour d’addio della band anglo-australiana.

La location è altrettanto mitica, avendo ospitato diverse edizioni dell’“Heineken Jammin’ Festival”: il Paddock Rivazza, dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola.

Il viaggio è sicuramente da affrontare in moto, e mai scelta si è rivelata così azzeccata: traffico impazzito sulla A14 e lunghe code al casello, avvolti, gli automobilisti naturalmente, in una cappa di calore davvero soffocante.

Le restrizioni alcooliche studiate dal comune di Imola, a prima vista, non hanno sortito l’effetto desiderato: nel mega camping auto allestito fuori dall’autodromo, in attesa che si aprano i cancelli, gira di tutto, ben oltre i 5 gradi massimi, decisi dall’ordinanza comunale, ma probabilmente è giusto così, e non stiamo a sindacare sui dettagli, anche perché una volta aperti, i cancelli, girerà di tutto…e di più…

 

Novantamila persone, stima per difetto, in arrivo da tutta Italia e non solo, una “app” per smartphone studiata appositamente per l’evento, un palco immenso, nella migliore tradizione degli happening di questo genere, maxi schermi davvero “king size” e torri di rimando altissime per garantire un’acustica quasi perfetta: tutto è pronto per accogliere “loro”.

Già…”loro”…gli AC/DC…gruppo hard rock anglo-australiano, ecc, ecc…questo già lo sappiamo…milioni di copie vendute ecc, ecc…sappiamo anche questo…tralasciando i luoghi comuni, la band affronta il tour mondiale, 40 date per celebrare 40 anni di attività, un tantino incerottata: Malcom Young è rimasto a casa, colpito da una precoce demenza senile, sostituito dal nipote Stevie Young nel ruolo di chitarrista ritmico, con Phil Rudd a farg

li compagnia in patria, visto che il drummer è agli arresti domiciliari per una brutta storia di droga e di killer assoldati per far fuori chissà chi, sostituito in fretta e furia da Chris Slade, già batterista, mai troppo amato dal pubblico, in verità, nei primi anni novanta.


Della formazione più o meno classica, restano Cliff Williams al basso, Brian Johnson, voce cartavetrata e coppola a coprire una probabile pelata e naturalmente Angus Young, unico e vero simbolo della band.


Dopo un gruppo di supporto di cui non ricordo neanche il nome, poco dopo le 21.00, finalmente “loro” arrivano, preceduti da un video che inizia con lo sbarco sulla Luna, con relativa bandiera australiana anziché a stelle e strisce, per proseguire con il volo di un meteorite che parte proprio da un cratere lunare ed atterra sul palco a forma di corna, e tra fumi , fuochi e botti, partono le note di “Rock or bust”, title track dell’ultimo album ed è subito…“high voltage rock’n’roll”!

Il resto della scaletta e dello show in senso stretto, non è troppo diverso da quello a cui assistetti nel 1984 a Torino, alla Curva Maratona del vecchio Stadio Comunale (c’erano anche i Motley Crue…), uno dei tanti a cui ho partecipato nel corso degli anni: una serie di greatest hits, intervallati da qualche brano più recente, tra cui segnalo la bellissima e tiratissima “Rock’n’roll train”, il celebre “duck walk” del lead guitar, lo spogliarello sempre di Angus e la campana che scende dall’alto per introdurre “Hell’s bells”.


Il tutto per il delirio dei presenti che naturalmente riconoscono tutte le canzoni alla prima nota di chitarra e cantano a squarciagola ritornelli entrati di diritto nella storia del rock, “You shock me all night long” è solo un esempio.

Non può mancare la bambola gonfiabile durante “Whole lotta Rosie”, tributo ai Led Zeppelin ed alle donne in carne, che anticipa “Let there be rock” che si conclude con un lungo assolo di Angus, che accenna i riff di alcune canzoni non entrate in scaletta e che si accascia esausto alla fine della performance, nel tripudio generale.


Un altro assolo introduce i bis e precede quello che tutti aspettano, “Highway to hell”, dove Brian sputa quel che resta delle tonsille ed anticipa la chiusura ormai classica di tutti gli show, “For those about to rock” con la immancabile batteria di cannoni puntati sul pubblico.


Tutto sommato niente di nuovo sotto il sole, se non la formazione diversa, come già esposto in precedenza, formazione dove i sostituti si sono rivelati pienamente all’altezza della situazione ed i titolari, per così dire, in splendida forma, nonostante l’età non più verdissima.

Per il resto…it’s only hard rock…ma ci piace assai…

 

Stay always tuned !!!

 

 

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Articolo pubblicato il 11/07/2015