Il Borgo del Martinetto di Torino

Un tempo era un borgo assai periferico di Torino che ospitava numerose industrie e l’Ospizio Celtico, per curare le prostitute sifilitiche

A Torino, il Borgo del Martinetto, oggi si colloca nel quartiere San Donato, di cui rappresenta l’estrema parte occidentale, vagamente triangolare, compreso tra l’ospedale Maria Vittoria e l’ansa del fiume Dora.

Nella Torino della seconda metà dell’Ottocento, dove è ancora presente la Cinta Daziaria del 1853, la Barriera del Martinetto, una delle poche che prende il nome dall’area cittadina dove sorge e non dalla località cui si giunge uscendo dalla Barriera, è posta dove la via San Donato incrocia corso Alessandro Tassoni.

Ancora nel 1877, un giornalista definisce il Martinetto come un borgo assai periferico di Torino, posto «… al di là di Borgo San Donato», che terminava in corrispondenza della attuale via Saccarelli.

A quel tempo, un altro nucleo abitativo e produttivo, posto lungo la via San Donato all'incirca in corrispondenza delle attuali vie Vagnone e Pacinotti, è quello del Bruciacuore (Brusacheur) che prende il nome dal gruppo di cascine così denominato.

Ma di questo sito torinese, il cui nome non promette niente di buono, parleremo un’altra volta.

Torniamo al Martinetto, termine che indica un grosso martello, un maglio azionato dalla forza idraulica, usato nelle fucine da fabbro per la lavorazione del ferro.

Il termine Martinetto puntualizza la vocazione industriale di questa zona, dove veniva sfruttata l’energia dell’acqua derivante dalla vicina Dora Riparia.

Il Martinetto è stato sede di svariati mulini che rifornivano di farina la città di Torino, già presenti nel 1567, importanti nel corso dell’assedio francese del 1706.

Nel 1835 l’antica strada che dall’area dell’attuale piazza Statuto raggiunge il Martinetto, viene aperta con il nome di contrada, poi via, del borgo di San Donato.

Al Martinetto, già nel 1841, si trovano un buon numero di abitazioni, assai popolate, soprattutto dai lavoratori delle industrie locali, alcune costruite nel Settecento, che sfruttano l’energia idraulica fornita dai canali: mulini, filatoi, macchinari per la cardatura della lana, un follone per la lavorazione dei panni (la follatura è l’infeltrimento dei tessuti di lana che li rende compatti e impermeabili), una cartiera, una conceria ed una fabbrica di maioliche.

Al Martinetto, dal 1776, si trova anche l’Ospizio Celtico o Sifilocomio, istituto repressivo-assistenziale per la cura delle prostitute colpite da sifilide.

Il controllo della prostituzione, affidato alla polizia municipale del Vicariato, oscilla tra esemplari castighi che ne sottolineano le negative valenze morali, provvedimenti di regolamentazione del fenomeno, come schedatura e visita medica settimanale obbligatoria, e progetti di riunione delle donne in siti considerati non scandalosi e idonei ai controlli di polizia.

L’Ospizio Celtico del Martinetto è situato in un edificio mal costruito, scomodo e per di più in un sito umido.

Questi inconvenienti inducono il re Carlo Alberto a provvedimenti radicali: nell’agosto del 1838 le prostitute sono spostate nei nuovi adeguati locali dell’Ergastolo, fuori di Porta Nuova e nei pressi della via Nizza, nell’area oggi occupata dal liceo classico “Vittorio Alfieri”.

L’edificio dell’Ospizio Celtico viene acquistato nel 1844 da privati ed adibito ad uso industriale.

Di tutto queste realtà del passato, oggi in via San Donato resta assai poco.

In corrispondenza della Barriera del Martinetto, in mezzo al corso Tassoni, fino al 1958, è rimasto l’edificio della Cinta Daziaria del 1853, che ospitava gli uffici e le guardie daziarie.

A differenza di molti altri edifici analoghi di altre barriere cittadine, non era porticato, aveva soltanto una tettoia sulla porta d’ingresso. Nel 1912, quando era stata tracciata una seconda Cinta Daziaria più ampia, che percorreva la via Pietro Cossa, l’edificio era stato abbandonato e poi utilizzato come abitazione da famiglie bisognose.

Ha continuato a occupare il centro di corso Tassoni fino al 1958, quando è stato abbattuto, dopo che le dodici famiglie residenti erano state trasferite a Lucento.

È stata molto utile per questo articolo la consultazione del Gruppo “Torino sparita su Facebook”.

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Articolo pubblicato il 08/07/2015