TOTO: hold the live

Grande ritorno, con sorpresa, della band californiana, ai Mercati Generali di Milano

La major CBS, verso la fine degli anni ’70, al grido di “Guai a chi non ascolta rock”, lanciò una serie di gruppi quali i Molly Hackett (southern rock), Boston (FM rock), un solista del calibro di Meat Loaf (rock oriented) e i Toto (rock in tutte le possibili diramazioni).

Quasi quarant’anni dopo, soltanto il cantante di Dallas (per altro reinventatosi anche attore ed enterteiner nel corso degli anni), e la band californiana sono rimasti vivi nelle cronache musicali internazionali.

Quella dei Toto è una storia strana, complessa, fatta di milioni di dischi venduti, di innumerevoli cambi di formazione, soprattutto per quanto riguarda i lead vocals, di morte, purtroppo, con la prematura scomparsa “del” batterista per eccellenza Jeff Porcaro e del fratello “Bassman” Mike, ma anche di una evoluzione musicale che li ha portati dall’hard rock dei primo album (Toto – 1978), al concept album (Hydra – 1979), al successo planetario con un rock molto più soft (Toto IV – 1982) al progressive (Kingdom of Desire – 1992).

Senza dimenticare l’attività live, vero punto di forza della band, che nel corso di questi quasi quarant’anni, li ha portati in ogni angolo del mondo, Italia compresa.

Nell’ormai lontano 1983, li vidi per la prima volta on stage, al Palasport di Parco Ruffini: concerto indimenticabile, potenza allo stato puro, tecnica paurosa e una “guest star” davvero “guest”: Timoty B. Smith (ex bassista degli Eagles, come corista).

Nel corso degli anni ho assistito a parecchi altri concerti, con diverse formazioni, tutte di altissimo livello, per carità, ma il feeling dei “veri” Toto, per intenderci, quelli del 1983, non lo avevo più riscontrato, nonostante tutto.

Bene, il concerto di venerdì scorso a Milano, ai Mercati Generali, durante l’Estathè Market Sound, è riuscito finalmente a riportarmi indietro nel tempo, come già il nuovo disco “Toto XIV”, quattordicesimo album in studio della loro produzione, uscito all’inizio del 2015.

Tanto per incominciare per via della formazione, che rispolvera, sia in studio che dal vivo, David Hungate al basso, Steve Porcaro alle tastiere e il cantante solista Joe Williams, assenti dal gruppo ormai da tempo immemore; poi per via del batterista Shannon Forrest, che per gusto musicale e tecnica sopraffina, ricorda molto da vicino il compianto Jeff.

A questi aggiungete David Paich alle tastiere e Steve Lukather alla chitarra (unici sopravvissuti a trentotto anni di vita spericolata della band), unite il condimento di Lenny Castro alle percussioni ed ecco servito ai quasi diecimila presenti, il piatto prelibato del Tour 2015.

Uno spettacolo che mischia sapientemente i brani del nuovo album, proprio “Running out of time” da “Toto XIV” (che apre lo show), a brani storici, prima fra tutte “I’ll supply the love” tratta dal primo album.

Il resto della scaletta è una alternanza di vecchio e nuovo con la voce di Joe, chiamata a non far rimpiangere gli interpreti originali, in brani come “Stranger in Town” (original vocal by Fergie Frederiksen) oppure “Hold the line” (Bobby Kymball), per altro con ottimi risultati.

Davvero degna di nota “Little wing”, dove la chitarra di Steve riesce nell’altrettanto arduo compito di farci, almeno per pochi minuti, dimenticare, l’indimenticato Jimi Hendrix.

Un altro momento che ho apprezzato parecchio, il medley “On the run-Goodbye Eleanore” che ha preceduto il brano di chiusura, naturalmente “Africa”, dove ad un certo punto spunta l’ospite a sorpresa, ovvero il mio coetaneo (ebbene si) Mr. George Clooney, a quanto pare amico intimo di Steve, che si lancia a cantare (vabbè…) il ritornello, con uno stile da consumato frontman.

Un concerto che ha soddisfatto appieno le aspettative dei fans, che riconcilia con la musica, quella vera e che dimostra quanto sia ancora vitale, una band data troppo frettolosamente per morta.

Stay always tuned !!!

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 07/07/2015