Alcune considerazioni sul dopo referendum in Grecia

Segnali contrastanti che proviamo a decifrare

La maggior parte degli economisti ha un' opinione molto negativa rispetto alla situazione complessiva della Grecia dopo il no al referendum del 5 luglio ( guarda caso, lo stesso giorno in cui gli USA festeggiano l' Indipendence Day, quasi un parallelismo tra il piccolo Stato e gli USA ed alla volontà del popolo greco di affrancarsi dalla austerithy voluta dall' Eurogruppo applicando le regole della troika).

 

Alcuni, come l' autorevole presidente del Parlamento europeo Martin Schultz, hanno persino azzardato l' ipotesi che, mancando un accordo realistico tra lo scarso potere politico che ha la Grecia in Europa nei confronti di tutti gli altri governi, e se mancheranno le basi e le intese economiche per realizzarlo, si passerà alla fase umanitaria, cioè addirittura a fare una vera e propria elemosina alla Grecia perchè possa far sopravvivere i suoi abitanti più bisognosi. Di sicuro rimane il fatto che i fondi europei d' emergenza rimangono, per ora, stabili ad 89 miliardi di euro, e che l' aumento di 6 miliardi richiesto dalla Grecia non è stato preso in considerazione. 

 

Da più di una settimana ormai i greci stanno sperimentando i morsi della mancanza di liquidità a cui devono assoggettarsi, una vera e propria prova generale di ciò che succederà in futuro nel caso in cui non vi sia un accordo politico tra Tsipras e la UE, principalmente con Angela Merkel che sembra non abbia nessuna intenzione di tornare sui suoi passi, che non prevedono di continuare a fornire liquidità alla Grecia nel caso quest' ultima non operi le riforme strutturali di cui ha estrema necessità per sostenersi autonomamente.

 

Questo è il boccone più indigesto da metabolizzare da parte greca: i cambiamenti strutturali son malvisti dalla maggior parte della popolazione, che quindi ha votato no alla proposta di peggiorare il loro status sociale con altre misure restrittive, che oltretutto non hanno portato ad una crescita sostenibile negli ultimi quattro anni ma ad una diminuzione del 25% del PIL greco ed ad un drammatico aumento della disoccupazione. D' altra parte, però, bisogna considerare che i soldi che la Grecia chiede agli altri Paesi dell' Eurozona non sono figli di NN, ma provengono dalle tasche di tutti noi. Solo per fare un esempio, la Lituania ha un reddito medio annuo di 12.000 euro, e la Grecia di 17.000. Non si capisce quindi perchè la Lituania, insieme ad altri 7 Paesi EU con un reddito pro capite inferiore a quello greco, debba sostenere il Paese ellenico ed il suo debito. 

 

Si dirà che la questione è prettamente politica, quella di potere fare in modo che i greci  abbiano uno status civile ed economico adeguato ai tempi e non dissimile dagli altri Paesi europei – essendo parte della UE - ma le cose non stanno esattamente così : troppe sono ancora le differenze con gli altri Stati da colmare, innanzitutto con i Paesi del Nord Europa che, anch' essi come specialmente la Finlandia e la Danimarca, nonostante abbiano i conti pubblici in ordine, hanno visto ridurre la loro crescita negli ultimi anni e non possono certo definirsi immuni dalla crisi generale che ha colpito l' UE negli ultimi anni.


Come non citare le considerevole evasione fiscale in Grecia, i privilegi di alcune categorie sociali come i militari che possono andare in pensione a 45 anni e molte altre tra le quali si annoverano  mestieri usuranti che non lo sono affatto ( vedi conduttori televisivi) , gli armatori stile Onassis che non pagano tasse sui profitti fatti all' estero ( che sono la stragrande maggioranza), il numero esorbitante del personale pubblico ( in % il doppio del nostro, come se noi avessimo 7 milioni di persone che lavorano nello Stato invece di 3,5 ) ed il fatto che Tsipras ha voluto riassumere i dipendenti pubblici lasciati a casa dal precedente governo. Come anche la corruzione pervasiva e mai affrontata, tutte cose che praticamente non esistono nell' Europa del Nord, e che hanno portato la Grecia ad una situazione insostenibile. Purtroppo, come anche avvenuto in Italia, molti fondi europei destinati allo sviluppo sono stati dirottati a favore di società fasulle che ne hanno approfittato per costruirsi magari una villa al mare da parte dei richiedenti i fondi.

 

Altri Paesi come Irlanda, Spagna e Portogallo ed anche l' Italia ( definiti  PIGS o PIIGS : Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna ) hanno effettuato le riforme a cui tutti i Paesi Europei devono e dovranno attenersi per emanciparsi dall' eccessivo debito pubblico e avere una crescita sostenibile, ed hanno iniziato ad avere risultati positivi e credibili. I sacrifici li hanno fatti tutti, compresa l' Italia con la legge Fornero che ha, nel giro di soli venti giorni di decisione alquanto piagnucolosa da parte dell' ex ministro, innalzato di alcuni anni l' età per andare in pensione .

 

Difficile era prevedere che vincesse il no in Grecia, ed ancora di più con il 61% contro il 39 % dei si. Pare che il fatto di avere votato per Syriza solo 6 mesi fa abbia contato molto per l' esito referendario, e che comunque i cittadini greci abbiano intuito che continuare nel gioco al massacro di avere aiuti monetari dalla BCE e dal FMI -che però non vanno ad aumentare le risorse interne ma per la massima parte a pagare gli interessi sul debito il quale continua a crescere – è deleterio se non fermato in tempo: in altre parole continuare così sarebbe controproducente non solo per la Grecia ma per tutta la UE, in quanto il debito nei confronti dei creditori europei non potrà mai essere restituito. Ed è questo il più grande risultato della politica di Tsipras, che è sempre stato convinto che il debito greco deve essere ristrutturato ( temine tecnico che cerca di evitare di dire drasticamente ridotto o cancellato del tutto).

 

Si pone quindi la domanda se, dal 5 luglio in poi, la Grecia sarà salvata dalla UE oppure no. Appare difficile che al tavolo delle trattative la Grecia possa accampare dei diritti quando non cominci a rivedere, invece, la sua politica che è strettamente ed inscindibilmente legata con la sua economia e finanza. Qui la Merkel, giusto o sbagliato che sia, ha già affermato che non tirerà più fuori un soldo se la Grecia non agirà immediatamente nella direzione indicata dall' Eurogruppo, che è il consiglio di tutti i ministri finanziari europei, tra cui Padoan. D' altronde sono almeno 6 anni che la Grecia sta conducendo le trattative con l' EU, e non si vede come con un OXI referendario le trattative si riaprano su posizioni più concilianti da entrambe le parti.

 

E' chiaro che la posizione rigida ed egemonica di Angela Merkel può dare fastidio a molti, specialmente in questi consessi dove bisogna decidere delle sorti delle nazioni, con la premier tedesca dall' alto della sua posizione decisamente arrogante, ma è nel costume delle genti che chi detiene il potere ( in questo caso decisamente economico più che politico) lo esercita sino in fondo, esattamente come già fece Margareth Tatcher, la Lady di ferro, tirando fuori l' Inghilterra da una crisi grave, soprattutto vendendo e privatizzando beni pubblici, cosa che Tsipras rifiuta di fare.

Al contrario, alcuni analisti internazionali sono convinti che, senza accordi con le controparti europee, Tsipras potrebbe scegliere di nazionalizzare banche ed aziende, financo la Banca Centrale greca, mossa questa assai improbabile in quanto farebbe uscire immediatamene la Grecia dall' euro.

 

Di conseguenza si assiste ad un spettacolo poco edificante di scontro di mentalità più che politico : nel costume degli Stati del Centro e Nord Europa è implicito e fondante avere uno Stato che abbia i bilanci a posto. In caso contrario ( ma non succede mai) si va automaticamente in penale, stato questo rafforzato dalla mentalità protestante e calvinista della maggior parte delle persone che compongono gli Stati del Nord Europa. Come sempre sostenuto, non sono i governi che cambiano gli Stati, ma è la mentalità del popolo che ci può provare. D' altronde un detto popolare greco recita “ Un governo vale l' altro”, a riprova che non ci crede nessuno ad un cambio di marcia della Grecia dopo questo referendum, ed ad un governo Tsipras che possa realmente raddrizzare le cose in poco tempo. In più, il premier greco non può perdere la faccia di fronte ai propri elettori che hanno confermato la sua linea politica, né tantomeno mettersi contro la propria moglie che ha dichiarato che chiederà il divorzio nel caso il marito dovesse cedere alle Istituzioni finanziarie europee che chiedono altri sacrifici ai greci.

 

Prodi, che può essere anche criticato come politico ma è sempre stato un buon economista, ha detto recentemente di essere di Reggio Emilia, provincia che da sola esporta di più di tutta la Grecia. Questo dato da solo ci fa capire l' entità di scarso rilievo dell' economia greca, che non ha praticamente industria e la cui forza si basa sulla potente flotta commerciale e sul turismo soltanto. Ci può far capire che pretese di aumento di benessere generale, amplificate da Tsipras e dalle sue promesse elettorali, che prevedevano di aumentare le spese a favore dei più bisognosi ma non toccava gli interessi degli armatori che non pagano tasse sui profitti all' estero – che sono ovviamente più del 95% del totale- e che, oltretutto, portano immense ( per lo Stato greco) quantità di denaro all' estero senza nessun controllo, sono assolutamente irrealizzabili, soprattutto nel giro di pochi anni.

 

Non abbiamo la sfera di cristallo per prevedere il futuro della Grecia, così come, onestamente, non ci aspettavamo una così schiacciante vittoria dei no al referendum. Intanto il ministro greco delle finanza Varoufakis si è dimesso lunedì mattina, evidentemente constatando di non avere più nessun potere negoziale con la UE dopo che dagli altri ministri finanziari gli è stato chiaramente detto, solo pochi giorni fa, di essere solo un pagliaccio. Varoufakis, detto "Varouf", ha anche definito terroristi i creditori europei, e con queste credenziali non può certo rimettersi a stringere la mano a questi suoi nemici sfoderando il suo sorriso così suadente, specialmente verso le signore dell' Eurogruppo. Poco male : il professor Varoufakis, che si definisce marxista ed è diventato l' icona dell' anticapitalismo virale, ha già pronta una nutrita agenda di prossime conferenze internazionali che certamente non lo lasceranno né senza euro e nemmeno senza dollari, ma è evidente che rinuncerebbe alle eventuali dracme svalutate del 50 %, come minimo. Varoufakis ha lasciato il posto ad Euclides Tsakalotos, considerato un bravo e deciso mediatore, ed anche molto diplomatico.

 

Se si vuole, a tutti i costi, volgere tutte le questioni in politica, a mio modesto avviso sarebbe più opportuno discutere sulla egemonia della Germania in Europa, più che delle sorti di uno Stato come la Grecia , che contribuisce solo per il 2% al bilancio europeo, e che avrà pure delle colpe ed ha truccato i bilanci per entrare nell' Euro, e quindi non vuole sicuramente uscirne, come sostenuto anche da Tsipras. In capo a tutto questo processo che vede l' Europa interrogarsi sulle proprie forze e debolezze, rimane sempre il problema di fondo : che senso ha avere una moneta unica in vigore per 18 Paesi così diversi economicamente tra di loro ?

 

Per gli europeisti convinti e purtroppo delusi troppe volte da questa Europa diventata così burocratica e sotto il dominio di poteri economici forti come le banche e le istituzioni internazionali di governo ( la ex troika costituita da FMI, BCE e Commissione Europea) sarebbe il caso di rendere effettiva ed operante tutta la Costituzione Europea che prevedeva ben più alti valori rispetto a quelli che vengono oggi messi in campo dalla UE nel caso greco.

 

In caso contrario si potrà dire che anche l' Europa non è che un sogno di gloria, e per questo rimarrà nel modo dei sogni.

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Articolo pubblicato il 07/07/2015