I fauni della Palazzina Marzoni Corsini, a Torino

Progettata dall’ingegnere vercellese Carlo Angelo Ceresa nello stile dell’epoca di Enrico IV, neo-rinascimentale francese, mette in mostra suggestivi decori

Quando a Torino l’attuale corso Luigi Einaudi si chiama ancora corso Peschiera, la signora Francesca Corsini vedova Marzoni, sul finire del 1905, dà inizio ai lavori per la costruzione di una palazzina all’angolo con la via Lamarmora che viene completata nell’autunno del 1906. Il progetto è dell’ingegner Carlo Angelo Ceresa (Vercelli, 1870 – Bardonecchia, 1923), laureato a Torino nel 1895 e in quel periodo molto attivo a Torino.

L’ingegner Ceresa si è ispirato allo stile dell’epoca di Enrico IV, neo-rinascimentale francese, naturalmente con libertà di interpretazione e modernità di applicazione - come scrive la rivista “L’Architettura Italiana (1910-11)” - e si è occupato anche dell’ambientazione interna e dell’arredamento di tutte le stanze.

La nuova palazzina Marzoni Corsini è collocata nel quartiere che in seguito prenderà il nome di Crocetta, che sta sorgendo attorno a quella che era detta “nuova piazza d’armi” e che è stata sostituita dalla piazza d’armi “nuovissima”, quella che conosciamo oggi.

L’area della “nuova piazza d’armi”, compresa fra gli attuali corsi Castelfidardo, Montevecchio, Galileo Ferraris e Luigi Einaudi, è occupata per un terzo dallo Stadium, ancora in costruzione, vasto edificio ad uso sportivo al tempo considerato il più grande stadio italiano e uno dei maggiori nel mondo, realizzato in cemento armato e già fornito di illuminazione elettrica.

La nuova palazzina Marzoni Corsini oggi si colloca nell’isolato compreso tra corso Luigi Einaudi, via Lamormora, via Governolo e corso Galileo Ferraris. Il portone d’ingresso è collocato al civico 8 di corso Einaudi, un secondo ingresso è al civico 42 di via Lamarmora e il portone carraio si trova al civico 31 di via Governolo.

La palazzina, oltre che da appartamento per la proprietaria, doveva anche rappresentare un investimento, quindi è divisa in tre piani, con alloggio signorile per ciascun piano.

La proprietaria si insedia al secondo piano mentre pianterreno e primo piano sono occupati dal cav. Emilio Ferro.

L’ingegner Ceresa si è occupato anche dell’ambientazione e dell’arredamento di tutte le stanze.

Elementi fortemente suggestivi dei decori esterni della palazzina sono i telamoni in forma di fauno che, in coppia, reggono il balcone sovrapposto al portone d’ingresso e, in tre, sul lato di via Lamarmora, sostengono il bovindo.

I cinque fauni appaiono nello sforzo di reggere i balconi, aiutati da un cuscino che mantengono sulle spalle impugnandone le estremità con le braccia allargate, presentano cosce villose, polpacci nudi, piedi non caprini ma con unghie che ricordano quelle di un felino. La copertura dell’addome e dei genitali esterni è assicurata da un elegante drappeggio che fascia la parte inferiore del loro corpo e termina con un raffinato cordone con fiocco.

Assai meno suggestive appaiono le due lesene in forma di giovani donne in topless, ammiccanti e disponibili, che decorano la piccola costruzione a due piani che unisce la palazzina Marzoni Corsini alla casa vicina.

Esaminando poi con attenzione il ricco e complesso apparato decorativo esterno, si possono poi rilevare le teste di altri personaggi e creature mostruose:  teste di donna con uno strano copricapo che ricorda l’opera “Nabucco”, arcigni volti maschili ipertricotici, che ricordano l’opera “Rigoletto” per il cappello da buffone di corte, posti nei capitelli sotto lo spiovente del tetto dal lato di via Lamarmora, dragonesse alate e poppute nei bovindi, due teste grottesche sotto il bovindo all’angolo delle due vie, dove si può ancora leggere l’antica targa stradale “Corso Peschiera”.

Le finestre ovali degli abbaini sono ornate da mostruose creature, costituite da un formoso tronco di donna con testa leonina, che evocano il detto di re Vittorio Emanuele II: “Per ‘na bruta facia, quanti bei cui ch’as perdo!”.

La rivista “L’Architettura Italiana (1910-11)” ci informa che la decorazione plastica è della Ditta Luisoni mentre la decorazione cromatica è opera del pittore Castano. I mobili,infine, sono stati realizzati dalla Ditta Fratelli Prof. Rossi, di via Artisti 1.

A poco più di un secolo di distanza, non è certo una forma di pubblicità!

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Articolo pubblicato il 26/06/2015