I migranti e le nostre paure: alcune brevi considerazioni sul nostro futuro

Le scene che vediamo quotidianamente alla televisione cominciano ad allarmare i paesi di tutta Europa. Noi siamo in prima linea. Fa male vedere il modo in cui vengono trattati esseri umani che, in fuga dalle miserie dei loro paesi, vengono a cercare riparo in questa nostra società, che si vuole evoluta. È impressionante notare come fino ad ora si sia pensato solo a dove far riparare queste persone, quasi a nasconderle, affidando il compito a strutture e uomini molto qualificati, ma fino ad oggi insufficienti, per quanto è possibile vedere dai filmati televisivi.

Persone che dovrebbero essere censite non tanto per la loro pericolosità sociale, perché anche quello comunque è un problema che andrà affrontato nelle sedi idonee, ma per un’altra questione  assai più pericolosa che riguarda tutti loro e noi. L'arrivo in massa di esseri umani defedati da un viaggio massacrante è, in primo luogo e senza dubbio alcuno, una minaccia per la salute pubblica, sia per gli abitanti del suolo su cui vengono a trovare riparo, che per i migranti stessi.

Questi costituiscono una popolazione molto eterogenea accomunata dal sogno di raggiungere l'Europa, quell'Europa che ormai tutti i migranti conoscono molto bene grazie alla diffusione mondiale del segnale televisivo che porta una finestra sul benessere in case sperdute e molto lontane da qui, mostrando l'immagine, a volte falsa, di una vita serena che, al momento, può solo instillare in loro il desiderio di poterla raggiungere e vivere al pari nostro.

Queste persone si recano nei nostri paesi con l'idea di riuscire a trovarsi in una condizione di vita accettabile e di mantenere una buona salute, ovvero si augurano di poter raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Nel loro spostarsi però, oltre alle tematiche legate alle varie cause note, esiste un problema assai serio legato alla loro salute che, al pari della nostra, richiede la massima attenzione e cura perchè la promiscuità cui sono costretti favorisce lo scambio di patologie alimentate da microorganismi, quali virus e batteri, che hanno facile gioco a moltiplicarsi, infettando un gran numero di soggetti, specie i più deboli come i bambini. E a proposito di questi ultimi, non si devono dimenticare le numerose donne che affrontano il viaggio in stato di gravidanza e i numerosi bimbi che viaggiano con le loro madri. L'anello più debole fra i deboli.   

E' inutile lamentarsi dei casi di scabbia riscontrati di recente fra persone ammassate come bestie nelle stazioni di grandi città, o ai valichi di frontiera. E' noto che con il loro viaggiare si accompagnano numerose altre malattie parassitarie, oltre a patologie  ben più gravi, quali la tubercolosi e le affezioni sessualmente trasmesse. A questo proposito la sanità pubblica deve affrettarsi a creare dispositivi di protezione delle popolazioni appena giunte e delle loro comunità, atte a fronteggiare le condizioni di vita malsane che si vedono in questi giorni, accelerando quanto più possibile i tempi e l'ideazione di programmi che permettano una condizione di vita adeguata per ciascuno di loro e che dovranno mobilitare l'intera popolazione, i giovani per primi.

migranI mezzi e le potenzialità ci sono; possono essere create strutture ad hoc e recuperate quelle già esistenti.  Sarebbe necessario assumere insegnanti creando numerosi posti di lavoro per i nostri giovani che potrebbero aiutare ad imparare nuove attivitài coetanei volenterosi. Non è un utopia; basterebbe lavorare  sulla falsariga delle "Scuole Operaie" che don Bosco nell'ottocento utilizzava per togliere dalla strada i ragazzi disoccupati, abbandonati a se stessi  che non avrebbero avuto altra scelta, se non quella di delinquere. Lo Stato dovrebbe solo copiarne il modello, impiegando le risorse a sua disposizione. E’ moralmente doveroso attivarsi in questa direzione. Oltre a garantire una sicurezza tanto passivamente invocata, è un passaggio indispensabile per l'integrazione di cui poco si sente, al momento, parlare. Il migrante respinto, isolato e condotto a vivere in locali che possono solo garantirgli una protezione minima, fine a se stessa in un ambiente caotico e sudicio, avvertirà accentuata la sensazione di essere rifiutato, e tutto questo  non potrà mai portare a nulla di buono.

Per alcune persone, l'accesso al paese in cui viene a ripararsi può inoltre essere difficoltoso a
causa di una  sensibilità insufficiente da parte di chi lo respinge o lo accoglie mal volentieri. E' il frutto di motivazioni culturali ristrette, atteggiamenti poco benevoli, che abbiamo attualmente sotto gli occhi, originati dalla paura che non fa onore alle nazioni che scelgono simili comportamenti.  Per quanto riguarda i nostri soccorritori, eventuali comportamenti rigidi possono essere invece solo imputati allo stress a cui è sottoposto lo scarso personale attualmente impiegato all'interno dei servizi sanitari chiamato  a fronteggiare quello che, al momento appare come un afflusso inarrestabile.

A causa di una scarsa comunicazione tra i moltissimi richiedenti aiuto e gli operatori sanitari, in numero sempre insufficiente, origina un ambiente ostile, dove le particolari esigenze dei sofferenti sono trascurate. E il rancore e la rabbia non possono far altro che crescere sia nell’animo di chi accoglie e da chi viene accolto.

E’ proprio  di questi giorni la notizia, propagata da tutti i telegiornali, che l'Italia è un paese vecchio, la cui ripopolazione raggiunge livelli appena sufficienti grazie all'apporto degli extracomunitari. Ma questo contributo offerto dai migranti alle società che li accolgono sarà maggiore solo se sarà garantita loro la possibilità di restare in buona salute. I migranti sani sono molto più ricettivi a tutte le opportunità di occupazione, a tutte le attività sociali e di studio che li portano ad integrarsi con il paese ospitante.

Pertanto il primo provvedimento a cui è necessario pensare, è quello di curare il loro benessere psico-fisico, fin dal momento in cui mettono piede sul nostro territorio. Questo perché la migrazione è molto più di un semplice spostamento di una o più persone da un luogo ad un altro.

È innegabile che i sistemi sanitari dei paesi da cui provengono gli immigrati, che in questi giorni occupano le stazioni e i valichi di frontiera, non siano, nella maggior parte dei casi, a livello delle nostre raffinate strutture dotate di attrezzature di altissimo livello e di personale qualificato ed è anche per questo motivo che i rischi di malattie infettive possano essere assai più elevati per i migranti. Non bisogna nemmeno trascurare il fatto che questi possono vivere uno "shock culturale" che li porta ad essere intimoriti dalle nostre  apparecchiature e dalle terapie che vengono loro somministrate.

Per il bene di tutti, considerato l’atteggiamento ostile del resto d’Europa e che siamo in prima linea in questa lotta contro il tempo, occorre dunque mobilitare il più alto numero di persone possibile, seguendo a fondo il problema, cercando di risolverlo e non limitarsi a circoscrivere fisicamente una gran massa di persone in spazi ristretti, dimenticandoli come si fa come con la polvere nascosta  sotto il tappeto, ma si devono preparare strutture adeguare sotto la guida di esperti, destinate a fronteggiare una emergenza epocale in cui sia possibile coltivare il rapporto con quelli che saranno i cittadini del futuro dei nostri territori, fornendo loro cure e assistenza che, al momento possono costare sia in termini di fatica che di denaro, ma che saranno fruttuosi nel lungo periodo, chiedendo il rispetto per il territorio che li ospita ed i suoi abitanti, pena una reale espulsione.

Non si deve esitare ad essere meno egoisti. Solo stabilendo un contatto sinceramente solidale sarà possibile guadagnare la fiducia di soggetti che avvertiamo estranei , ottenendo la loro; una condizione necessaria per coltivare la crescita della società in uno stato pacificato. Una pace sociale tale da riuscire a garantire  una ulteriore crescita insieme ai fratelli che giungono da oltre i mari che lambiscono le nostre e le loro terre, unendole già da tempi immemorabili fra di loro.

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Articolo pubblicato il 17/06/2015