Il brigante popolare Francesco Demichelis, detto il “Biondin”, commemorato a Carisio (Vercelli), nei 110 anni della sua morte

Domenica 7 giugno, Pier Emilio Calliera ha ricordato questo personaggio, con Giovanni Ferraris, presidente della Società Storica Vercellese, Mario Donato, memoria storica di Livorno Ferraris, e il gruppo musicale “Canto Sociale”

A Carisio (Vercelli), domenica 7 giugno è stato ricordato il brigante Francesco Demichelis, detto il “Biondin”, nei 110 anni della morte.

Francesco Demichelis detto il Biondin, ladro e «camminante» (vagabondo), era nato a Villanova Monferrato il 16 marzo 1871 e fu attivo, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, tra Vercellese, Novarese e Lomellina, dove è ancora oggi noto e ricordato con grande simpatia.

Da questo fatto deriva la definizione di “brigante popolare” che gli attribuiscono gli antropologi.

La vita avventurosa del “Biondin” si concluse alla cascina Campesio, nella frazione San Damiano di Carisio, il 7 giugno 1905. Morì colpito al cuore da un colpo di pistola, in uno scontro a fuoco con i carabinieri.

La risaia dove cadde si chiama ancora oggi “Biondina”. Appartiene all’epopea del “Biondin” anche un suo complice, Luigi Fiando, detto “Moretto”.

A San Damiano di Carisio, Pier Emilio Calliera si prodiga per ricordare il “Biondin”: lo ha fatto nel giugno 2005, nel centenario della morte, ed ora ha voluto ricordare i 110 anni da quel 7 giugno del 1905. Così, la Pro Loco di San Damiano di Carisio ha organizzato una rievocazione, con questo programma.

Alle ore 17, vi è stato il ritrovo al Cimitero di Carisio (Vercelli), dove era stato sepolto il “Biondin” e dove Calliera è riuscito a localizzare il punto dell’interramento che, privo di particolari contrassegni, dapprima ben noto, col tempo era stato dimenticato.

È stata anche ricostruito un racconto locale: si diceva che il 7 di giugno, per molti anni, una signora elegante e misteriosa arrivava in carrozza per portare un mazzo di fiori su questa tomba. Vi è poi stata la benedizione della tomba.

Alle ore 17,30 si è andati in “pellegrinaggio” alla cascina Campesio, nella frazione San Damiano di Carisio, dove il “Biondin” è stato colpito al cuore dal carabiniere Raffaele Soverini e dove, nel 2005 è stata murata una lapide commemorativa, realizzata da Romano Pagliarini con la terra di Baraggia.

Alle ore 18, nel grande cortile della frazione San Damiano di Carisio, .

Giovanni Ferraris, presidente della Società Storica Vercellese, ha in breve contestualizzato, con riferimenti storici, la vicenda del “Biondin”.

Hanno poi preso la parola Mario Donato e Pier Emilio Calliera per narrare storie della tradizione popolare riferite al “Biondin”.

Tra una storia e l'altra, il gruppo musicale “Canto Sociale”, della Lomellina, ha presentato canzoni di quel periodo storico, canti delle mondine, canti satirici anticlericali del repertorio lombardo piemontese. Non sono mancate canzoni dedicate al “Biondin”, una ricavata da un foglio volante coevo alla sua morte e la seconda intitolata “Al Biundin El Muret”, scritta da Piero Carcano nel 2008.

Mario Donato, memoria storica di Livorno Ferraris, oltre alle narrazioni, ha permesso di esporre alcune suppellettili appartenute al “Biondin”, che le aveva lasciate in deposito presso il nonno: una cassa di legno per custodire i suoi vestiti ed una piccola valigetta con gli oggetti personali, come la macchinetta per tagliarsi i capelli, il rasoio per farsi la barba, un portauovo di legno, un pettine, una spazzola, due orologi femminili…

Cassa e valigetta erano esposte in una mostra che esponeva tutte le pubblicazioni dedicate al “Biondin”, cartoline, fogli volanti con canzoni, e un altro oggetto coevo, la fisarmonica del suonatore Pidrot Savoia che, la sera della morte, suonava sull’aia del Campesio e che oggi appartiene alla famiglia Calliera.

Pier Emilio Calliera ha più volte ricordato il suo desiderio di poter porre una croce o una lapide al cimitero di Carisio dove è sepolto il “Biondin”.

Questa iniziativa appare lodevole e commovente per il ricordo di questo “brigante popolare”, molto amato dalla popolazione locale, che non poté difendersi davanti alla giustizia in un regolare processo.

Ma questa iniziativa merita attenzione anche per le indubbie ricadute turistiche, già da tempo viste in altre regioni italiane, dove la popolazione è meno riluttante di quella piemontese, a divulgare e valorizzare la memoria dei “briganti popolari”. 

Foto di Roberto Chiuaramonte.

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Articolo pubblicato il 09/06/2015