PMI e Banche in ritardo su internazionalizzazione e innovazione

Due aree strategiche che si sono evolute e che sono ancora in trasformazione

L’anomalia delle piccole e medie imprese italiane (PMI), comprese quelle dell’Information Communication Tecnology (ICT), è nota da decenni: scarso livello di internazionalizzazione, fatturato export basso, dimensioni troppo ridotte, digitalizzazione a prevalenza domestica.

Se questo quadro andava bene in passato, assicurando una certa elasticità operative a queste imprese, oggi  le colloca fuori dal mercato globale; in una economia planetaria sempre più globalizzata perdiamo grandi opportunità di espansione e di conseguenza di contribuire alla crescita del PIL nazionale.

Occorre  partire dal cambiamento della filosofia gestionale, anzitutto dalla convinzione che l’internazionalizzazione è costosa, ma è ormai imprescindibile passaggio obbligato; bisogna cambiare pelle, modificare le metodologie fondamentali e puntare molto su ricerca e innovazione (R&I), senza trascurare la possibilità di crescita in termini di dimensioni e fatturato.

Fortunatamente la Commissione Europea, da tempo è venuta incontro a queste esigenze con il noto Programma HORIZON 2020 che, ricordiamo, finanza con 80 miliardi di euro direttamente e a fondo perduto la R&I per facilitare la trasformazione delle nuove conoscenze scientifiche in prodotti e servizi innovativi ed elevare così la competitività europea.

Il mondo bancario italiano presenta molta affinità alla situazione delle PMI. Anche questa è un’area che subisce da tempo un cambiamento multiforme e che necessita quindi di azioni incisive di adeguamento. Diverse sono le sorgenti di questa mutazione: forse la prima è un sentimento diffuso di sfiducia da parte della clientela sorto alcuni anni fa sui comportamenti del rapporto banca clienti che ha portato a considerare lo “sportello” come mero passaggio obbligato e non un punto di riferimento qualificato e affidabile, in grado di dare valore aggiunto al rapporto cliente banca.

La seconda sorgente è sicuramente la larga diffusione delle nuove tecnologie che hanno destabilizzato l’iter operativo in essere da decenni, aprendo nuove opportunità, con nuove regole; vengono così a cambiare le aspettative dei clienti sulla base delle esperienze digitali in ambito consumer e business.

Per affrontare questo nuovo scenario occorre un cambiamento di mentalità da parte del sistema bancario, partendo da un percorso di trasformazione digitale per dare più agilità al settore. Ma sono molti i settori da rivedere: la visione strategica generale, l’organizzazione e l’evoluzione delle competenze delle risorse umane, le tecnologie abilitanti e la revisione del sistema delle filiali e dei modelli di servizio alla clientela.

I grandi istituti si stanno finalmente muovendo, un esempio recente è l’accordo stipulato tra Deutsche Bank con il Gruppo HP Italia per la trasformazione del suo ambiente tecnologico, da data center tradizionali a data center basati su una infrastruttura e piattaforme HP-Cloud.

Per la conquista di una nuova “ agilità” ogni banca dovrà trovare la propria strategia per un rapporto con il cliente totalmente rinnovato in termini di offerta, gestione e qualità, rivedendo le varie componenti della relazione a partire dalla raccolta di tutte le informazioni utili sul cliente. Occorre andare oltre la pura logica dei numeri, mettendo al primo posto la capacità di sviluppare salde e apprezzate relazioni con i clienti, dando loro risultati tangibili ed evidenziato  valore aggiunto.

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Articolo pubblicato il 09/06/2015