La morte di Guglielmo Stefani, fondatore dell’Agenzia Stefani

Muore a Torino, l’11 giugno 1861: i Gesuiti parlano di una vendetta divina

In un precedente articolo ho parlato della morte del conte Camillo Cavour, sottolineando come fosse stata tanto repentina da sollevare il sospetto di un avvelenamento. I Gesuiti parlarono apertamente nella loro rivista di una “vendetta divina”.

Anche la morte di Guglielmo Stefani, fondatore dell’Agenzia Stefani antenata dell’ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata), avvenuta pochi giorni dopo quella di Cavour, sollevò analoghe considerazioni da parte dei Gesuiti.

Le ricordiamo a 154 anni di distanza.

 

Il giornalista e patriota Guglielmo Stefani, nato a Venezia nel 1819, si rifugia a Torino nel 1849: è un “emigrato” come sono chiamati i patrioti, esuli da tutti gli Stati preunitari, che dal 1849 al 1859 si rifugiano in Piemonte in numero di alcune decine di migliaia.

Questi “emigrati” politici sono spesso elementi qualificati, giornalisti, scrittori, storici, economisti, giuristi, scienziati e il governo, presieduto da Camillo Cavour, sostiene che il Regno Sardo li assorbe soltanto in parte, nella pubblica amministrazione e nell’insegnamento, che la cittadinanza sarda è concessa con parsimonia, che i permessi di soggiorno, temporanei o permanenti, sono controllati dalla Polizia, che è possibile l’espulsione dal Regno, che soltanto gli “emigrati” più poveri ricevono sussidi pubblici.

Non tutti sono convinti che le cose stiano davvero così.

I politici dell’opposizione della Destra parlamentare, molto ostili agli “emigrati”, insistono sui costi degli aiuti finanziari loro forniti, che impongono nuove tasse a carico dei Piemontesi, e sull’accusa di ‘dominare’ lo Stato che li ospita, anche grazie a favoritismi nei loro confronti che penalizzano i residenti.

Il giornalista Giorgio Briano (Carcare, 1812-Roma, 1874) tra il 1856 e il 1857 raccoglie le critiche alla politica di Cavour in una serie di opuscoli: due, I piemontesi e gli emigrati e Le tasse ed il popolo piemontese, contribuiscono non poco al successo degli avversari di Cavour nelle elezioni del novembre 1857!

Questo è il contesto politico di Torino dove Guglielmo Stefani, dal 1850 al 1856, è direttore del Giornale Ufficiale del Regno e dove, con l’appoggio di Cavour, il 26 gennaio 1853 fonda l’Agenzia Stefani che guida fino alla morte, avvenuta l’11 giugno 1861, cinque giorni dopo la morte di Cavour (6 giugno).

Una parte degli avversari di Cavour vede nella morte del conte una chiara manifestazione della vendetta divina che coinvolge anche Guglielmo Stefani.

Lo scrive, il 28 giugno 1861, La Civiltà Cattolica, rivista dei Gesuiti.

Il suo corrispondente torinese afferma che Stefani e morto «due giorni» dopo Cavour e così lo tratteggia: «Emigrato dalla Venezia in Piemonte e senza un soldo, si tirò di pan duro coll’agenzia telegrafica. Fu il primo a stabilire un servizio privato di telegrammi, e aiutava potentemente la rivoluzione nella scelta delle notizie e nel modo di presentar le notizie che talora anche inventava di pianta. Di questa guisa egli s’arricchì assai, perché il governo gli facea pagar poco ed egli guadagnava moltissimo. Quando fu ricco […] venne colto da una dolorosa malattia che lo inchiodò per alcuni mesi nel letto, e poi lo tradusse al sepolcro. E si egli era giovanissimo, e di forte complessione».

Polemica astiosa, attacco personale, demonizzazione dell’avversario, certamente, ricomparse di recente nella pubblicistica neoborbonica.

Del resto, attacchi personali e demonizzazione dell’avversario non sembrano assenti nemmeno dalla vita politica italiana odierna.

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Articolo pubblicato il 11/06/2015